A pensarci bene, i concerti del Primo Maggio hanno una natura squisitamente paradossale: in un giorno di festa in cui si rivendicano i diritti dei lavoratori, molte professionalità del mondo dello spettacolo e della comunicazione vengono chiamate a lavorare per consentire la realizzazione di eventi che hanno lo scopo di portare all’attenzione generale proprio la necessità di difendere quegli stessi diritti. In realtà c’è una ragione molto buona per la quale a nessuno questo sembra poi tanto contraddittorio: viene riconosciuto un grande valore alla diffusione di quel messaggio in quel giorno, e la tutela della dignità, della sicurezza e della retribuzione del lavoro è un tema che negli ultimi anni è anche tornato di preoccupante attualità. Insomma, è tutto più che giustificato e coerente con le premesse e lo spirito della festa del primo maggio.
Resta da vedere, forse, cosa voglia dire rendere un buon servizio a quelle istanze. Talvolta si è tentati di puntare il dito verso la qualità delle proposte musicali, ma si tratta di considerazioni soggettive e opinabili, che oltretutto rispondono a una questione mal posta. La qualità delle proposte non è un aspetto importante in una line-up del Primo Maggio. Un mio amico che il telegiornale chiamerebbe cervello in fuga ha sempre avuto questa convinzione, che anch’io condivido: a volte il modo migliore per proporre qualcosa è proporla fuori contesto, fuori posto. Raggiungi chi è già sensibile e consapevole rispetto a un certo tema e non avrai cambiato nulla, ma punta a una platea ampia e indistinta, e se ti sarai guadagnato per la prima volta l’attenzione di qualcuno avrai fatto qualcosa di utile per sostenere le tue idee e la tua causa.
I concerti del Primo Maggio hanno spesso dato l’impressione di essere invece eventi in cui ogni cosa è sempre al posto suo, anno dopo anno, in una precisa e costante ripetizione degli stessi nomi e delle stesse esperienze, e questo è stato il loro principale problema. Perché un concerto non dovrebbe mai essere una liturgia. E perché comporre la line-up di un concerto del Primo Maggio è un compito sui generis che andrebbe svolto seguendo criteri molto particolari: al contrario del Primavera Sound, o di qualsiasi sia il maxi-evento che secondo voi offre meglio una proposta musicale fortemente riconoscibile e di alta qualità, un concerto del Primo Maggio sarà tanto più riuscito quanto più si sarà dimostrato capace di raggiungere un pubblico che sia il più generico e diversificato possibile. Il lavoro è un tema che riguarda tutti.
Gli organizzatori del concerto di Roma si sono mossi in questa direzione chiamando a suonare nella piazza di San Giovanni molti artisti della nuova scena italiana attuali e amati dal pubblico. Tutto è perfettibile, ma Sfera Ebbasta, Cosmo e Zen Circus sono nomi che vantano un seguito importante sui social, e che sono in grado di fare spesso e volentieri date sold-out nei loro tour; aggiunto un ospite internazionale come Fatboy Slim, si può dire con discreta sicurezza di aver reso l’evento mediaticamente rilevante e appetibile per un gran numero di persone. Si tratta inoltre di nomi che hanno pubblici molto diversi: non credo che ci siano molte altre occasioni in cui avere Sfera Ebbasta e Zen Circus sullo stesso palco abbia senso; appare del tutto conveniente, invece, se la data segnata sul calendario è il primo maggio, caso esemplare in cui la musica è esclusivamente un mezzo e non un fine.
Gli organizzatori del concerto di Taranto, presentando una line-up con Emma Marrone, Brunori Sas, Levante, Noemi, Mezzosangue, Irene Grandi, Ghemon, Teresa De Sio, Colapesce, Bud Spencer Blues Explosion, Coma_Cose, Piotta, Luca De Gennaro, Modena City Ramblers, Lacuna Coil, Mama Marjas & Don Ciccio, Fido Guido, Francesco Di Bella, Meganoidi, Terraross, Med Free Orchestra, Frenetik & Orange 3, si sono dimostrati d’accordo con me nel giudicare la musica solamente un mezzo, arrivando a suggerire che il cuore della loro manifestazione vada cercato negli interventi tra un’esibizione e l’altra più che nelle performance degli aristi. Ma hanno anche indicato i nomi scelti come ripetitori dei temi della giornata, più che come attrattori di un pubblico nuovo per gli stessi. E allora qualcosa non torna. L’evento di Taranto ha già dimostrato di saper fare numeri importanti, ma i numeri non dicono tutto, e in una line-up di questo tipo, pur valida ed eterogenea, è facile vedere comunque un’altra occasione mancata. La buona notizia resta la certezza che c’è un nuovo primo maggio ogni anno, e ci saranno così altre possibilità per provare qualcosa di diverso. A saperle (e volerle) cogliere.