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In Italia ora comanda lo streaming: ecco chi c’è dietro le nostre playlist

C'è ancora un lavoro che gli uomini fanno meglio delle macchine: farci scoprire musica nuova. Mentre il mercato digitale continua a crescere abbiamo incontrato chi ha il compito di salvarci da questo oceano di nuove uscite

Dopo anni passati a discutere del come e perché le cose “non sono più quelle di una volta” sembra che in questo finale di 2016 l’industria musicale stia trovando un nuovo equilibrio anche da noi in Italia. Giusto l’altro giorno Salmo ha lanciato il suo nuovo singolo Don Medellin in esclusiva streaming su Spotify, del successo e dei record di un emergente come Ghali si è parlato tantissimo anche da queste parti. La sua in particolare è stata una parabola velocissima che lo ha portato da illustre sconosciuto a dominare le classifiche dei brani più ascoltati della piattaforma di streaming non solo livello italiano ma addirittura globale. Per gli artisti essere in cima a classifiche di questo tipo o entrare a far parte di playlist particolarmente seguite significa avere una grande ricaduta in termini di visibilità anche fuori dal proprio pubblico di riferimento.

Se un tempo si preferiva presentare una nuova canzone con un videoclip, in download su iTunes o con una più tradizionale pubblicazione fisica da distribuire nei negozi, oggi c’è bisogno di raggiungere i propri ascoltatori ancora più velocemente. Ma c’è di più: da due anni la FIMI (Federazione Industria Musicale Italiana) ha iniziato a conteggiare anche lo streaming nelle sue classifiche. L’organo ufficiale dell’industria musicale italiana ha istituito un’apposita chart denominata Top Digital in grado di assegnare i vari Dischi d’oro e di platino. Secondo il conteggio per cui 100 streaming valgono come un download, improvvisamente tanti artisti con un pubblico di riferimento giovane (che difficilmente avrebbe scaricato musica a pagamento) si ritrovano giustamente proiettati in classifica e raccolgono dischi d’oro come fossero bruscolini. Per certi versi è come se quello che veniva percepito come uno spazio virtuale (i social network, le visualizzazioni e appunto lo streaming) avesse trovato finalmente spazio nel mondo reale dell’industria discografica ufficiale aprendo gli occhi di molti tra addetti al settore e non.

“Ormai siamo quasi al traguardo dei 4 anni in Italia, siamo cresciuti e cambiati tantissimo come prodotto e servizio. Se dovessi fare un bilancio della crescita e accelerazione che abbiamo avuto in termini di numeri direi che segue il trend di crescita a livello globale. Rispetto al primo anno oggi anche in Italia c’è la consapevolezza di cosa è lo streaming musicale”. A parlare è Veronica Diquattro responsabile di Spotify Italia. La piattaforma di streaming ha toccato nel mondo i 100 milioni di utenti di cui ben 40 hanno sottoscritto l’opzione premium a pagamento. Anche se non sono disponibili i dati di diffusione sul solo territorio italiano, la percezione è quella che rispetto ai competitor (Deezer, Apple Music, Tim Music tra gli altri) sia questa a fare la parte del leone, anche osservando dove i maggiori artisti nazionali decidono di far debuttare i propri nuovi singoli. “La discografia sin dall’inizio è stata aperta verso il nostro lavoro” ci racconta ancora Diquattro. “Avevano consapevolezza del ruolo e del mercato, adesso c’è un ufficializzazione al pari delle altre forme di ascolto, è una cosa naturale e dovuta: nel momento in cui il consumo cambia sarebbe anacronistico non considerarlo”.

Quello della crescita del digitale in Italia è però un caso che esula dal semplice streaming. Secondo i dati rilevati da Deloitte per FIMI relativi al primo semestre del 2016, anche nel nostro paese il comparto digitale ha raggiunto il 51% dei ricavi, sorpassando i prodotti fisici. Scorrendo la classifica Top Digital di questa settimana scopriamo dunque come Ghali possa facilmente dominare, a parità di settimane di permanenza, su artisti come Marco Mengoni o Maroon 5. Oltre il prevedibile lato economico, c’è anche la possibilità di osservare la musica italiana da una prospettiva nuova, superando il classico collo di bottiglia editoriale dei talent televisivi, della stampa mainstream o delle playlist dei network radiofonici. In questo nuovo mondo in cui la musica si scopre all’interno delle piattaforma di streaming gli anonimi editor che assemblano e curano le playlist più ascoltate sono divenute figure fondamentali.

Così come un tempo si guardavano i videoclip delle televisioni musicali o si scambiavano le fanzine cartacee oggi messi davanti all’infinito repertorio di un servizio come Spotify (30 milioni di brani) la curatela umana è un elemento fondamentale per superare il naturale problema del non saper da che parte iniziare. Anche se gli algoritmi incaricati di consigliarci la prossima canzone si fanno sempre più raffinati è chiaro come ci siano dei lavori dove l’elemento umano è ancora indispensabile. Il loro intervento è necessario per superare la “filter bubble” dei nostri soliti gusti musicali. La stessa Apple ha deciso di acquistare da Dr. Dre la sua Beats non solo per la tecnologia legata al marchio di cuffie ma soprattutto per il team di esperti musicali che ne facevano parte. Il leggendario DJ radiofonico John Peel aveva da tempo sintetizzato un motto valido oggi più che mai: “Non dare alla gente ciò che vuole, ma ciò che non sa ancora di volere”. A darci le dimensioni del lavoro che c’è dietro questo lato editoriale di Spotify è ancora la Diquattro: “A livello globale abbiamo 70 editor che lavorano ogni giorno nella curatela di più di 4500 playlist. Il loro obiettivo è quello di creare una voce e un’identità musicale che si traduce in un’opportunità per gli artisti. Le playlist generate dagli editor fanno più di un miliardo di stream la settimana a livello mondiale”.

Non ci rimane allora che incontrare proprio uno di questi misteriosi editor. Una delle persone che per il mercato italiano ha la responsabilità di navigare tra centinaia o migliaia di canzoni ogni giorno selezionando quelle più adatte ad un numero di ascoltatori in rapidissima crescita. “La mia passione principale è sempre stata la musica e, crescendo, ho deciso che avrei voluto farla diventare un lavoro”. Andrea Favale ha 35 anni, una lunga barba attentamente curata e gli occhi svegli di chi è riuscito a mescolare i propri interessi con una professione inedita. Lui è uno dei selector di Spotify Italia: una nuova generazione di curatori nelle cui mani oggi c’è parte della buona sorte della musica nazionale. Continua Andrea: “Il master in ‘Comunicazione Musicale’ che ho frequentato a Milano mi ha permesso di entrare in contatto con figure professionali del settore e mi ha dato l’opportunità di svolgere uno stage presso MTV Italia dove ho poi ricoperto il ruolo di programmatore musicale. Dopo un’esperienza di 5 anni in Inghilterra – lavorando prima per MTV UK e poi per ‘Groove’ il servizio streaming di Microsoft – Spotify Italia mi ha dato l’opportunità di entrare a far parte del team come Music Editor”.

Com’è una tua giornata tipo al lavoro? Di cosa ti occupi, come ti procuri la musica da inserire nelle playlist, come la organizzi?
La mia giornata lavorativa comincia quando esco di casa: metto gli auricolari e avvio Spotify. L’ascolto della musica, infatti, è la parte principale del mio lavoro che ha l’obiettivo finale di offrire agli utenti la migliore esperienza d’ascolto possibile. Per quanto riguarda la realizzazione delle playlist, la scelta dei brani e i modi in cui entro in contatto con nuova musica sono diversi. Lo spunto può arrivare da un’altra playlist, dal confronto con i colleghi, un blog musicale, una lista di nuove uscite, un concerto a cui sono stato e dagli strumenti interni a Spotify che ho a disposizione per tenermi aggiornato e scoprire nuova musica. Mi occupo quotidianamente di creare, modificare e “vigilare” su un numero sempre crescente di playlist, molte delle quali richiedono la mia attenzione quotidiana o settimanale.

Come nasce una playlist di Spotify Italia? Ci racconti nel dettaglio il procedimento che segui
La creazione di una playlist può arrivare da esigenze diverse, gli input sono davvero ovunque. In Spotify noi editor siamo costantemente connessi con quello che accade culturalmente e musicalmente nel mondo e sul territorio di riferimento. Inoltre, il modo in cui gli utenti si interfacciano con la musica sta cambiando, sappiamo come questa possa influire sul loro stato d’animo o essere la perfetta compagnia in un preciso momento della giornata. È soprattutto questo che teniamo in considerazione quando pensiamo a una nuova playlist da creare. Da quel momento in poi si tratta di pensare alla musica, ma anche all’immagine di copertina, il titolo e la descrizione per fare in modo che il tutto alla fine risulti come un contenuto unico ed uniforme.

Qual è la playlist che hai creato tu più popolare? E quella più bizzarra?
La Playlist più popolare è senza dubbio Hot Hits Italia – costantemente aggiornata con le 50 canzoni più ‘calde’ e ascoltate del momento – ma anche Operazione Buonumore è seguitissima e molto apprezzata, così come Novità del Venerdì che viene aggiornata settimanalmente con le migliori nuove uscite italiane e internazionali. La playlist più bizzarra è al momento semplicemente quella più complessa: Rap Italia: Battle Royale!. E’ molto popolare ma con un’audience particolare, fatta da giovanissimi appassionati di rap molto esigenti e quindi più difficile da approcciare ma che, al contempo, dà molta soddisfazione!

Ti ricordi dei nastroni, le vecchie compilation che si facevano su cassetta? Ne hai mai fatti?
Assolutamente si, negli anni ’90 ero un adolescente pronto a creare la mia compilation perfetta in musicassetta. Sono passati 20 anni e siamo qui a parlare di playlist, un concetto in qualche modo simile. È molto affascinante rendersi conto di quanto le abitudini siano mutate e tutto oggi sia più semplice e accessibile attraverso un servizio di streaming come Spotify.

Tu hai lavorato anche a MTV, come cambia strutturare una rotazione di video rispetto a una playlist per Spotify?
Ci sono molte similitudini che riguardano la tipologia di lavoro e molte differenze poiché sono media diversi. Un editor di MTV deve tenere in forte considerazione l’aspetto visivo e bilanciarlo con quello musicale per creare una frequenza che funzioni nella programmazione. La parte visuale torna anche su Spotify nel momento in cui si sceglie l’immagine di copertina, ma poi l’accento è posto in maniera assoluta sulla musica, sullo stato d’animo che richiama, sulle ragioni per cui quella playlist esiste. Partendo da un catalogo di canzoni potenzialmente infinito, mantenere una coerenza musicale e dare all’utente la migliore esperienza d’ascolto possibile sono decisamente le sfide più complesse

Parte dell’originalità di Spotify è il superamento dalla divisione per generi musicali verso quella fondata sulle sensazioni che questa ci provoca. Come decidi se una canzone è più adatta a contenitori che si chiamano: Melancholia, Break Up Songs, Wake Up And Smell Coffee?
I generi musicali sono ancora vivi, alcuni vengono ascoltati di più altri di meno, ma il successo globale di una playlist come Rap Caviar o la rapida ascesa tutta italiana di Rap Italia: Battle Royale! sono la prova che c’è ancora molta attenzione verso specifici generi. Allo stesso modo, sappiamo che gli utenti sono alla ricerca della musica giusta per ogni momento e che le playlist che creiamo diventano un riferimento quotidiano per chi le ascolta. Le motivazioni per inserire un brano in una playlist sono diverse ma, da grande utilizzatore di Spotify, il modo migliore è spesso rispondere alla domanda “mi piacerebbe ascoltare questo pezzo in questa Playlist?’. Essendo la playlist un’unica esperienza musicale, il flusso è un aspetto assolutamente fondamentale per accompagnare le persone e offrire loro la miglior colonna sonora per quel momento specifico.

Di tutti i dati raccolti da Spotify rispetto agli ascolti che hai a disposizione quali sono i più utili per il tuo lavoro? Quanto ti basi su i dati che avete dagli utenti per strutturare le playlist e quanto sul puro istinto che una canzone potrebbe funzionare o piacere?
Raccogliamo costantemente una grande quantità di dati che vengono letti diversamente a seconda delle playlist. Nel complesso, conoscere il comportamento degli utenti nel momento in cui ascoltano una determinata canzone è fondamentale ed è certamente qualcosa che aiuta noi music editor. In Spotify, noi editor programmiamo la musica pensando a cosa piacerà agli utenti e sulla base dei dati che raccogliamo ma, a volte, ci affidiamo qualche istante all’istinto. Sono le scommesse degli editor: avere la sensazione che il pezzo funzionerà e che abbia un potenziale inespresso e seguirla, nonostante i feedback iniziali poco incoraggianti degli utenti, dandogli un po’ più di tempo.

Che rapporto avete con le case discografiche italiane? Parlate con i loro promoter o non esiste ancora questa figura per i servizi streaming?
Spotify sia a livello globale che in Italia ha un ottimo rapporto con le case discografiche ed esiste uno specifico dipartimento preposto alle relazioni con loro. Noi music editor lavoriamo a strettissimo contatto e su base settimanale con questo dipartimento nei diversi territori e insieme interagiamo regolarmente con le etichette discografiche italiane.

Che visione hai della musica italiana dalla prospettiva di Spotify?
La musica italiana ha specificità proprie che hanno sicuramente un impatto sulla linea editoriale ma credo anche che il modo in cui si propone la musica sia fondamentale. La playlist giusta, con un contenuto e un titolo appropriati, e proposta al momento più opportuno fa la differenza. Per noi è fondamentale continuare a supportare gli artisti locali e a riprova di quanto detto, alcune delle playlist di maggior successo sono composte esclusivamente da musica italiana, penso a Successi Italiani o Cantautorato Italiano, ma anche a Indie Italia o la già citata playlist Rap Italia: Battle Royale!.

Hai mai la sensazione di essere sommerso dalla musica? Di non riuscire ad ascoltare tutto quello che di valido viene pubblicato? Come si gestisce un sentimento e una situazione del genere?
Sì certo, ecco perché mi ritrovo ad ascoltare un pezzo a orari improponibili e immaginarlo automaticamente in una playlist! Connettere gli artisti e la loro musica con gli utenti rimane la sfida principale e la sensazione di poter fare meglio, dover trovare altra musica o musica migliore, è la stessa che mi spinge a migliorare nel mio lavoro.

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