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Inarrestabile Morandi: «Finché qualcuno compra il biglietto, io vado avanti»

Il nuovo album 'Evviva!' che scopa via ogni malinconia, il tour dei palasport, il bilancio di Sanremo, Dalla. E 'C'era un ragazzo che come me', che oggi «è una canzone contro l'aggressore, la Russia»

Foto: Leandro Emede

Gianni Morandi è inarrestabile. Dopo Sanremo, da cui è emerso vincitore anche per il modo bonario di affrontare qualsiasi situazione, ha annunciato l’uscita di un nuovo album e una  tournée nei Palasport a Milano, durante un incontro dove ha esordito regalando a ogni giornalista una riproduzione dell’ormai iconica scopa con cui ha ripulito il palco dai fiori distrutti da Blanco.

L’album Evviva!, con tanto di punto esclamativo se non fosse chiaro che è proprio un grido di gioia, sarà disponibile da domani, a 5 anni dall’ultimo lavoro in studio. Sono otto tracce, di cui quattro sono alcuni dei suoi recenti successi (Apri tutte le porte, La ola, L’allegria, Fatti rimandare dalla mamma a prendere il latte con Sangiovanni) e altri quattro sono inediti: Evviva! (con Jovanotti), Anna della porta accanto, Un milione di piccole tempeste, Stasera gioco in casa. Contestualmente, Morandi tornerà dal vivo con Go Gianni Go!, il tour nei palasport a partire dal 10 marzo e andando a esibirsi a Rimini, Milano, Firenze, Roma, Bologna, Torino, Ancona, Bari e Eboli. «Per ora ci fermiamo lì, vediamo poi se ce la faccio ad andare avanti. Sangiovanni ci sarà al Forum e Lorenzo chissà, magari si unisce in corsa».

L’incontro con i giornalisti è stato l’occasione anche per tracciare un personale bilancio dell’ultimo Festival e parlare di altro. «È andata talmente bene che ripetersi è difficile. Non penso che Amadeus mi richiamerà per affiancarlo, ha sempre idee nuove e troverà la maniera migliore per chiudere il suo quinquennio. Una ipotesi potrebbe essere il tornare in gara, mi piace saltare dentro e fuori. Ci sono andato anche l’anno scorso. Finché non diranno “che due maroni”…». Condurre da solo? «No, impossibile, bisogna saper fare anche un passo indietro. È tornato a essere il palco più importante d’Italia, si stanno riavvicinando i grandi artisti, per cui ci vogliono novità».

Le sua più grande soddisfazione è stato l’omaggio a Lucio Dalla. Proprio sul collega, scomparso il 1° marzo 2012 e di cui domani cadranno gli 80 amni dalla nascita, Morandi si è lasciato andare ai ricordi: «Ci siamo conosciuti nel ‘63, lui suonava ancora il clarinetto. All’epoca faceva grande fatica, io ero primo al Cantagiro e lui ultimo. Poi le cose si sono rivoltate». Altri ricordi, poi, dedicati a un altro grande Lucio, come Battisti: «Mi mandò una canzone, la ascoltai, ma era un mondo un po’ diverso dal mio. Lui mi disse: “Vabbè, me la canto da solo”. Abbiamo fatto un Cantagiro insieme nel ‘68, lui con Balla Linda e io con Chimera. È stato un grandissimo artista».

Sempre a proposito di Battisti ha anche ricordato la battaglia legale tra Mogol e la moglie del cantautore per portare le canzoni dei due sulle piattaforme digitali e quindi a disposizione dei più giovani: «Ho sostenuto Mogol, aveva ragione. Non so cosa intendesse sua moglie. Ma noi ci siamo schierati e mi sembra che si sia risolta. Quando ha smesso di esibirsi (Battisti, nda) non l’ho capito, la parte migliore di noi è cantare in giro. Se mi dicessero di stare a casa mi dispiacerebbe. Non se sono rimbambito, ma finché qualcuno compra il biglietto vado avanti. Abbiamo un altro tipo di carattere, ma posso capirlo. Anche Mina si è fermata per la pressione, ma un cantante se non canta cosa fa? Io non sarei capace».

Morandi è stato sollecitato ad esprimersi sul ruolo degli artisti nella società e ha risposto come sempre nel suo modo scanzonato: «Cantare belle canzoni, qualsiasi tema trattino. Far sorridere le persone che ascoltano. Ho avuto l’esperienza di C’era un ragazzo che come me amava i Beatles e i Rolling Stones, una canzone contro la guerra, allora del Vietnam, ci fu furono interrogazioni parlamentari, la cancellazione dalle radio. Non so se si possono lanciare tanti messaggi, ma la musica fa compagnia, fa bene alla salute, è un linguaggio col quale si comunica con tutti».

Ma poi, sempre a suo modo, ha chiarito che oggi quel brano si schiera nettamente da una parte e non dall’altra, in relazione alla guerra in Ucraina: «Sono stato premiato in Russia perché cantavo a favore della pace e ora le cose si sono rivoltate. Questa canzone oggi è contro di loro, il paese aggressore è la Russia. La canto volentieri e penso alla guerra, perché in passato mi sono esibito a Mosca e Kiev e non posso pensare che noi stiamo qui a non dire niente». Alle ultime primarie del PD non aveva un candidato preferito: «Sono contento che ci siano due donne a guidare i due partiti più importanti del paese, come Giorgia Meloni e Elly Schlein. Lei ha un bel curriculum, è partita da lontano. La gente ha scelto lei e va bene. Bonaccini lo conosco, ma bisogna rispettare il parere delle persone».

E ancora, ha ripercorso alcuni momenti della sua carriera, anche difficili: «A due anni esatti dall’incidente alla mano, che non riesco ancora a chiudere bene, devo dire che mi ha ridato la voglia di cantare. In questi sessant’anni ho passato dei periodi straordinari ma anche momenti non bellissimi, dagli anni ’70 agli ’80. Non mi chiamava nessuno. Contano il carattere e la fortuna». Dopo tanti anni, inoltre, si è liberato anche dal peso di un brano che sembrava averlo ingabbiato: «Quando andrò in Paradiso, perché penso di andarci, metteranno in sottofondo Fatti mandare dalla mamma. Ne ho fatte tante, ma di quella si ricordano tutti. Mi fa impressione sentirla cantata ancora oggi dai bambini. Per un periodo mi angosciava, l’avevo eliminata dai concerti e la gente ci rimaneva male. Se non lo cantavo io la cantavano loro. Adesso mi ci sono abituato».

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