Bruce Springsteen non si è ancora espresso sui biglietti per i suoi concerti americani del 2023 arrivati a costare oltre 4000 dollari per effetto del dynamic pricing, il meccanismo usato da Ticketmaster che permette di cambiare il prezzo di un certo numero di tagliandi in ragione della domanda: più gente cerca di comprare quei posti, più il prezzo s’alzerà (è spiegato tutto qui).
Al posto suo l’ha fatto Jon Landau, che di Springsteen è il manager (e co-produttore) da metà anni ’70. «Nel fissare i prezzi dei biglietti per il tour abbiamo osservato attentamente ciò che hanno fatto i nostri colleghi», dice Landau in una dichiarazione rilasciata al New York Times. «Abbiamo fissato cifre più basse di quelle di alcuni e uguali a quelle di altri».
Landau non entra nel merito del dynamic pricing e aggiunge che «a prescindere dai commenti su un numero modesto di biglietti che costano 1000 o più dollari, il prezzo medio è attorno a 200 dollari. Oggigiorno è una cifra equa per vedere un artista considerato tra i più grandi della sua generazione».
Le polemiche sui biglietti a 4000 euro avevano spinto Ticketmaster a rispondere che la maggior parte dei biglietti (l’88,8%) sono venduti a prezzo fisso, per cifre che vanno dai 60 ai 400 dollari (più spese). Secondo il colosso del ticketing, quindi, solo l’11,2% dei tagliandi fa parte della categoria Platinum Tickets oggetto dello scandalo. Altri dati resi pubblici: nei primi tre giorni di vendita, il biglietto medio per gli show di Springsteen è stato pari a 262 dollari; solo l’1,3% dei biglietti è stato pagato più di 1000 dollari.
Altra informazione interessante: secondo Ticketmaster sono «i promoter e i rappresentanti degli artisti a fissare la strategia riguardo i prezzi». Come dire: guardate che Springsteen c’è dentro fino al collo nel meccanismo che permette di incassare i soldi che un tempo avrebbero preso i bagarini che speculavano sul prezzo dei biglietti. Perché alla base del dynamic pricing c’è questo ragionamento: se ci sono fan disposti a spendere 1000 dollari per un biglietto, perché lasciare quell’extra profitto al mercato secondario e ai bagarini?
Eppure nel 2009, quando Ticketmaster reindirizzava gli acquirenti su una piattaforma di secondary ticketing di sua proprietà, Springsteen si era sentito in dovere di dire al suo pubblico che «l’abuso dei nostri fan e della nostra fiducia ha fatto infuriare noi, così come ha fatto infuriare voi».
Ora ad infuriarsi sono rimasti solo i fan.