Gli Elio e Le Storie Tese e il Festival di Sanremo, due realtà che potrebbero sembrare opposte eppure in 20 anni gli Elii sono alla loro terza partecipazione alla gara più nazional-popolare della canzone italiana. Quest’anno portano sul palco dell’Ariston Vincere l’odio (un tempo, Massimo Ranieri cantava Perdere l’amore…) e poi nella serata delle cover hanno cantato Il Quinto Ripensamento, cover di A Fifth Of Beethoven di Walter Murphy, nella colonna sonora de La febbre del sabato sera, con parole inventate da loro. Abbiamo incontrato Elio e Faso, di corsa tra un’intervista e l’altra per le vie della cittadina ligure. Oggi esce anche il loro album Figgatta De Blanc, che contiene nell’edizione deluxe anche LELO SIRI 2, un massaggiatore che vibra in risposta a qualsiasi suono, “perché noi ci preoccupiamo del piacere del nostro ascoltatore e delle nostre ascoltatrici: dopo anni che ci accusavano di essere maschilisti dopo che avevamo scritto Cara ti amo questa è la nostra risposta”, raccontano loro.
Sembra che, alla fine, vi divertiate molto al Festival.
È sempre stato una festa, come il nome stesso ci ricorda… Una bella settimana dove sembra di stare in campeggio.
La cosa più assurda che vi è capitata quest’anno.
L’organizzazione del red carpet. Sembra un chiaro tentativo di far male a qualcuno, anche perché alla fine sparano in aria dei pezzetti di carta stagnola che fanno chiaramente scivolare e quando ti vedono che sei in difficoltà ne sparano ancora di più! Anche la caduta di Morgan con lo skate dell’altro giorno lo ha dimostrato.
Comunque voi siete saliti sul palco dell’Ariston e avete dato delle lezioni di musica in entrambe le serate.
No, no non dire assolutamente così, non è vero. Se ci ponessimo in quel modo lì saremmo già morti da tempo, mentre per noi è un gioco. Ci chiediamo spesso: ma perché dovremmo obbligarci per forza a suonare in un modo “sanremese” quando quel modo non esiste e non è stato scritto da nessuna parte? Perché dovremmo, per forza, iniziare un pezzo in maniera lenta e poi fare per forza il ritornello? Perché?
Be’ magari l’anno prossimo potreste cantare un pezzo sanremese per stupire?
Ci abbiamo anche pensato ma poi ci sembrava che il pubblico avrebbe interpretato: ecco si sono uniformati anche loro. Magari l’anno prossimo partiamo bassi-bassi e poi sboccia la canzone. Invece facciamo esattamente il contrario.
C’è qualcuno che vi piace in gara?
Sì, tanti che non seguono per forza lo schema. Ci piacciono i Bluvertigo, Enrico Ruggeri, gli Stadio…
Perché questa fissazione con San Paolo in Vincere l’odio?
A noi piace arrivare per primi e abbiamo visto che non c’erano ancora canzoni che parlassero di San Paolo. E poi volevamo restituire valore alla sua figura: se parli di San Paolo oggi pensi subito alla banca o allo stadio, povero San Paolo! Dove è finito lui? Guarda che aveva una vita interessantissima: prima perseguitava i cristiani e poi, dopo che Dio gli è apparso, è cambiato completamente. Noi non vogliamo che gli capiti quello che è successo a San Carlo, insomma: che diventi una patatina!
Siete contenti di come è stato accolto il pezzo?
Massì, a vedere le reazioni in teatro e quel che dice la gente per strada, siamo molto contenti. Alla fine noi facciamo sempre degli esperimenti, quindi anche se piacciono a pochi dovremmo esserne felici. Che poi non è quasi mai così, a un po’ di persone piacciono dai.