Fondare nel 2007 un’etichetta di musica d’avanguardia – tra neo-classicismo, ambient music ed elettronica – poteva sembrare un’idea un po’ azzardata, ma oggi Erased Tapes si appresta a compiere dieci anni in splendida forma, con una squadra di musicisti diventati icone nel loro genere: Nils Frahm, Olafur Arnalds, Peter Broderick, Douglas Dare, A Winged Victory for the Sullen… Per l’occasione abbiamo incontrato Robert Raths, il suo fondatore.
Sembra piaggeria, ma Erased Tapes è una delle mie etichette preferite, eppure non saprei definirla musicalmente…
In metà delle interviste mi chiedono di trovare delle definizioni. Cosa facciamo? Musica neo-classica? Post-classica? Classica contemporanea? Non lo so, e non mi sembra così utile saperlo. E dire che la musica classica non è neanche tra le mie fonti di ispirazione, ma al limite molto di più l’architettura, che poi è quello che ho studiato.
Al di là delle definizioni, sei riuscito a costruire qualcosa con una sua identità molto forte e molto omogenea, forse persino troppo.
L’omogeneità è il modo in cui mi capita di scoprire le cose. La prossimità, che può essere virtuale o fisica. C’è chi considera internet un mezzo freddo, per me è un mezzo caldo, riesce a creare un senso di comunità, ti fa scoprire qualcuno attraverso qualcun altro, all’inizio usavo Myspace in questa maniera. E il bello della musica è che ti consente di farlo, perché è immateriale, e non ha barriere linguistiche. Ma in realtà anche le barriere linguistiche sono relative, per esempio mi capita di leggere le vostre recensioni grazie a Google Translate!
Ah, grazie… E che rapporto hai con la scena musicale italiana?
Per una serie di circostanze sono circondato da italiani, e quando ci è capitato di essere ospiti a un festival molto fico in Italia, a Schio, ho scoperto Gigi, e poi un sacco di cose attraverso lui.
Scusa, chi è Gigi?
Gigi! Non conosci Gigi? Com’è che si chiama… aspetta: Gigi Masin! Oppure Dardust, o Francesco Donadello dei Giardini di Mirò, che ha aperto questo studio di registrazione a Berlino con cui collaboriamo.
Ne approfitto per farti una domanda antipatica: hai citato solo uomini, e in Erased Tapes di base ci sono solo uomini. È una coincidenza?
Cavolo, lo so! Hai ragione, è terribile! Ma ci ho provato a mettere sotto contratto cinque donne. Oddio, sto peggiorando le cose… così suona malissimo, una sparata da boss maschio col potere contrattuale. Comunque non è andata… e non perché fossero donne. Niente, qualsiasi cosa dico, suona male.
Dai, ora non esagerare…
Okay, senti, spero che a breve uscirà un lavoro di Anne Müller, anche se è sempre impegnatissima in tour con Agnes Obel, o Nils Frahm, e dice che non ha tempo per progetti suoi. Per me lei è una violoncellista eccezionale, non è una questione di tecnica, ma di tocco, di rapporto con lo strumento. E in generale penso che le donne siano molto più libere da questo punto di vista, anche nel modo di sperimentare. Poi mi piace tantissimo Kaitlyn Aurelia Smith, sarei felice di lavorare con lei in futuro.
Pensi che gli hipster contribuiscano al successo delle etichette indipendenti? Ad esempio anche questo ritorno al vinile…
Ahah! Guarda qualche tempo fa hanno definito Erased Tapes un’etichetta hipster. Non ho idea di che significhi. Cioè siamo noi hipster? O ci ascoltano gli hipster? Ad ogni modo, se gli hipster comprano i nostri dischi, tanto meglio. Ma la cosa paradossale è che gli stessi che ci fanno i complimenti perché stampiamo in vinile, sono tizi super-ecologisti, in fissa con l’ambiente, e vorrei dirgli: andate a vistarla una pressing plant che uno dei posti più inquinanti del mondo… L’altro problema rispetto all’hype del vinile, è che le major hanno cavalcato questa moda, e fanno riuscire in vinile cose che nessuno in realtà è interessato a comprare, così intasano le pressing plant, costringendo le etichette indipendenti a stare in fila per mesi. Qualche tempo fa ho visto in un negozio una ristampa in vinile di Britney Spears… Figurati, non ho niente in contrario, ma siamo sicuri che ci siano orde di fan che non aspettavano altro?
Erased Tapes ha sede a Londra, con filiali a Berlino e Los Angeles. Pensi che i posti dove si produce musica alla fine siano rimasti sempre gli stessi?
Oggi non ha più senso ragionare in questi termini. Si riallaccia a quello che ti dicevo prima, grazie a Internet ti basta un computer e una connessione per gestire un’etichetta. E i primi anni, quando ero da solo, non avevo altro. Non penso che se vuoi fare elettronica devi stare a Berlino, e se vuoi fare indie-rock a Londra. Magari sono cliché che hanno un loro valore turistico, ma siamo fortunati a poter viaggiare e andare dove vogliamo, e quando qualcuno che ha questo privilegio – perché non è per niente scontato – si lamenta che è depresso nel posto dove vive, io penso: ‘allora vai da un’altra parte. Non sei costretto a viaggiare, ma puoi’.
Che hai un programma per il decennale di Erased Tapes?
Stiamo lavorando a un album collettivo, con i vari musicisti dell’etichetta. Abbiamo iniziato una prima fase di registrazione a Berlino, al Vox-Ton, lo studio di Francesco. Per me era importante ritrovarsi nello stesso luogo fisico in questo caso, stare dentro la stessa atmosfera, collaborare, usare gli stessi strumenti, insomma creare un album insieme nel vero senso della parola.