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Henry Rollins: «Con i Black Flag non andavamo in tour, ma in guerra!»

Cantante, attore, doppiatore, scrittore e molto altro. A 53 anni, l’icona dell’hardcore punk racconta la sua intensa vita e la storia della band, finita in tribunale
Henry Rollins, foto profilo Facebook ufficiale

Henry Rollins, foto profilo Facebook ufficiale

La vita di Henry Rollins è una galleria d’arte in continua evoluzione. Musicista, attore, doppiatore, scrittore, giornalista, poeta, attivista, conduttore televisivo e dj radiofonico: a conferire alla sua biografia un’aura leggendaria non è soltanto il ruolo di cantante dei Black Flag, una delle più importanti band hardcore punk di sempre, ma anche le apparizioni in film come Johnny Mnemonic, Heat al fianco di Al Pacino e Robert De Niro o Lost Highway diretto da David Lynch. I libri che portano la sua firma sono più di dieci, la sua voce è quella di decine di spot pubblicitari e personaggi dei cartoni animati, le sue selezioni musicali sono seguite e ammirate da migliaia di cittadini americani e ora porta in giro per il mondo uno spettacolo dal titolo Spoken Word, in cui semplicemente racconta aneddoti pescati qua e là dalla sua intensa storia personale. E a chi gli chiede come sia possibile conciliare tutto questo, lui risponde che è sempre stato così: «In realtà non conosco nessun altro modo di vivere».

Tra tutte le attività che porti avanti, ce n’è una che preferisci rispetto alle altre?
Probabilmente la più divertente è la radio: devo solo scegliere ottima musica e non ho tutte le scadenze, servizi fotografici, scelte di location, preparazione e date prestabilite che fanno parte di tutto il resto della mia vita. Quel che faccio porta con sé un livello molto alto di stress: ne vale sempre la pena, ma ha un suo prezzo.

Recentemente hai dichiarato che non suoneresti mai vecchia musica, che per te sarebbe come «combattere battaglie già finite ed autoproclamarsi guerriero». Cosa pensi dei gruppi che si riuniscono dopo qualche decennio e continuano a proporre gli stessi pezzi di allora?
Penso che le persone siano libere di fare quel che vogliono. Se alcune band vogliono andare in tour con del vecchio materiale lo facessero pure, ma non fa per me. Io penso che la vita sia troppo corta e non vedo nessun rischio, nessuna adrenalina nel salire sul palco con canzoni di 20 anni fa, sapendo già che il pubblico reagirà bene. Ci sono gruppi che fanno nuova musica, ad esempio i Dinosaur Jr., poi inseriscono vecchie canzoni all’interno della scaletta. Ecco questo per me può andare, perché quantomeno stanno proponendo qualcosa di nuovo. Non condivido l’idea di portare solo il vecchio repertorio, lo trovo triste. Personalmente faccio le cose con tutte le energie, e una volta che ho finito, ho finito. Non sento il bisogno di tornare indietro a meno che non si tratti di circostanze davvero straordinarie.

Lo “Spoken World Tour” è una delle cose la cosa più difficile che io abbia mai fatto

Rimanendo sul tema delle reunion, l’anno scorso i vari ex componenti dei Black Flag si sono separati in due diverse band, che per altro si trovavano in tour contemporaneamente con il medesimo repertorio: da un lato i Black Flag (guidati da Greg Ginn, Gregory Moore, Dave Klein e Ron Reyes) e dall’altro i FLAG (Keith Morris, Chuck Dukowski, Dez Cadena, Bill Stevenson, e Stephen Egerton). Tu non hai partecipato, ma che opinione ti sei fatto?
Le canzoni dei Black Flag erano inni di battaglia. La band non andava in tour, andava in guerra. Non suonavamo, lottavamo. Suonare quelle stesse canzoni oggi, in tempi di pace e per ottenere un profitto economico, beh, diciamo solo che io non lo farei mai. Presi quelle stesse canzoni nel 2003 e le portai in un tour per raccogliere fondi per liberare “I Tre di West Memphis”. I brani vennero raccolti in un album, Rise Above, e certamente aiutarono. Quella secondo me era una buona missione, mentre quello che hanno fatto i ragazzi l’anno scorso, quello no, non mi interessa affatto.

Tu non hai partecipato a nessuna delle due reunion, eppure Greg Ginn ti ha citato in giudizio insieme agli altri per utilizzo improprio di canzoni di cui sostiene di possedere i diritti. Puoi spiegarci cos’è successo esattamente?
Certo che posso spiegare: Greg Ginn ha portato in tribunale me e gli altri. Greg Ginn ha perso la causa, pagando un prezzo altissimo.

Parlando invece del tuo Spoken World Tour, non è una sfida enorme essere completamente soli sul palco, con solo un microfono e niente appunti, e mantenere l’attenzione del pubblico sempre su di sé per un paio d’ore?
Sì, assolutamente. È la cosa più difficile che io abbia mai fatto. Per riuscire devi essere molto sicuro del materiale che hai intenzione di portare. Ogni volta che guardo il programma, penso che non sarò mai in grado di terminare gli spettacoli, poi quando ho finito non posso credere di avercela fatta. Non dò mai per scontato nulla di quello che faccio, così ogni sera devo salire là sopra e dare il massimo di me stesso.

Ascolto ancora punk rock. Ultimamente ho ascoltato un sacco Ty Segall, Thee Oh Sees, J Mascis e …

È vero che rispondi ad ogni singola mail che ricevi dai fan? Quante ne ricevi ogni mese?
Ci provo ma spesso non ce la faccio. Sono una persona sola e sono molto impegnato. Ne ricevo tra le 300 e le 500 ogni mese. Vorrei che fossero un po’ meno così non dovrei deludere nessuno.

Sei apparso in un episodio di Californication, nella seconda stagione di Sons of Anarchy, hai doppiato Trucker in American Dad. Qual è la tua serie TV preferita?
Per il momento la mia esperienza televisiva preferita è lo show che ho condotto per History Channel che si chiama 10 Things You Don’t Know About. Si tratta di un programma basato sulla storia, va in onda sei giorni a settimana ma è veramente interessante. In TV lavoro un sacco, soprattutto come doppiatore per cartoni, documentari e spot pubblicitari.

In Sons of Anarchy hai recitato la parte di AJ Weston, un neo-nazista che crede nella superiorità della razza ariana. Non avevi paura che la gente potesse vederla come una contraddizione rispetto alle tue battaglie per i diritti umani?
No! Si tratta solo di recitazione!

A cosa stai lavorando al momento? Tornerai ad occuparti di musica?
Sto finendo una stagione televisiva, lavorando ad un film per il quale ho scritto i dialoghi, completando un nuovo libro, preparando materiale per nuovi programmi televisivi che andranno in onda in America, e sto progettando un po’ di viaggi per la fine dell’anno. Nessun progetto musicale.

Ascolti ancora musica punk rock? Quali sono le tue band preferite tra quelle attuali?
Ascolto ancora punk rock, assolutamente. Ultimamente ho ascoltato un sacco Kikagaku Moyo, Lorelle Meets the Obsolete, Ty Segall, White Fence, Total Control, Eastlink, Jack Name, Thee Oh Sees, J Mascis, The Intelligence, Pontiak.

Tornerai in Italia a breve?
Forse nel 2016. Mi sono divertito tantissimo lì nel 2012.

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