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I 50 anni di Sgt. Pepper

Nel 1967 i Beatles sono a un bivio. Smettono di fare concerti, sperimentano con le droghe e si preparano a cambiare il rock & roll per sempre

Nell’autunno del 1967 i Beatles vogliono smettere di essere i Beatles. La fama è diventata una trappola che dà solo problemi. «Eravamo stufi di essere i Beatles», ha detto Paul McCartney, «Abbiamo finito per odiare quei quattro fottuti ragazzi con le pettinature “moptop”. Non eravamo più dei ragazzi, eravamo uomini. Per noi era finita, non ne volevamo più sapere di fan che gridavano, e di tutta quella roba da ragazzini».

Dopo la data del 29 agosto a San Francisco, i Beatles decidono di non fare più concerti e non pubblicano niente per mesi, alimentando le voci che parlano di tensioni all’interno della band. La loro influenza sul mondo della musica a questo punto è diventata innegabile. Il loro stesso successo ha favorito la nascita intorno alla metà degli anni ’60 di una miriade di band rivali, e adesso, mentre un nuovo tipo di musica innovativa, sperimentale e alimentata dagli allucinogeni si sta facendo avanti in America (e a Londra con i Pink Floyd) il rischio è che vengano superati.

I Beatles il giorno del lancio di ‘Sgt. Pepper’, a Londra nel 1967

Il loro ultimo album, Revolver, è il più innovativo che abbiano mai fatto e i Beatles capiscono che il prossimo può essere l’album della svolta o quello della fine. Hanno bisogno di fare un disco che riaffermi la loro grandezza. Il risultato, nato tra la fine del 1966 e i primi mesi del 1967, è l’album più importante nella storia del rock: Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band. «Avevamo smesso di fare tour, i media dicevano che il momento di pausa era durato troppo a lungo e spargevano voci su di noi: “Hanno perso l’ispirazione!”. Ma noi sapevamo che non era così. Sapevamo quello che stavamo facendo, ed eravamo ben lontani dall’aver perso l’ispirazione. Anzi stava accadendo esattamente l’opposto, stavamo avendo un’enorme esplosione di creatività», ha detto Paul McCartney a Rolling Stone.

Che lo volessero o no, Sgt.Pepper diventa istantaneamente il simbolo delle ambizioni, delle paure e dei desideri di un’intera generazione. Da quando i Beatles hanno esordito nel 1963, la cultura giovanile è cambiata in modo radicale. Quella che era cominciata come una rivendicazione di stile e di gusti musicali, con i Beatles al centro, è diventata una visione alternativa del mondo. Il rock degli anni ’60, insieme al movimento per i diritti civili e a quello contro la guerra in Vietnam, e la sperimentazione con la marijuana e l’LSD hanno dato alla nuova generazione un nuovo senso di potere. Le possibilità di resistere al potere e di vivere in modo libero stanno cambiando, è un momento di grande speranza, ma anche pieno di dubbi e di rischio.

Nessuna opera è riuscita finora a sintetizzare e simboleggiare questo nuovo spirito, questo fiero senso di comunità, queste idee e questa visione del ruolo che l’arte può avere nella società. Nessuna fino a Sgt. Pepper. Dopo il tour del 1966 i Beatles si prendono una pausa, per la prima e ultima volta nella loro carriera. Il 24 novembre si ritrovano negli studi della EMI ad Abbey Road. Nei mesi successivi al loro ultimo concerto hanno in effetti pensato di sciogliersi, ma poi si sono lasciati conquistare dalle opportunità creative che lo studio è in grado di offrirgli.

I Beatles al completo durante le registrazioni dell’album. Foto di Keystone Pressedienst/ZUMA Press

Durante la pausa, John Lennon ha scritto un pezzo, Strawberry Fields Forever, pieno di immagini bizzarre, associazioni di idee e parole sconclusionate, che cattura subito l’attenzione della band. È una nuova direzione. I Beatles ci lavorano per settimane (come non hanno mai fatto prima) e creano un’opera astratta e inquietante, che diventa il più grande salto in avanti nella storia della musica pop.

«Non avremmo potuto immaginare un prototipo del futuro migliore di Strawberry Fields Forever», ha detto George Martin. La prima cosa che vogliono fare è prendere le distanze dalla loro immagine da popstar e McCartney lancia un’idea: «Facciamo finta di non essere noi». Suggerisce di inventarsi un’identità alternativa e di fare un disco come se fossero un’altra band: «Tutto l’album verrà creato partendo dalla prospettiva dei nostri alter ego. Non ci saranno le canzoni che vogliamo scrivere noi, ma quelle che vogliono scrivere loro».

Durante Sgt.Pepper ero in piena depressione, Paul invece era forte e pieno di fiducia in se stesso. Io mi sentivo in punto di morte
John Lennon

McCartney propone di chiamare il gruppo Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band e scrive la canzone che introduce i personaggi. John Lennon e George Harrison hanno qualche dubbio su questa messinscena, ma nessuno dei due ha delle proposte migliori. Questa mossa dà un certo vantaggio a McCartney, che ha già portato avanti il suo stile d’avanguardia in Revolver, ma in Sgt.Pepper, come ha scritto il tecnico del suono Geoff Emerick, emerge come «il produttore di fatto della band». Anche Lennon condivideva questa analisi: «Durante Sgt.Pepper ero in piena depressione, Paul invece era forte e pieno di fiducia in se stesso. Io mi sentivo in punto di morte» (secondo George Martin, John Lennon era anche geloso della maggiore attenzione che lui riservava in quel momento alle idee musicali di McCartney, nda).

Nonostante la crisi personale, Lennon, sempre più insoddisfatto del suo matrimonio e confuso sulla direzione artistica da prendere, condivide la voglia di McCartney di spostare in avanti il confine delle proposte concettuali della band. Secondo Richard Lush, un tecnico del suono di Abbey Road intervistato da Mojo, Lennon diceva che quello che stava cercando nel progetto era: «Qualcosa fuori dal normale. Oggi voglio avere un suono del tutto diverso da quello che avevamo ieri». I Beatles insistono per lavorare a porte chiuse. Raramente hanno ammesso visitatori in studio, perché non vogliono che qualcuno gli rubi le idee. Questa dinamica fa sì che Sgt.Pepper abbia da subito due identità separate: quella pubblica e quella privata, più complessa e dalle conseguenze inaspettate.

Ci sono anche altri elementi che entrano in gioco, soprattutto uno che i Beatles hanno tenuto a lungo nascosto. «Quando ha condotto il suo programma televisivo su Sgt.Pepper, George Martin mi ha chiesto: “Sai dirmi cosa ha creato quell’album?”. E io ho risposto: “In una parola, George: la droga. L’erba”. E lui: «No, no, non eravate sempre sballati”. “Sì che lo eravamo, George”. Sgt.Pepper è nato grazie alle droghe». Gli effetti delle sostanze psichedeliche diventano subito un argomento di discussione. Molti pensano che tutto il disco sia intriso di LSD, come dimostra la vivida descrizione di un viaggio acido fatta da Lennon in Lucy in the Sky with Diamonds. Se ne parla anche in With a Little Help from My Friends (le droghe servono a stare insieme agli amici, oppure sono gli amici stessi), Fixing a Hole (addirittura un riferimento all’eroina) e Getting Better (un riferimento a come si sta bene sotto l’effetto euforico delle droghe). Ma in definitiva i Beatles puntavano solo a inventare cose nuove.

Le canzoni più importanti dell’album, She’s Leaving Home, Within Without You e A Day in the Life riflettono punti di vista assolutamente non convenzionali. She’s Leaving Home è la storia (scritta da McCartney) di una ragazza che se ne va di casa e del dolore della sua famiglia, l’unico pezzo dell’album che affronta un tema sociale. Within Without You è l’unico pezzo di George Harrison sull’album e mostra un’altra delle nuove influenze della band. Harrison è sempre stato un tipo eccentrico ed è il primo a mostrare insofferenza verso la fama e alle session di Sgt.Pepper si presenta rinvigorito da un soggiorno di un mese in India in cui ha studiato la filosofia orientale e approfondito la dottrina di elevazione spirituale oltre le cose effimere del mondo.

Sono gli anni in cui il trascendentalismo orientale conquista la controcultura occidentale perché offre una risposta alla disillusione nei confronti della società moderna. Within Without You è una specie di preghiera rivolta a un pubblico dal quale si è allontanato: “Parliamo dell’amore che è diventato freddo e delle persone che conquistano il mondo e perdono la loro anima / Non sanno niente / Non vedono niente / Tu sei uno di loro?”. Within Without You e She’s Leaving Home sono parti essenziali della visione di Sgt.Pepper perché trattano temi come la compassione e la speranza.

A Day in the Life invece è molto più complessa e disturbante. La scrive John Lennon, che nonostante i dubbi e la crisi personale regala all’album uno dei suoi momenti più alti. All’inizio era una specie di monologo, delicato e triste, ma proprio come è successo con Strawberry Fields Forever, gli altri Beatles e George Martin intravedono la possibilità di fare qualcosa di straordinario e senza precedenti. La storia ambigua di un uomo stanco della vita moderna inizia con un sottofondo simile a una ninnananna e poi si trasforma in una spaventosa epifania.

Paul McCartney, il “produttore di fatto” dell’album

Lennon chiede a McCartney un intermezzo, qualcosa che porti l’ascoltatore fuori e poi di nuovo dentro al lamento disperato che rappresenta il tema centrale della canzone. McCartney gli propone un brano su cui sta lavorando e pensa anche a una soluzione per rendere lo stacco tra le due sezioni della canzone ancora più disorientante e ipnotico: un’orchestra che suona un crescendo che sale lentamente fino a creare il caos. A Lennon l’idea piace tantissimo. George Martin pensa che sia un po’ eccessiva, ma alla fine la spuntano i due autori. Il risultato è forse la canzone migliore del loro intero catalogo, la collaborazione definitiva tra Lennon e McCartney: Lennon scrive il suo testo più significativo e McCartney realizza le sue ambizioni avant-garde. Anche se è stata registrata prima, A Day in the Life viene messa alla fine dell’album, quando la band immaginaria se n’è già andata. Ma non è una semplice coda, è il requiem di Sgt.Pepper e della sua visione.

Inizia con Lennon che racconta la storia di un uomo “che è andato fuori in testa mentre era in macchina”. Potrebbe essere un suicidio o un’illuminazione indotta dalle droghe, ma in ogni caso Lennon non riesce a distogliere lo sguardo da questa vicenda. Non è solo la morte di un uomo, è la fine di un’era, una cosa che non si può ignorare ed è difficile da accettare. A Day in the Life esiste in uno spazio compreso tra la disillusione e l’inconsapevolezza, lo stesso in cui si trovava l’epoca storica in cui è stata scritta e si chiude con il momento più famoso della musica anni ’60: un singolo accordo suonato da Lennon, McCartney, Ringo Starr, George Martin e Mal Evans contemporaneamente su diversi pianoforti, riverberato all’infinito come un’infinita possibilità senza soluzione. È l’abisso alla fine di un sogno, è quel vuoto che il sogno stesso deve superare in qualche modo. Quell’accordo epocale così ricco di significati, che prima cresce e poi svanisce, lega insieme un intero movimento culturale con i suoi misteri, le sue implicazioni e il suo senso della provvidenza ritrovato e poi nuovamente perduto. In un certo senso è il momento più entusiasmante mai creato da quella stessa cultura. L’ultimo atto di genuina unione, che il mondo ha la possibilità di sentire da parte dei Beatles.

I Beatles finiscono di registrare Sgt. Pepper nell’aprile 1967. Ci sono voluti quattro mesi e 75mila dollari, un investimento senza precedenti al tempo. Sanno di aver creato qualcosa di nuovo, diverso da tutto quello che hanno fatto prima. Ma vanno oltre le aspettative: Sgt.Pepper’s Lonely Hearts Club Band vende 250mila copie in Inghilterra nella prima settimana (alla fine di giugno saranno 500mila) e 2,5 milioni in America entro agosto, si piazza al n.1 in classifica in Inghilterra per 27 settimane e al n.1 in America per 15 settimane.

Sono numeri inarrivabili. Questo disco ha toccato un tasto nella cultura popolare, è un’opera che definisce un’epoca e, intenzionalmente o meno, cattura e riafferma lo spirito del suo tempo. Il fragore iniziale, con la chitarra stridente che si fa largo tra la pomposità di una banda di ottoni, è un messaggio di cambiamento. Il vecchio lascia il posto al nuovo. Quel suono e quei valori si diffondono all’improvviso ovunque: “Per un breve momento”, scrive il critico Langdon Winner, “la coscienza irrimediabilmente frammentata dell’Occidente viene unificata, almeno nella mente delle giovani generazioni”. Questo disco viene visto, ed è ancora ricordato, come l’adunata di una comunità.

Il cambio dello stile di vita e dell’aspetto di una generazione non è avvenuto da solo. Siamo stati noi a crearlo
John Lennon

Il mondo è testimone del potere culturale che una pop band e il suo pubblico possono raggiungere: con Sgt. Pepper le possibilità diventano infinite. Il rock&roll si fonde con le rivoluzioni sociali e politiche degli anni ’60. È un momento irripetibile che non può durare. Infatti intensifica la voglia di Lennon di liberarsi. In Sgt. Pepper si è arreso, ha supportato le idee creative di McCartney, ma ormai i due scrivono da due prospettive diverse. McCartney scrive storie di tutti i giorni e inni celebrativi, Lennon invece è alla ricerca di quello che considera un punto di vista più autentico e personale, anche se tormentato. «Paul diceva: “Venite a vedere lo spettacolo”», ha detto Lennon in seguito, «io invece dicevo: “Oggi ho letto le notizie”».

Gli altri membri della band a quanto pare non perdonano a McCartney di aver preso il controllo, anche se Sgt.Pepper è il loro momento migliore. Negli anni a venire tutti tranne Paul hanno preso le distanze dall’album. George Harrison e Ringo Starr hanno detto che si sentivano inutili durante le session, e che per la maggior parte del tempo aspettavano di suonare quello che gli veniva chiesto.

La cover di ‘Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band’

La considerazione di Sgt.Pepper è cambiata in meglio e in peggio nel corso degli anni, in parte perché le generazioni successive di musicisti hanno cercato di non farsi condizionare troppo dalle grandi opere degli anni ’60, in parte perché è sempre stato visto come il trionfo di McCartney e nella valutazione generale dei Beatles il suo genio è considerato meno brillante di quello di Lennon. Niente di tutto questo può togliere valore a Sgt.Pepper, ma rende più profondo il dilemma che sta al centro dell’album: i Beatles ci vogliono entusiasmare, ma vogliono anche tenerci a distanza. La loro più grande intuizione è stata cogliere l’occasione offerta dalla storia. E non lo hanno mai fatto in modo così significativo come in Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band. «Il cambio dello stile di vita e dell’aspetto di una generazione non è avvenuto da solo», ha detto Lennon, «siamo stati noi a crearlo».

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