Jeans stretti, maglietta bianca, giubbino di pelle e immancabile cappello in testa. James Bay si presenta così al nostro appuntamento in un hotel di Milano. Ventiquattrenne inglese salito alla ribalta con il singolo Hold Back The River, in tasca un contratto con la Republic Records ottenuto grazie a un cliccatissimo video girato a un suo concerto e pubblicato su YouTube e ora anche un Critics’ Choice Award come promessa del 2015, riconoscimento che ha aperto la strada al fenomeno Adele, per intenderci.
È una nuova stella del pop? Di certo il ragazzo ha tutte le carte in regola per diventarlo, incluso un album che uscirà il 24 marzo, Chaos and The Calm, che è una carrellata di potenziali hit. Ma chi è James Bay? Innanzitutto «quello col cappello»: «Ne ho un altro a casa, ma questo è l’unico che metto», confida. «L’ho preso a Nashville, dove ho registrato il disco, e da allora non l’ho più tolto, è un po’ il mio segno distintivo».
Raccontami di te, come ti sei avvicinato alla musica?
Merito dei miei genitori, quando ero piccolo avevamo spesso la radio accesa in casa, io in realtà passavo il tempo sui videogiochi, ma intanto ascoltavo. In particolare mia mamma amava il soul, gli artisti della Motown, così sono cresciuto con le canzoni di Aretha Franklin, Stevie Wonder, Ray Charles, mentre mio padre era più per il rock’n’roll, per i Rolling Stones e Bruce Springsteen.
Il video di “Hold Back The River”:
La tua prima volta con la chitarra?
Avevo 11 anni, fino a quel momento la mia era stata la classica vita da bambino, fatta di giochi e sport, poi un pomeriggio ho sentito per caso Layla dei Derek and the Dominos, band di cui faceva parte anche Eric Clapton e… Cavoli, che riff! Ho iniziato a chiedermi come si suonava, così ho preso una vecchia chitarra che stava da tempo nella stanza degli ospiti: era di mio zio che dato che non la usava mai l’aveva ceduta a mio padre, che a sua volta non l’aveva mai nemmeno sfiorata, e insomma, sono arrivato io, chissà, forse era lì per me. Aveva le corde rotte, l’ho sistemata e da lì è cominciato tutto.
Hai detto che scrivere una canzone è un processo doloroso, che cosa intendevi?
Ero sarcastico… Vedi, scavare dentro se stessi, scrivere delle proprie emozioni più intime, può prendere moltissimo tempo. Magari hai in testa una musica, ma non trovi le parole per quella musica, ed è estremamente frustrante. Per non parlare di quando butti giù un testo che non ti convince perché ti rendi conto di non essere stato abbastanza onesto, e per me l’onestà è fondamentale, non riesco a cantare cose che non mi appartengono.
James Bay suona “Let It Go” al Late Night with Seth Meyers:
La tua prima canzone?
Non so se è stata la prima, ma di sicuro una delle prime l’ho scritta osservando un bambino di tre anni che viveva nella casa adiacente a quella della mia famiglia. Lo vedevo dalla finestra, i suoi lo mettevano sempre a letto presto, verso le 7 di sera, esattamente l’ora in cui iniziavo a suonare, nei weekend andavo avanti anche per tutta la notte. Un giorno mi presi una strigliata da suo padre, mi disse di smettere che suo figlio stava cercando di dormire. Ci scrissi su un brano, contro chi ti dice che cosa puoi fare e cosa no.
Nel tuo disco in uscita, Chaos and The Calm, si sentono echi dei Coldplay e certi pezzi ricordano James Blunt: che ne pensi?
I Coldplay un tempo li detestavo! Da adolescente c’è stato un periodo in cui andavo matto per il blues, mentre tutti i miei amici impazzivano per i Coldplay. Io li trovavo noiosi, ma verso i 21 anni, a furia di sentirmi dire che erano fighi, decisi di dargli un’altra chance, mi ascoltai di nuovo Parachutes ed è finita che me ne sono innamorato. Quindi sì, nel disco c’è qualcosa dei Coldplay. Quanto a Blunt, non l’ho mai ascoltato, per alcuni brani, i più romantici, mi sono ispirato, piuttosto, a Damien Rice.
James Bay suona “If You Ever Want To Be In Love”:
La pittura che ruolo ha in tutto questo? So che è un’altra tua passione.
Pensa che da bambino sognavo di diventare un illustratore! Ora è un hobby, l’ultimo dipinto che ho realizzato è un ritratto di uno scrittore americano che mi ha ispirato tantissimo, James Baldwin, è morto alcuni anni fa, ha un viso davvero interessante. In questo momento mi manca il tempo, ma disegno comunque sempre, faccio dei bozzetti sui block-notes, hai presente?
Vai per i 25, stai conoscendo la notorietà, cosa ti piacerebbe comunicare a chi ti segue e ha la tua stessa età?
Ai miei coetanei vorrei chiedere di staccarsi un po’ dal cellulare. Ai concerti vedo tutta questa gente che scatta foto, gira video: il mio consiglio è di mollare il telefonino e godersi il momento. Perché è assurdo, vai a vedere un artista suonare o a fare delle foto da mettere online? Non si può vivere una vita vera su Internet. Dopodiché suggerirei a tutti di comprare i dischi, non importa se vinili o cd, ma comprateli, perché c’è una grande differenza tra ascoltare un mp3 e tenere un disco tra le mani, toccarlo, ascoltarlo, è un’esperienza bellissima alla quale la mia generazione non dovrebbe rinunciare.
Ok, allora dicci l’ultimo album che hai comprato.
Vediamo, ne ho presi parecchi. Uno di Feist, sono un suo grande fan, ma non avevo ancora il suo primo album, così l’ho acquistato. Poi uno delle Staves, tra ragazze che fanno folk, molto brave, e un altro di Blake Mills, giovane chitarrista californiano, sta venendo fuori adesso, tenetelo d’occhio.