James Senese sta per arrivare al traguardo dei 50 anni di carriera: mezzo secolo che ha segnato la storia di Napoli e, in generale, della musica in Italia. Con Napoli Centrale ha portato in Italia un miscuglio in chiave jazz del prog e del rock anni ’70, attraverso una formula inedita.
Com’è stare ancora sul palco dopo tutto questo tempo?
Era quello che volevo! Arrivare a questo livello dopo tanti anni di carriera, resistere anche a questo sistema, è un grande privilegio.
Parli di resistenza, quante difficoltà hai trovato?
Tante, tante. Napoli Centrale è l’unico gruppo che non si è mai arreso, il nostro linguaggio è andato sempre avanti, abbiamo sempre fatto quello che dovevamo fare, anche cavalcando le mode, a volte. Quando sento la musica che faccio, confrontandola con quello che c’è intorno a noi, è molto avanti. È una musica che non ha confini.
Nel bene e nel male la tua figura è sempre stata un po’ “fuori posto”…
È stata una fortuna e una sfortuna, sì. Il nero si vede sempre (ride). Ma ho sfruttato questo per anticipare i tempi.
Com’è ora il tuo rapporto con Napoli?
Il rapporto è sempre ottimo, anzi. Forse ora è migliorato perché hanno capito che Napoli Centrale è ed è stata importante, ha creato qualcosa di positivo per tutti, non solo in città, ma anche per il Sud e per tutta l’Italia.
Cosa ascolti nel tempo libero?
Ascolto sempre i grandi, quelli che non muoiono mai: Coltrane, Miles Davis, e i grandi gruppi rock, gli Stones, i Beatles. È il bagaglio che ho dentro di me, oltre alla musica della tradizione napoletana e americana.
Com’è cambiata Napoli musicalmente?
Tutto quello che succede a Napoli ben venga! Ma non credo che niente abbia mai superato il linguaggio di Napoli Centrale. Ci sono delle piccole novità e finiscono là perché seguono troppo le mode. Napoli Centrale è una stella diversa, è un mondo diverso da quello che ascoltiamo tutti i giorni.