È la condanna di David Gilmour: quasi tutti gli intervistatori, e da quando ha annunciato Luck and Strange ne ha incontrato più d’uno, gli chiedono della possibilità evidentemente remota che un giorno si riconcili con Roger Waters e torni a suonare con lui, magari come Pink Floyd.
Gliel’hanno chiesto anche in un’intervista pubblicata ieri dal Guardian e assemblata mettendo assieme domande inviate da fan e lettori: pensi che tornerai più a suonare su palco con Roger?
«Assolutamente no», ha risposto Gilmour, che l’ha messa sul politico più che sul personale. «Tendo a stare alla larga da chi appoggia attivamente dittatori genocidi e autocrati come Putin e Maduro. Nulla potrebbe convincermi a condividere il palco con uno che pensa che quel trattamento riservato a donne e comunità LGBT sia ok. Mi sarebbe piaciuto invece tornare a suonare con Rick Wright (il tastierista dei Pink Floyd scomparso nel 2008, ndr), una delle persone più gentili e musicalmente dotate che ho incontrato in vita mia».
Quando un lettore gli chiede qual è il suo testo preferito fra quelli scritti da Waters, lui risponde a sorpresa che è Walk With Me Sydney, un pezzo del 1965 che non finì sul primo album del 1967. Non la conosco, dice il giornalista che gli pone le domande dei lettori. «Non mi sorprende», replica Gilmour ridendo, «non penso sia stata nemmeno registrata ufficialmente» (è presente nell’antologia di rarità The Early Years 1965-1967 Cambridge St/ation).
A proposito della possibilità che i Pink Floyd continuassero dopo The Division Bell, Gilmour dice che effettivamente c’era. «Non c’era alcun motivo per fermarsi a quel punto, ma l’attività è rallentata per un po’. Sono successe altre cose, come accade nella vita, e non siamo riusciti a fare un altro album o tour».
Sull’industria musicale odierna: «I ricchi e potenti si accaparrano la maggior parte del denaro. Sono stato fortunato a suonare negli anni d’oro, quando la quota di guadagni che finiva nelle tasche dei musicisti era decisamente maggiore e quindi sono favorevole a tutto ciò che si può fare per andare in questa direzione. L’unico modo per cui un musicista oggi può campare è fare concerti. Non guadagnano più con le registrazioni ed è una tragedia perché scoraggia a creare musica nuova». Da una parte c’è il pericolo dell’automazione e dell’intelligenza artificiale, dall’altra una élite sempre più piccola che prende tutte le risorse. «L’atteggiamento imperante è: fregatene degli altri».
Tra le altre cose che emergono dalle risposte, ultimamente Gilmour ha cercato di convincere «gentilmente» Kate Bush a tornare sulle scene («I suoi concerti del 2014 all’Hammersmith Apollo sono tra i migliori che abbia visto»), il segreto per suonare la chitarra («Dimenticati la tecnica, suona le note e le melodie che senti dentro di te») e la volta in cui, «quando ancora si poteva andare a Mosca senza vergognarsene», gli è stato offerto di andare nello spazio. «Avevo visto i loro razzi e le loro capsule nel museo di Mosca e per poco non mi sono cagato addosso. “No, grazie”, ho risposto. Erano traballanti e tenuti insieme con dadi e bulloni».
La sua ambizione oggi: «Andare avanti. Non appena sarà finito il tour tornerò in studio per creare nuova musica. Non c’è ambizione più grande».