Marracash e Gué Pequeno, protagonisti della cover story del nuovo numero di Rolling Stone, di certezze non ne hanno molte, ma rivendicano la serietà e l’importanza della loro musica, rappando a gran voce quanto “il sistema Italia” faccia schifo, misurato unicamente in view su YouTube. Si può essere d’accordo o meno con loro, ma una cosa è certa: questo rap – aggressivo nel dissing, un po’ megalomane, molto spesso in torto nel criticare stili di vita diversi dal proprio – è vivo più che mai, a partire da Marra e Gué. Con il loro Santeria hanno unito le forze per combattere il lato oscuro della scena rap italiana e considerando la terza settimana in cui non si spostano dal primo posto della classifica, sono in molti a volerli seguire. Con Rolling Stone più che dei sassolini si tolgono dei mattoni dalle scarpe, mettendo ben in chiaro cosa li distingue e nonostante se la ridano di gusto dallo scatto di copertina, giudicano il rap argomento serissimo.
«Noi abbiamo iniziato a suonare in un’epoca in cui non c’era neppure il sogno di farci i soldi con il rap, e il rap dovevi amarlo fino al midollo, con tutto te stesso», racconta Marracash dei suoi inizi, gli stessi di Gué Pequeno. «Gente come Fabri Fibra, gli ex Co’Sang, si vivono la musica con una visceralità, con una sofferenza che i ragazzi di oggi non hanno. La maggior parte di loro pensa solo ai soldi. Io, quando facevo musica, volevo essere libero. Alla musica chiedevo di liberarmi dal lavoro. Avevo anche la smania di far soldi, chiaro, di prendermi una rivincita sulla scuola, sul quartiere, sui miei. Ma non volevo essere Laura Pausini. Invece questi sono disposti ad assoggettarsi pur di essere famosi. Sono passati per le nostre etichette indipendenti, per i nostri featuring. Li abbiamo cresciuti noi». Sul tema dei soldi, Gué è ancora più onesto: «Io sono uno che ha sempre detto di voler fare soldi. La mia carriera è piena di errori, di aspetti controversi. Non voglio neppure fare troppo la morale, ma è giusto mettere qualche puntino sulle i. Non lo dico da rosicone. Il nostro è un disco orgoglioso. Siamo comunque due che vendono, due vincenti».
Ma il loro non è il solo rap di cui si parla in questo numero: facciamo il punto sul genere in Italia, tra dissing e hit da spiaggia, da Vorrei ma non posto di Fedez e J-Ax al fenomeno Dark Polo Gang, immortalato in un portfolio fotografico.
Ma questo numero ha al suo interno un altro numero: uno speciale anni ’90. Dai 100 migliori dischi del decennio secondo Rolling Stone US ai nostri 10 dischi italiani preferiti di quegli anni, che potrebbero far storcere il naso a qualcuno. E poi le interviste a Nirvana, Pearl Jam, Guns N’ Roses, Beastie Boys, Tupac (e altri ancora) prese dai Rolling di vent’anni fa e le interviste fatte oggi a Subsonica e Ambra, che abbiamo scelto come ambasciatori musicali e pop per l’Italia. Uno speciale da godersi sotto la caldazza estiva.
E poi un’intervista ai Red Hot Chili Peppers e una ai Blink-182 per il loro nuovi album, l’incontro con la nuova sindaca di Roma Virginia Raggi, la storia del più grande campione di tutti i tempi Muhammad Ali, Cara Delevigne che ci racconta Suicide Squad, Melissa McCarthy e il suo Ghostbusters, Samuel L. Jackson su Tarzan. E poi John Carpenter, Louis CK, Desiigner, Jack Garratt e molto altro ancora.
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