Songs of Experience, l’ultimo album degli U2, è arrivato con quasi tre anni di ritardo. La Brexit, l’elezione di Trump e l’incidente che è quasi costato la vita a Bono – insieme alle celebrazioni per i trent’anni di The Joshua Tree – hanno praticamente “costretto” la band a riscrivere i testi e ripensare tutto il concept di un disco che era di fatto già pronto. «Senza fare scenate da soap opera», ha spiegato Bono, «diciamo che non c’è niente di meglio di un terremoto per farti tornare a guardare la strada dove cammini, i luoghi dove stai andando e le persone che ti accompagnano».
«Quando ho iniziato non sapevo dove le canzoni mi avrebbero portato», ha continuato il frontman. «Volevo solo iniziare e farmi delle domande difficili. E sono convinto che alla fine, quando conquisti la saggezza, conquisti anche l’occasione di recuperare la tua innocenza». Il cantante e il chitarrista The Edge hanno rilasciato una lunga intervista per Stereogum, e qui sotto trovate i passaggi più interessanti.
La leggerezza
«Cerchiamo quelle atmosfere più leggere da sempre», ha detto The Edge. «Vanno bilanciate con momenti più legati alla realtà della vita, altrimenti sarebbe tutto insipido. Quando abbiamo finito di registrare provavamo una sensazione preoccupante. Quello che stava succedendo nel mondo ci inquietava, e non puoi ignorare la realtà. Nonostante tutto, però, ci siamo sentiti obbligati a guardare avanti. Ci sono momenti dark nell’album, certo, ma non ci sembrava utile soffermarci troppo su quegli aspetti. Alla fine è quello che stanno facendo tutti gli altri». «La leggerezza di un brano come Love Is All We Have Left è fondamentale», ha aggiunto Bono. «Diciamoci la verità, il resto del disco è molto pesante. Per me quel brano è una specie di Sinatra fantascientifico».
Essere Attuali
Bono mette in discussione la sua vita “parallela” da attivista, soprattutto in questi tempi politicamente molto esasperati. «Quando stringo la mano a qualche politico mi capita di pensare a cosa direbbe la versione giovane di me stesso», ha detto. «Qualche volta mi capita di desiderare quella visione che avevo da giovane, un mondo tutto in bianco e nero. Tutto era dualistico, noi contro di loro». Per The Edge, invece, essere attuali significa anche stare al passo con i tempi dal punto di vista musicale. «Queste canzoni sono in gestazione da un sacco di tempo, ma le abbiamo cambiate fino all’ultimo secondo. Certo, ci è voluto molto tempo ma è un disco aggiornato, al passo con i tempi. Parla molto di quello che accade di questi tempi, sia politicamente che musicalmente. È l’unico modo che conosciamo per scrivere un disco».
Collaborazioni e influenze
In tutta l’intervista gli U2 sottolineano come cerchino di essere aggiornati con tutte le tendenze musicali del momento. «Ascoltiamo gli M83, Kaytranada, Chance the Rapper, Lorde», ha spiegato Bono. «Apprezzo molto l’audacia degli Arcade Fire, Everything Now è il singolo dell’anno». Essere una band così famosa, però, ha anche un vantaggio: puoi incontrare di persona gli artisti che ti piacciono e magari anche suonarci insieme. «Noel Gallagher ha detto che c’è più innocenza in questo album che nel precedente», ha detto The Edge. «Secondo lui suona come un disco “scritto da una manciata di 20enni”». Ovviamente non poteva mancare un passaggio dedicato alla collaborazione con Kendrick Lamar. The Edge ha detto che tutto è nato perché lui e il resto della band sono grandi fan del rapper di Compton: «Era il primo nome della nostra lista». Bono gli ha chiesto di scrivere a proposito di cos’è oggi l’America. «Mi ha risposto che avrebbe scritto di cosa non è», ha detto il frontman. «È molto intelligente».