Alla fine di febbraio vi raccontavamo del disastro dei conti di Gibson, della fine del rock & roll e dei giovani che non comprano più le chitarre elettriche. Anche noi ci sentivamo un po’ allarmisti, e davvero nessuno pensava che la crisi potesse arrivare a questo punto, ma non è così: Gibson ha dichiarato bancarotta.
L’azienda non può più sostenersi economicamente, e ha sulle spalle una montagna di debiti e obbligazioni alta più di 375 milioni di dollari, più prestiti con istituti di credito per ulteriori 150 milioni, che secondo la ricostruzione di CNN e Bloomberg potrebbero addirittura diventare 500.
Una situazione drammatica, peggiorata dall’abbandono in corso d’opera del direttore finanziario Bill Lawrence e dalle dichiarazioni del CEO Henry Juskiewticz: «Monetizzeremo gli assett che non hanno raggiunto risultati soddisfacenti, così da ridurre il debito e generare fondi per i segmenti di business che funzionano».
Il business elettronico di Gibson è sprofondato in un circolo vizioso senza la liquidità necessaria per sostenere le vendite
Ora l’azienda ha scelto di dichiarare fallimento. O meglio, di fare ricorso al capitolo 11 del Codice fallimentare degli states per ripagare i suoi debiti: la società passerà di mano, comprese le quote di Juskiewitcz, che dal 1986 possiede il 39% delle azioni. Ma piano con gli allarmismi: Gibson non smetterà di costruire chitarre elettriche, ma riorganizzerà tutta la sua struttura abbandonando tutti i segmenti di mercato collaterali, dalle cuffie agli accessori.
Secondo i documenti consegnati in tribunale, «il business elettronico di Gibson è sprofondato in un circolo vizioso senza la liquidità necessaria per sostenere le vendite». I problemi dell’azienda fondata a Nashville nel 1902 sono iniziati con il rilevamento della divisione audio di Philips, acquistata nel 2014 per 135 milioni, e sono diventati drammatici con il passare degli anni. Per non parlare dell’influenza del successo crescente degli store online e del crollo di interesse attorno alla chitarra elettrica, come dimostrano il mancato debutto in borsa di Fender e la crisi di Guitar Center, il più grande negozio di strumenti musicali degli Stati Uniti, che rischia di chiudere soffocato da $1.6 miliardi di debiti.
«Il marchio Gibson è sinonimo di qualità, e quello che sta succedendo in questi giorni permetterà alle future generazioni di godere del suono, del design e dell’amore che tutti i dipendenti mettono nei nostri strumenti», ha detto Juszkiewicz. Sempre che a qualcuno interessi ancora suonarla, la chitarra.