Non andavo a vedere un concerto con mia madre da più di vent’anni, cioè dall’epoca in cui nel teatro del piccolo capoluogo di provincia in cui sono cresciuto organizzarono una rassegna di cantautori italiani “minori” (fate caso alle virgolette). Vecchioni, Concato, quelli lì. Niente che mi facesse impazzire, ma tutta roba perfetta per placare la mia sete di concerti veri.
Come ho già scritto su queste pagine, mia madre è una grandissima fan di Baglioni e non ha mai disdegnato neanche Morandi, per cui mi sembrava carino portarla con me al concerto-evento dell’anno.
Già, il concerto: la grande festa popolare di cui da più di un mese leggiamo cose magnifiche su tutti i quotidiani italiani. Un rito collettivo, canzoni che hanno attraversato e segnato la memoria di diverse generazioni del nostro paese e due artisti, pare, al massimo della forma.
Una serata coi fiocchi, o almeno questo è quello che sembrava dovesse essere.
Non è la prima volta che le carriere di Morandi e Baglioni incontrano la televisione
Il concerto di ieri, martedì sei ottobre, era in realtà il recupero di una delle due date saltate per pioggia alla fine della scorsa settimana (l’altra andrà in scena questa sera). I due show finali – per ora? – di uno dei grandi successi di botteghino dell’estate italiana appena trascorsa, quelli che sarebbero dovuti essere ripresi dalle telecamere di Rai Uno per poi venire montati insieme in una sorta di speciale in due parti. Il rinvio a causa del maltempo, però, ha completamente sconvolto i piani: il doppio special in differita è stato trasformato in una diretta tv, sempre in due puntate, per la regia di Duccio Forzano. Un evento nell’evento.
Non è la prima volta che le carriere di Morandi e Baglioni incontrano la televisione: Gianni, lo sappiamo, è da decenni uno dei volti di punta della tv di Stato. Uno che entra e esce dal ruolo del conduttore (o dell’attore) con una facilità senza eguali. Anche Baglioni, e non c’è bisogno di ricordare gli show con Fabio Fazio, è un volto molto amato dal mezzo televisivo: un suo concerto trasmesso in diretta dallo stadio Flaminio di Roma durante il tour di Oltre del 1991 stracciò ogni record d’ascolto dell’epoca. Un successo poi replicato anche nel 1998, con la trasmissione live dallo stadio Olimpico, sempre di Roma. Quello spettacolo, in particolare, segnò un precedente nella storia della musica trasmessa nella TV italiana perché pensato proprio per essere ripreso: sul palco con Baglioni c’erano ballerini, maghi e numeri circensi. Le canzoni erano ovviamente il centro di tutto: il naturale svolgimento del concerto non veniva toccato da queste esibizioni, ma anche il pubblico a casa aveva “qualcosa da guardare”.
Dobbiamo fare rosicare quelli che sono a casa, dicono
Che quella di ieri non sarebbe stata una serata normale si è capito subito quando, una ventina di minuti prima che tutto iniziasse per davvero, sul palco è stato spedito il più classico degli scalda-pubblico da studio per intrattenere la folla con battute e spiegazioni.
«Non alzatevi, non correte sotto il palco, ballate ma al vostro posto, non impallate la steady, cantate, se dovete muovervi o andare in bagno fatelo durante le pause pubblicitarie e mi raccomando fate un bell’applauso quando si rientra in onda. Dobbiamo fare rosicare quelli che sono a casa». OK, ci sta. È strano, ma ci sta.
E così, dopo il TG e il preserale, le luci finalmente si spengono e il concerto sembra iniziare.
e poi ballerini vestiti da Marò sfilano in parata
Dico sembra perché dopo un’introduzione di trenta secondi in cui le voci fuori campo di Baglioni e Morandi parlano con toni molto aulici e retorici della figura dei capitani coraggiosi mentre dei ballerini vestiti da Marò sfilano in parata, la musica finisce di colpo, la band lascia la sua postazione e per tre minuti non succede più niente. Ma niente di niente. Mia madre si chiede il motivo, io penso a un problema tecnico, cosa che sarebbe stata abbastanza epica in diretta televisiva, ma poi grazie al mio vicino di posto arriva l’illuminazione: la pubblicità.
Subito.
In pratica quella che è appena è andata in scena era una piccola anteprima di quelle che si fanno per catturare la pubblicità e far salire gli ascolti: «Aspettando capitani coraggiosi». Aspettando. Davvero.
Ci risiamo, finalmente si ricomincia: parte Capitani coraggiosi, la canzone, unica inedita e piuttosto dimenticabile. Gianni e Claudio sembrano però in ottima forma: il primo è vestito al solito con giacca nera e camicia bianca senza cravatta, informale, antidivo, Re di Facebook, il secondo è invece algido, elegantissimo e bellissimo come ai tempi in cui faceva struggere la mia mamma, tutte le ragazze della sua età e pure quelle più giovani.
Arriva Io sono qui ed è tripudio, e poi subito Scende la pioggia. Gli arrangiamenti, così come la scenografia, le luci e probabilmente la scelta del catering, sono opera di Claudio Baglioni; e subito si capisce quali saranno le due anime musicali dello show. I brani di Morandi vengono riproposti in versione quasi soul, Motown, mentre Claudione per sé ha usato gli anabolizzanti. L’orchestra rock di ventuno elementi irrobustisce tutto, anche se non sempre con risultati memorabili.
E così E tu come stai viene suonata in una versione sovraccarica e che sembra la sigla di un varietà, ehm, televisivo, ed è un peccato. Il Baglioni migliore, quello degli anni belli, sapeva raccontare la vita con struggimento e disperazione: il vestito nuovo dato a queste vecchie canzoni purtroppo ricopre tutto di una patina posticcia, lontana dalla realtà. Antistorica.
Ma chi se ne frega: mia madre canta un casino, cantano tutti, canto anche io e il mio vicino di posto giornalista di Rockit. Genitori e indie rocker uniti in un grande festa. La grande festa popolare, eccoci, il caldo abbraccio della memoria, tuttecose.
Baglioni e Morandi interagiscono a meraviglia, parlano un sacco, concedono più di qualche momento amarcord che pare pensato proprio per il pubblico da casa, ma finché sul palco non salgono i primi due ospiti della serata – Neri Marcorè e Geppi Cucciari – tutto pare girare a meraviglia. E invece qui le cose cambiano drasticamente: sul maxischermo posto di fronte al palco, e fino a quel momento usato per trasmettere le immagini della diretta tv, compaiono i testi. I testi delle cose che Geppi Cucciari e Neri Marcorè diranno.
Vaginodromo
I dialoghi. La tivvì che arriva a picchiarci sulle spalle e fare toc toc. E così sullo schermo appare la parola “Vaginodromo”, parola che Geppi pronuncerà esattamente cinque secondi dopo, la classica espressione che pare essere stata partorita dalla penna di un autore compiaciuto. Il segnale inequivocabile che il concerto è finito ed è iniziato il varietà.
Dopo una gag lunga e non del tutto riuscita, ma che sta lì solo a farci capire che purtroppo questa sera Mille giorni di te e di me non la suoneranno, arriva la pubblicità; e nel mentre, il quartetto resta sul palco ed esegue una versione ridanciana di un pezzo yè-yè del Morandi degli anni Sessanta (Se vuoi uscire una domenica sola con me…) rimasta fuori dalla diretta per questioni di tempo.
Il concerto riprende, ma non è più come prima: il ritmo è completamente piegato alle esigenze televisive, la scaletta probabilmente funzionerà per il pubblico sul divano, ma qui è uno strazio.
Viene a mancare il crescendo emotivo tipico dei concerti dal vivo, le emozioni vengono interrotte sempre sul più bello. Certo, si continua a cantare: Questo piccolo grande amore, Canzoni stonate, Sabato pomeriggio (interpretata dal solo Morandi), ma la magia è completamente sparita.
Durante ogni pausa pubblicitaria (i blocchi alla fine saranno quattro), torna sul palco lo scalda-pubblico, spara un paio di cazzate e poi ci ricorda di lasciare spazio alle telecamere, sorridere e salutare quando veniamo inquadrati, non lasciare il posto e non ostruire i passaggi ai ballerini.
In pratica il Centrale del Foro Italico smette di essere il Centrale del Foro Italico e diventa Domenica In, tant’è che il pubblico prende pure a ondeggiare muovendo le mani a destra e sinistra come succede sempre quando qualcuno fa della musica in uno studio televisivo e come non succede mai ai concerti veri.
Il maxischermo continua a spoilerare
Arrivano anche gli altri ospiti della serata: Fedez e J Ax. Il maxischermo a uso gobbo continua a fare il suo lavoro spoilerando tutte le battute, ma anche la scaletta dei pezzi.
Purtroppo da dove siamo noi è impossibile non guardarlo, e quindi ci roviniamo ogni sorpresa.
Anche il testo del rap dei due è scritto sullo schermo, cosa che ci aiuta a capire come stiano facendo una fatica mostruosa ad andare a tempo, ma vabbe’. La gente si gasa, e per certi versi la loro apparizione è una botta di vita. Eseguono Dov’è dov’è, con Baglioni che rappa l’intro di Oreste Lionello. Avevo un buon ricordo di quella canzone, uno dei più bizzarri esempi di brani che raccontano il mestiere del cantautore e la difficoltà di gestire un’immagine pubblica. Ne avevo un bel ricordo, dicevo, ora non ce l’ho più. Il danno maggiore deriva forse dai pistolotti retorici messi a contorno, figli malriusciti del successo di trasmissioni come Vieni via con me e dell’idea che l’intrattenimento di qualità debba passare per una forma di edificazione morale del pubblico.
Lo spettacolo arriva alla sua naturale conclusione con Strada facendo e C’era un ragazzo…
Il pubblico è in delirio, i Marò tornano in scena e i due danno appuntamento al giorno dopo dicendo che hanno altre trenta canzoni da suonare.
Finita la diretta, qualcuno spera ci sia spazio per un bis solo per la gente presente sotto il palco.
E invece niente, ciao ciao.
È finito.
Uscendo mia madre mi dice che si è emozionata un casino, ma anche che «abbiamo scelto la serata sbagliata», un tizio in fila con noi si lamenta: «È un concerto finto».
Capitani coraggiosi è purtroppo l’ennesima conferma dell’incapacità della nostra tv di raccontare gli eventi senza fagocitarli e assoggettarli al linguaggio televisivo.
Quello che il pubblico chiedeva era una testimonianza, e invece si è ritrovato un prodotto riconfezionato fino a perdere completamente l’identità.
Magari l’auditel lo premierà, ma siamo certi che non sarebbe stato lo stesso per un normale show di canzoni? Quel che è sicuro è che c’è gente che ha pagato, e neanche a buon mercato, un biglietto per poi ritrovarsi ad assistere a una cosa diversa da quella per cui aveva speso dei soldi.
Sembra un danno collaterale, il male minore, ma non lo è.
Non lo è per niente.