Nel caso siate passati di recente al Waterloo Records di Austin, potreste aver notato una modifica all’architettura fino a poco tempo fa impensabile: il luogo di culto per i musicofili ha rimosso metri di porta-cd per far posto ai vinili: «Dopo 30 anni, le persone si stanno allontanando da quel formato», dice John Kunz, il proprietario.
Mentre lo streaming è riuscito a dare all’industria musicale i maggiori guadagni degli ultimi dieci anni, il business del cd è un disastro. Nell’ultimo decennio le vendite sono crollate dell’80%, e gli artisti ne stanno tenendo conto. Springsteen ha pubblicato il suo ultimo box set solo su vinile. «È diventato un mondo di streaming e vinili», dice Daniel Glass, presidente di Glassnote Records.
Jack White, probabilmente il più grande difensore dei vinili negli anni recenti, è d’accordo: «Sono convinto che il prossimo decennio ascolteremo solo streaming e vinili – il primo in macchina e in cucina, il secondo in soggiorno e in studio. Per me è una figata».
Ma chi compra i cd? «I clienti dei centri commerciali», dice Glass, aggiungendo che il grosso delle vendite arriva da «country, greatest hits, colonne sonore e dischi per bambini». L’iniziale boom del vinile era visto dagli esperti come una moda, ora non più: le vendite sono al livello più alto degli ultimi 25 anni, e le etichette stanno investendo in packaging più sofisticati che mai.
La label di White, Third Man, ha da poco aperto una fabbrica di vinili a Detroit, con le prime presse per dischi costruite in 35 anni. «È importante per la preservazione della musica storica e di quella nuova, che viene pubblicata oggi», dice White. «Il vinile è scolpito nella pietra. Penso che se è riuscito a farcela per 120 anni, allora è eterno. A pensarci è una cosa bellissima».