Rolling Stone Italia

Gli Internet sono tutto ciò che non è Internet (per fortuna)

Ieri sera al Biko di Milano c'è stata la prima esibizione italiana della band soul californiana capitanata da Syd Tha Kyd e Matt Martians
Foto: Marco Zanolin

Foto: Marco Zanolin

Di tutta l’onda nostalgica di fine Novanta/primi Duemila che ha investito il pop degli ultimi cinque anni, ci mancava ancora quel funk sporco di soul e r&b che ha portato tanta fortuna a gruppi come Jamiroquai, Brand New Heavies e più tardi N.E.R.D. Tutta gente che bene o male è sparita oppure frequenta ormai altre parrocchie.

A questo vuoto hanno sopperito i The Internet, che in un Biko sold out riconvertito in bagno turco ieri sera hanno fatto il loro esordio in Italia. Loro, californiani, giovani (il più vecchio sarà sui 28), afroamericani e dai vestiti eccentrici ma che metteresti anche tu, erano troppo appetitosi per passare inosservati in una città così attenta a queste cose come Milano.

Foto: Marco Zanolin

E poi c’è lei, Sydney “Syd Tha Kyd” Bennett, che da sola avrebbe potuto intraprendere la carriera da cantante solista parallela a quella attuale di fonico e producer della Odd Future—avrà prodotto e mixato metà dei dischi di Tyler, The Creator. Cresta ossigenata, faccia sofferta e voce da crooner r&b perfettamente a proprio agio anche sui rappati, sarebbe potuta diventare una nuova Aalyah, con forse un pizzico di tormento in più per via del look da maschiaccio. Ma nell’era di Internet e di quella micro popolarità da Social Network che ha completamente sputtanato le relazioni sociali, Syd ha scelto di condividere palchi e attenzione con altra gente come lei (smantellare l’ego è un concetto che ritorna di frequente nei The Internet, come nell’ultimo Ego Death).

Tralasciando una piccola timidezza iniziale che le fa cantare la sensuale Get Away con un filo di voce tremolante, Syd fa calare immediatamente sulla serata un mood informale. Un clima da birrette fra amici mentre al centro della stanza qualcuno sfiora un Rhodes, pizzica un basso, picchietta sulla batteria come se fosse da solo e quindi con estrema naturalezza.

Foto: Marco Zanolin

Il concerto prosegue per un’oretta liscio come l’olio, saltellando da un album all’altro senza ordine logico, com’è giusto che sia. La gente alza le mani e viene coinvolta di continuo quando Syd o il suo socio Matt alle tastiere improvvisano gag. Tra gli elementi della band si percepisce un’intesa assurda, effetto che poi si ripercuote positivamente sul pubblico, sia con ballad lente come Special Affair che con l’artiglieria da club tipo Just Sayin/I Tried (sul ritornello Syd duetta col pubblico che la segue ripetendo “YOU FUCKED UP” come un mantra).

I culi sculettano, si suda un botto ma ci si diverte. Sembra che l’Internet non sia mai esistito.

Iscriviti