Il nuovo progetto di Peter Gabriel si chiama 50:50. È una piattaforma che intende dare il giusto merito al contributo degli artisti che traducono in immagini la musica dell’inglese. Anche dal punto di vista economico.
«Attorno alla pubblicazione di i/o abbiamo lanciato una competizione dando ai creators la possibilità di produrre video per la mia musica», scrive Gabriel sul sito appena lanciato. «L’idea era impegnarsi in un progetto divertente e appagante. Le proposte che sono arrivate mi hanno colpito per talento, qualità, diversità e per il duro lavoro fatto per produrle. Far parte del progetto è stato un piacere».
Quell’esperienza, continua Gabriel, ha dato il via una discussione su come continuare a dare la possibilità ad artisti visivi di integrare il loro lavoro alla sua musica e come rimunerarlo meglio. «Dietro le quinte stiamo lavorando per rendere più equa la relazione tra chi fa musica e chi fa video che tenga conto dei rispettivi contributi, ad esempio su piattaforme come YouTube».
«Con 50:50 vogliamo trovare modi che riflettano al meglio lo sforzo creativo comune e, si spera, fornire una vetrina per il lavoro degli artisti visivi. Per il momento, è possibile vedere alcuni dei video nati dalle relazioni intrecciate grazie al concorso. Invitiamo tutti gli altri videomaker o creator che desiderano saperne di più di 50:50 e di come essere coinvolti a iscriversi per ricevere le notizie man mano che i progetti vengono sviluppati».
Il lancio di 50:50 è accompagnato da un nuovo video di Olive Tree (Bright-Side Mix), da i/o, fatto con l’intelligenza artificiale da Oranguerillatan, uno dei vincitori della competizione. Nella canzone, ha detto Gabriel, «il protagonista indossa un casco per la scansione del cervello che trasforma i pensieri in immagini, e così facendo riesce a vedere le connessioni che ha con il mondo naturale e in particolare con un albero di ulivo».
«Per certi versi, siamo parte di un tutto e probabilmente abbiamo i mezzi per connetterci e comunicare con il tutto, anche se spesso non li usiamo. Vogliamo vedere e ascoltare solo le cose che ci sembrano importanti e rilevanti, escludendo il resto come se fosse rumore. Ma probabilmente, in quel rumore, si nascondono cose che possono aiutarci a capire il nostro posto nel mondo e ricordarci che non siamo altro che scimmie che per sopravvivere hanno bisogno che la natura sia sana».