A un anno di distanza dal debutto sul palco di X Factor, i Måneskin sono arrivati al momento più difficile, quello del primo album di inediti: Il ballo della vita. Scritto interamente dalla band – una rarità per artisti venuti fuori dal calderone dei talent televisivi – uscirà il 26 ottobre dopo la presentazione del nuovo singolo sempre sul palco di X Factor, dove tutto è cominciato. Alla conferenza stampa milanese sono tre, Victoria, Thomas e Damiano – il batterista Ethan è stato operato di appendicite.
«La prima cosa di cui vogliamo parlare è il titolo», racconta la bassista Victoria. «Pensiamo che rappresenti a pieno l’idea dell’album: il ballo è un atto che avvicina le persone, che fa liberare che fa perdere le sovrastrutture per far uscire la parte più spontanea di noi. Ed è quello che abbiamo cercato di fare con questo disco. Il ballo è della vita significa una celebrazione della giovinezza, della libertà»
Prende la parola il frontman Damiano: «Abbiamo scritto i testi noi, fortunatamente, non ci siamo fatti aiutare da nessun autore. La figura centrale del disco è Marlena, una donna che rappresenta la bellezza e il messaggio che vogliamo comunicare: un messaggio di libertà di scelte, di attitudine, di stile cui abbiamo cercato di dare un volto, un nome e una voce. Marlena è la libertà, la passione, tutto quello che vogliamo mostrare. È una grande anima che racchiude le nostre 4 anime».
«Per quanto riguarda la musica emergono vari stili diversi, tutti accomunati dal nostro sound, riproposto in maniera molto elaborata», aggiunge il chitarrista Thomas. «Abbiamo quattro influenze diverse, quattro stili che si mescolano all’interno di questi brani che avremo il piacere di farvi ascoltare a breve. Ve ne anticipo uno, Il mio sogno, inizia con un riff molto rock e prosegue verso il funky fino al coro gospel. Abbiamo anche introdotto l’elettronica, abbiamo ampliato il nostro sound attraverso strumenti nuovi».
«Abbiamo scelto come primo singolo un brano che mostra un lato che a X Factor non abbiamo mostrato molto, ma che ci rappresenta a pieno nonostante si possa pensare che sia distante dalle nostre corde», aggiunge Victoria parlando di Torna a casa. Il messaggio della canzone è ‘la chiamata alla musa’, cioè Marlena, il filo rosso che collega tutto il disco».
È poi il momento di Fear for nobody, una hit spacca classifiche tra accenni alle chitarre à la Nile Rodgers e un ritornello da cassa dritta e ritmo in levare. Un brano molto elaborato, degno rappresentate di un album, Il ballo della vita, molto meno pop di quanto ci si potrebbe aspettare da una band “figlia dei talent”. «Questo è un brano che ha vissuto molte fasi, in fase embrionale era quasi reggaemuffin – commenta Thomas – poi abbiamo deciso di riportarlo al funky, alla disco».
Dalle casse esce poi L’altra dimensione, un brano in cui l’inizio cantautorale sfocia in un ritmo latineggiante. Qui la giacca di pelle dell’hard rock lascia il posto all’abbronzatura da stabilimento balneare, ma la hit estiva è un arma che – volente o nolente – una giovane band deve avere in mano se vuole affrontare il mercato mainstream contemporaneo. «Abbiamo cercato di ricreare le atmosfere della Spagna andalusa e del mondo gitano – racconta Damiano – Ci sono i violini acuti, un ritmo celebrativo che dà l’idea di una grande festa, anche quel mood fa parte del nostro background. A un primo ascolto sembra un pezzo ‘leggero’, ma in realtà ha un testo particolarmente profondo».
È la volta del rock più danzereccio con New Song, uno dei preferiti della band e uno dei più convincenti dell’intero album, per poi passare a Le parole lontane, ballad in cui chitarre baroccheggianti si trasformano in un brano downtempo per un risultato che sembra pronto per i fiori dell’Ariston. «Questa è l’unica canzone in cui la chiave di lettura su Marlena è diversa», commente Damiano. «È un testo che va per immagini, in cui ho cercato di raccontare un poeta su una spiaggia mentre scrive questa lettera alla sua musa per dirle che non riesce più a sentirla».
Ascoltiamo Immortale, l’unico featuring dell’album, realizzato insieme a Vegas Jones. Parte con un bel riff pentatonico, che subito lascia spazio a una strofa semi-rap, dove la voce Damiano si alterna a quella dell’ospite. Il brano lascia un po’ a desiderare, e i Måneskin non sembrano sposarsi granchè con il suono trap del collega. «Abbiamo scelto di fare quel featuring perché siamo figli di questa generazione, e siamo influenzati da questa musica che ci piace», continua Damiano, che sembra entusiasta del brano. «In questo disco volevamo mettere tutte le nostre influenze, e il mio modo di scrivere è influenzato anche dalle metriche della trap e dell’hip hop. Volevamo dimostrare che anche una band può scrivere e suonare quel genere».
La band ha poi parlato di This is Måneskin, il documentario che racconta la genesi di Il ballo della vita, scritto e registrato dai quattro musicisti con le loro Go Pro: «Non è la celebrazione della nostra grande carriera. Siamo in giro da un anno, fare un film sulla nostra ‘splendida’ carriera sarebbe stato ridicolo», ha detto Damiano. «Volevamo raccontare cosa significa per 4 vent’anni scrivere un disco ed è stato un modo per far vedere com’è il nostro gruppo al di là dei palchi, della televisione. La cosa che ci ha più colpito guardando il montato è stata la trasparenza, la genuinità con cui si è raccontato questo periodo della nostra vita. Un periodo unico, che non dimenticheremo mai perché il primo disco non si dimentica mai». Alla fine della proiezione in sala, fissata per il 26, la band apparirà in diretta streaming sullo schermo, presentando due brani inediti.