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La classifica dei 100 chitarristi migliori di sempre (100-80)

Insieme a una giuria d'eccezione abbiamo messo giù la classifica delle cento chitarre che hanno segnato per sempre la storia del rock. Ecco i primi venti nomi

Abbiamo messo insieme i migliori chitarristi ed esperti del settore per stilare la classifica delle glorie delle sei corde, e per spiegarci cosa separa le leggende da tutti gli altri. Commenti di: Keith Richards su Chuck Berry, Carlos Santana su Jerry Garcia, Tom Petty su George Harrison e molti altri.

100. Lindsey Buckingham
Nell’era d’oro dei Fleetwod Mac, Lindsey Buckingham ha trasformato la musica folk in rock da stadio, facendo riferimento alla sua infanzia passata a suonare il banjo, con riff brillantemente armonizzati, accordi spezzati, chiari e breakdown energicamente arpeggiati. Secondo il chitarrista «Questa non è una tecnica che i puristi accetterebbero, ma puoi fare quello che vuoi per creare il suono che hai in mente».

99. Thurston Moore
Negli anni ‘80, il leader dei Sonic Youth era considerato un radicale dell’indie rock, per le sue chitarre dai ronzii meccanici, creati dall’interferenza di cacciaviti o bacchette sotto le corde, combinati con esplosioni di feedback vorticosi di tradizione punk. Thurston Moore ha influenzato l’intero universo noise, dal grunge allo shoegaze.
Neil Young ha dichiarato che se i Sonic Youth gli chiedessero di andare in studio insieme, lui «sarebbe già lì, cazzo!».

98. Alex Lifeson
Anche se non si fosse mai evoluto oltre il riff cerebrale di 2112 e Xanadu, il chitarrista dei Rush sarebbe comunque riuscito a lasciare il segno sui Metallica e band metal affini. Nonostante ciò, Lifeson ha continuato ad appesantire il suono del power trio Rush con un costante mix di arpeggi seducenti e distorsioni rock, che creavano un suono talmente intenso che sembrava ci fosse un altro chitarrista nella band oltre a lui. «La chitarra doveva soltanto sentirsi di più» afferma il musicista. Alex Lifeson conserva la sua tecnica più audace per gli assoli – provate soltanto a concentrarvi sulla follia extraterrestre di Freewill.

97. Steve Jones
I power chord brutali e gli assoli un po’ pacchiani, un po’ glam di Steve Jones erano uno specchio perfetto per l’astio provocatorio di Johnny Rotten – oltre che un termine di paragone fisso per ogni punk-rocker a seguire. La sua eredità è stata determinata dai riff indelebili di Never Mind the Bollocks del 1977, album che ha ispirato chitarristi da Slash a Billie Joe Armstrong. Quella era attitudine, più che suono. «A dirla tutta, non ce ne frega niente della musica. A noi piace il caos», ha dichiarato Jones a un giornalista durante il periodo con i Sex Pistols.

96. Bruce Springsteen
Bruce Springsteen ha sempre avuto un’arma non così segreta. Il musicista ha dichiarato a Rolling Stone: «Il mio nome sarà anche finito su una scatola di caramelle, ma posso ancora far partire la mia Telecaster e distruggere tutto». Springsteen non ha rivoluzionato nulla nella tecnica chitarristica, ma pochi musicisti riescono a suscitare emozioni con il legno e l’acciaio come sa fare lui. Ad esempio nell’avventatezza surf-rock dell’assolo di Born to Run, in Adam Raised a Cain, che ti morde come un cane rabbioso, o nel vibrato malinconico di Tougher Than the Rest.

95. Roger McGuinn
I riff cristallini a dodici corde di Roger McGuinn nei primi successi dei Byrds sono stati il ponte sonoro tra il folk e il rock, e si sono imposti come una sfumatura fondamentale nella gamma delle sonorità rock. Qualunque gruppo indie, più incline alle schitarrate estatiche che agli assoli urlanti, gli deve un favore (i break impressionanti in Bells of Rhymney potrebbero essere in un disco degli Smiths). McGuinn ha saputo fare molto più che scampanellare, come dimostrato nel fraseggio psichedelico à la Coltrane di Eight Miles High.

94. Peter Buck
Il chitarrista dei R.E.M è stato un maestro minimalista che non ha mai avuto bisogno di qualcosa in più delle sue melodie piene e riff scintillanti. Dagli arpeggi a laser di “Radio Free Europe” ai power-chord extra misura di The One I Love, il suo sound è stato allo stesso tempo struggente e concretamente aggressivo, con un approccio Do-It-Yourself che ha aiutato i rocker degli anni ’80 a spingersi oltre il punk rock. «I R.E.M hanno creato cinquantamila band dopo di loro; l’America era inondata di brutte copie» ha dichiarato Billy Corgan.

93. Paul Simon
Il paroliere Paul Simon comunica intensamente con la chitarra quanto con i testi. Svezzato a suon di doo-wop e rock & roll, Simon si è imbattuto nel folk revival a metà degli anni ’60, mentre viaggiava verso l’Inghilterra per studiare la maestria acustica di Bert Jansch. Il musicista ha continuamente assorbito nuove influenze come in Dazzing Blue, contenuta nel suo album più recente So Beautiful or So What, della quale ha dichiarato: «Tutte quelle pizzicate folk derivano dai Simon and Garfunkel, ma sono assemblate sopra questo ritmo indiano suonato in dodici ottavi». A 70 anni è più sveglio di prima.

92. Dimebag Darrell
Dimebag Darrell, una delle figure chiave del metal moderno, ha fondato i Pantera con suo fratello, il batterista Vinnie Paul Abbott, forgiando uno stile che mette insieme i ritmi affilati e brutalmente precisi del punk con giri melodici d’impatto. Dopo essere stato tragicamente colpito a fuoco da un fan delirante durante un concerto della sua band Damageplan nel 2004– stranamente il giorno dell’anniversario della morte di John Lennon– il chitarrista è stato ampiamente omaggiato da fans, colleghi e predecessori. «Uno dei più grandi musicisti che il mondo potesse regalarci. Riposa in pace», ha dichiarato Greezer Butler dei Black Sabbath.

91. Dave Davies
Se parliamo di volumi e riff colossali, allora parliamo di Dave Davies dei Kinks che, partendo dagli accordi straordinariamente semplici di You Really Got Me, –incisa a 17 anni– si è avviato verso una serie di singoli proto-metal come All Day and All of the Night e Till the End of the Day. Davies, che ha creato la distorsione di You Really Got Me fendendo un amplificatore con un rasoio, ha deriso i rumors che davano Jimmy Page come chitarrista non dichiarato di quel pezzo. «Chi avrebbe mai voluto suonare un assolo così pazzo?» ha dichiarato Davies, «Solo Dave Davies avrebbe potuto».

90. Tom Verlaine
Patti Smith ha descritto alla perfezione la chitarra di Tom Verlaine come “l’urlo di cento pettirossi”. Il leader dei Television ha assorbito il sapore dei dischi storici di John Coltrane, degli Stones e dei Dead, e li ha poi sintetizzati in qualcosa di interamente nuovo in Marquee Moon, album di debutto della band del 1977, tessendo assoli fluidi senza fine in duetto con l’esteta della chitarra Richard Lloyd, suo compagno nei Television. Recentemente Verlaine ha mantenuto un profilo basso, ma rimane un modello per tutti i chitarristi dal gusto violento del punk misto alla melodia più volatile.

89. Bonnie Raitt
Suo padre era la star di Broadway John Raitt, ma i genitori artistici di Bonnie sono stati giganti del blues come Howlin’ Wolf e Mississippi Fred McDowell, con cui la musicista ha suonato all’inizio della sua carriera. Raitt ha imparato in fretta: sin dal suo slide acustico in Walking Blues del 1971, Raitt ha svelato un repertorio pazzesco di riff blues dalle pizzicate di grande maestria. Inoltre Raitt ha contribuito ad abbattere le barriere del sessismo nella musica, quando la chitarra era ancora considerata un gioco da uomini, diventando un esempio cruciale di assoluta tenacia e tecnica.

88. Carl Perkins
Durante i primi periodi dei Beatles George Harrison si faceva chiamare Carl Harrison, in onore del suo idolo dalla pizzicata rapida. Lo stile brillante e acuto di Perkins ¬–che il re del rockabilly ha probabilmente preso dai suonatori blues del Tennessee– ha caratterizzato i singoli del musicista usciti per Sun Records (Blue Suede Shoes, Glad All Over) e ha influenzato tonnellate di musicisti da Eric Clapton a John Fogerty. «Perkins ha portato la pizzicata country nel rock. Se suoni rock & roll anni ’50 o suoni come Chuck Berry, o come Carl Perkins», ha dichiarato Tom Petty.

87. James Hetfield
Ci sono stati dei precursori del rombo dalle percussioni estatiche e dal palm-mute oppressivo che James Hetfield ha portato nei Metallica (Judas Priest, Motorhead), ma Hetfield è riuscito a trasformarlo nel canone musicale del metal anni ’80. Il musicista non è mai stato un metallaro monocromatico, scavando dapprima nelle pizzicate delicate di Fade to Black, e abbracciando poi sonorità più hard rock per Black Album. Dave Grohl ha detto di lui: «In pratica Hetfield crea le percussioni e la melodia dei pezzi dei Metallica soltanto con la sua chitarra. E alla grande!».

86. J Mascis
Le dosi massicce di rumore sognante che J Mascis scagliava dalla sua Fender Jazzmaster nei Dinosaur Jr. contenevano citazioni alla brutalità dei Black Sabbath, al soul di Neil Young e alla melma punk-rock. Come dimostrato dall’ultimo progetto solista Several Shades of Why, Mascis se la cava alla grande anche in acustico. «Mi ricordo di aver visto i Dinosaur Jr. suonare un pezzo delicato e lamentoso, ma poi quell’assolo devastante di J mi ha fatto esplodere. Ha distrutto tutto», ha dichiarato Thurston Moore dei Sonic Youth.

85. Andy Summers
I Police sono stati un nuovo tipo di power trio, e Andy Summers ne è stato il motivo. Scostandosi dal punk, Summers ha rielaborato accordi jazz e ritmi reggae in chiave rock & roll impulsivo. Summers suonava il più spartano possibile, costruendo contrazioni troncate e suoni bassosi che lasciassero spazio a Sting e Steward Copeland. Alex Lifeson dei Rush ha dichiarato: «Il tono e lo stile di Summers erano assolutamente perfetti, lasciavano spazio a tutto il resto e poi sa suonare di tutto, acustico, jazz e qualunque altra roba ibrida».

84. Joe Perry
È difficile immaginarsi un antagonista di Steven Tyler migliore del suo compagno e avversario occasionale di tutta una vita. Per più di 40 anni, i riff mostruosi alla blues sotto steroidi di Joe Perry sono stati il fondamento degli Aerosmith. I suoi assoli, che spuntano da Walk This Way o che squarciano violentemente le produzioni patinate degli ultimi successi come Janie’s Got a Gun e Cryin’, sono la perfetta corrispondenza di Tyler in quanto ad energia. Slash ha dichiarato: «Aveva uno stile aerodinamico che mi ricordava Keith Richards, e un’attitudine distratta abbastanza cool».

83. Eddie Hazel
La leggenda narra che Maggot Brain, l’assolo di 10 minuti che ha consacrato Eddie Hazel come icona della chitarra nel suo ultimo periodo, sia nata nel momento in cui George Clinton ha consigliato a Hazel di immaginarsi di venire a sapere che sua madre è appena morta, e poi invece scoprire che in realtà è viva. Hazel, morto d’insufficienza epatica nel 1992 a 42 anni, ha introdotto nei suoi pezzi un mix elettrizzante di visioni psichedeliche e potenza ritmica che ha influenzato successori come J Mascis, Mike McCready e Lenny Kravitz. «Quell’assolo, Dio Santo! Assolutamente pazzesco», ha detto Kravitz in merito a Maggot Brain.

82. Nels Cline
Nels Cline, vero genio eclettico della chitarra, ha sperimentato di tutto; dal country rock gotico con i Geraldine Fibbers, al remake integrale del capolavoro d’improvvisazione dell’ultimo John Coltrane, Interstellar Space. Cline è ampiamente conosciuto per essere la chitarra leggendaria dei Wilco, quella delle convulsioni ondulate in Spiders [Kidsmoke], o delle linee vertiginosamente estasiate di Impossible Germany. «Nels sa suonare di tutto», ha dichiarato Jeff Tweedy, «Anche se a volte è difficile seguirlo – ma riusciamo sempre a costruire qualcosa di unico e interessante, proprio perché ci siamo sforzati».

81. Lou Reed
Lou Reed ha fatto a brandelli gli stili tradizionali della chitarra sin dai suoi giorni nei Velvet Underground. Reed, fan dell’R&B di Ike Turner e del free jazz di Ornette Coleman, ha creato un suono psichedelico dalle atmosfere oscure, ad esempio in pezzi come Sister Ray. «Reed era giustamente molto orgoglioso dei suoi assoli», ha dichiarato il chitarrista visionario di New York Robert Quine, «ma si è rassegnato al fatto che la maggior parte della gente non era pronta». Nei suoi progetti da solista, Reed non ha mai smesso di distruggere la tradizione, come in Metal Machine Music del 1975: un’opera che ha portato l’uso del feedback a un livello che nemmeno Hendrix si sarebbe mai immaginato.

80. Buddy Holly
Buddy Holly ha iniziato alla chitarra un’intera generazione di futuri eroi come George Harrison, Eric Clapton, Jeff Beck, mischiando country e blues in un ritmo essenziale ma irrequieto; ad esempio nel fraseggio sincopato in It’s So Easy, in cui riecheggia la voce singhiozzante di Holly. Con la sua Stratocaster, alla guida di un quartetto di due chitarre, basso e batteria, Holly ha essenzialmente inventato il concetto di rock band. John Mellencamp ha dichiarato: «Ascoltate i pezzi dei primi tre album dei Beatles; togliete le voci ed è Buddy Holly».

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