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Jimi Hendrix prima della leggenda

Nei primi anni della sua carriera Jimi andava in giro con la chitarra conservata in un vecchio sacco di patate. Ha registrato con Little Richard, Isley Brothers e altri: ecco i 10 brani più belli

Prima di entrare nella leggenda Jimi Hendrix era un umile strumentista, suonava in varie studio sessions e in alcune backing bands del cosiddetto Chitlin’ Circuit. Era la prima metà degli anni ’60 e dopo il congedo dall’esercito l’opportunità di suonare con maestri come Little Richard, King Curtis e gli Isley Brothers era un utile apprendistato – anche se decisamente poco glamour. Jimi ha sempre parlato di quegli anni con poco entusiasmo, il lavoro era poco e «riuscivamo a suonare dal vivo un paio di volte al mese, se andava bene. Dormivamo in questi palazzoni, era un inferno. I ratti ti camminavano sul torace, gli scarafaggi ti rubavano l’ultima caramella direttamente dalle tasche».

Nonostante tutti i problemi, però, Jimi aveva una grande determinazione, come scriveva in una lettera spedita al padre. Era sicuro che il suo destino sarebbe stato la musica. «Ho sempre con me la mia chitarra e l’amplificatore, e finché sarà così andrà tutto bene. So che potrei finire in situazioni peggiori, ma continuerò a lottare per cambiare le cose, come sono sicuro che succederà». Oggi sarebbe stato il suo 75esimo compleanno, e ci è sembrato giusto celebrare la grandezza di Jimi Hendrix riascoltando la musica del suo battesimo di fuoco.

“Testify” The Isley Brothers (1964)

Alla fine del 1963 Jimi viveva a Nashville e suonava con un gruppo chiamato King Kasuals. A un certo punto un talent scout consiglia di cercare fortuna nella Grande Mela, ma la band era scettica. Jimi, invece, era ambizioso, e scelse di provare a conquistare New York City. I primi tempi furono durissimi: impegnava la chitarra per sopravvivere e anche dopo aver vinto un contest – il premio erano 25 dollari – all’Apollo Theater, non riusciva a vivere decentemente, passava le sue giornate nei dintorni del club del posto, pregando per una jam con le band locali. È in uno di questi locali, il Palm Café, che ha incontrato Lithofayne “Faye” Pridgon, una ragazza del giro che era uscita con Sam Cooke. Hendrix era la sua nuova conquista, ed è grazie a lei che ha trovato un letto dove dormire e un biglietto d’ingresso per il mondo musicale di Harlem.

Durante l’inverno del 1964 Jimi cattura l’attenzione di Tony Rice, uno dei membri del clan degli Isley Brothers. «Tony diceva di aver visto questo ragazzino – aveva 16 anni -, un chitarrista incredibile che suonava indifferentemente con entrambe le mani», ha detto Ron Isley nel documentario Becoming Jimi Hendrix. «Gli ho detto che non poteva essere così bravo e gli ho elencato i nomi dei chitarristi che avremmo voluto nella band. Mi ha detto che era meglio di tutti quei nomi messi insieme».

Jimi si è presentato alle prove con tutto quello che aveva, infilato a forza in una custodia per chitarra altrimenti vuota. Dopo essersi fatto prestare una sei corde, ha cominciato a suonare tutte le hit pubblicate dalla band: alla fine del pomeriggio era uno di loro. «Non aveva un posto dove andare, quindi si è fatto ospitare da mia madre», ha detto Ernie Isley. «Gli hanno comprato una chitarra nuova, e ha detto: “Wow! Ho una chitarra e suono con gli Isley Brothers. This is everything!”».

Dopo alcuni mesi on the road, la band si è rinchiusa in uno studio di New York City per registrare un nuovo singolo. Il risultato fu Testify, qualcosa di diverso da tutto quello che avevano inciso fino a quel momento: un gospel di oltre sei minuti dove i riff di Hendrix battagliavano con la sezione di fiati. Il brano non ebbe grande successo, e poco dopo Hendrix lasciò la band. Sono sempre rimasti in ottimi rapporti, e Jimi diceva sempre di fargli avere le registrazioni di quelle incisioni: «Era allarmato, “Se ho suonato male fatemelo sapere, così torno e rifaccio tutto da capo”», ha detto Ron Isley. «Gli ho detto di non preoccuparsi. Jimi non ha mai suonato male, mai».

“Mercy, Mercy” Don Covay and the Goodtimers (1964)

Nella primavera del 1964 il tour con gli Isley Brothers faceva tappa a Seattle, dove Jimi si è ritrovato con una sua vecchia fiamma. L’incontro deve aver influito sulla sua decisione di passare la notte lì: ha promesso alla sua band che li avrebbe raggiunti in tempo per la prossima serata del tour. «Gli abbiamo detto di sì perché eravamo convinti che sapesse dove avremmo suonato», ha detto Ron Isley. «Non l’abbiamo visto per una settimana. Si era fatto rubare la chitarra».

In mezzo a tutto quel caos Jimi ha deciso di tornare nel suo appartamento di Gotham, dove si è imbattuto in un cantante di nightclub chiamato George “King” Clemons. I due sono diventati amici, e Clemons gli ha subito chiesto se voleva registrare un pezzo con Don Covay, un pezzo grosso della scena R&B. «Io e Jimi abitavamo nello stesso palazzo, e Covay veniva spesso nei club di Harlem per trovare gente da usare nei suoi dischi, singoli che voleva vendere all’Atlantic», ha detto Clemons più avanti. Il 18 maggio sono andati negli A-1 Sound Studios per registrare Mercy, Mercy, un brano che sarebbe diventato un classico del soul e la prima apparizione di Jimi nella classifica Billboard. Jimi è rimasto affezionato a quel brano, lo suonava sempre nei concerti con Curtis Knight, Jimmy James e i Blue Flames, e anche in alcune date del primo tour francese con la Jimi Hendrix Experience.

“I don’t know what you’ve got but it’s got me” Little Richard (1965)

Alla fine del 1964 Hendrix lasciò gli Isley Brothers. «Era diventato noioso», ha ammesso nel 1967. «Mi ero stancato di suonare tutto il tempo dietro altra gente. Ho lasciato il gruppo dalle parti di Nashville». Subito dopo si è unito in quella che ha descritto come “un gruppo R&B impacchettato per conquistare la top 40”. La produzione l’ha messo in contatto con un’armata di soul star: «Eravamo in tour con B.B. King, Jackie Wilson e Sam Cooke… Suonavo la chitarra in un sacco di band, poi mi sono perso a Kansas City, avevo dimenticato di prendere il bus».

Bloccato in Missouri senza soldi né un modo per sopravvivere, Hendrix si è fatto aiutare dall’amico e collega George Odell, che gli ha trovato un lavoro nella backing band di Little Richard. «Gli ho detto che bastavano 150 dollari per recuperare la sua chitarra e l’ampli dal banco dei pegni. Mi hanno pagato e gli ho presentato Jimi. All’inizio non voleva andare in tour con Little Richard, era impegnato con Sam Cooke». Dopo un po’ di tentennamenti – e la tragica morte di Cooke a dicembre – Jimi ha infilato la chitarra in un vecchio sacco di patate, è salito su un bus ed è andato a incontrare Richard ad Atlanta.

Ha iniziato a suonare con la sua band l’anno successivo, usava lo pseudonimo Maurice James. Richard era sbalordito, ma la sua ammirazione si è presto trasformata in risentimento perché Jimi, con le sue performance incredibili, gli rubava il centro della scena. «Era lui la star dello show», ha detto più avanti. «Il pubblico urlava e pensavo fosse per me, ma in realtà erano tutti per Jimi! Facevo abbassare le luci… quel tizio suonava la chitarra con i denti!»

L’estate successiva sono entrati in studio per registrare alcuni brani. Il più riuscito era una ballad scritta da Don Covay, I Don’t Know What You’ve Got but it’s Got Me.

“Shotgun” Buddy and Stacey (1965)

Il carrozzone di Little Richard è passato da Nashville a luglio 1965, e per Hendrix si è presentata l’occasione della prima apparizione televisiva, in una trasmissione locale chiamata Night Train. Richard non si è presentato, lasciando il centro della scena a Buddy Travis e Stacey Johnson, che hanno suonato una cover di Junior Walker & the All Stars, Shotgun. È impossibile non notare Jimi sullo sfondo, suona la sua Fender con lo stile esagerato che l’avrebbe reso famoso negli anni successivi.

La relazione con il resto del gruppo, però, si era ormai incrinata. «Little Richard era la star, punto», ha detto Hendrix più avanti a Melody Maker. «Il re del Rock & Rhythm: lui era questo. E diceva che era l’unico ad avere diritto di essere bello, si lamentava delle magliette che indossavo». Hendrix e Richard si sono separati poco dopo la registrazione per Night Train, ma le circostanze sono rimaste avvolte nel mistero. In una lettera scritta al padre, Hendrix dice che «Richard non ci ha pagato per sei settimane, e non puoi vivere di promesse. Ho dovuto uscire da quel casino». L’entourage di Richard racconta una storia diversa – Jimi è stato licenziato, perdeva tempo con le ragazze ed era sempre in ritardo -, ma il musicista l’ha sempre ricordato con affetto. «Jimi era il miglior chitarrista con cui io abbia mai suonato. Nessuno si è mai avvicinato».

“I’m Sorry for You” Frank Howard and the Commanders (1965)

Nonostante molti siano convinti che questo brano sia stato registrato nel 1963, prima del viaggio a New York City, I’m Sorry for You risale ai giorni successivi alla separazione con la band di Little Richard, nel 1965. Tutte le ricostruzioni, comunque, raccontano che Hendrix ha suonato grazie all’invito del suo vecchio compagno d’armi Billy Cox, che aveva scritto un paio di brani per Frank Howard. Le session sono state prodotte dall’influente dj Bill “Hoss” Allen, uno dei pochi a non aver apprezzato le doti del giovane Hendrix. «Voleva che suonasse un semplice riff su cui Johnny Jones avrebbe fatto un assolo, ma non gli piaceva cosa faceva Jimi e l’ha tagliato fuori», ha detto Howard in Becoming Hendrix. «Non gli piaceva quando i musicisti sperimentavano nelle sue session. Qualche anno dopo mi ha detto che se avesse saputo che Jimi sarebbe diventato famoso, gli avrebbe lasciato fare tutto quello che voleva».

“Hornet’s Nest” Curtis Knight and the Squires (1966)

Hendrix ha passato l’estate del 1965 senza suonare. Poi, il 27 luglio, ha firmato un contratto con Sue Records – la casa di Ike & Tina Turner e Baby Washington -, ma non ha registrato nemmeno una nota. È tornato a suonare con gli Isley Brothers, ma sapeva che sarebbe stata una soluzione temporanea. Le sue fortune sono cambiate a ottobre, quando ha conosciuto Curtis Knight all’Americana Hotel di New York City. Il frontman degli Squires si è trovato subito a suo agio con il giovane chitarrista, e il giorno dopo erano già a jammare nello Studio 76 gestito da Ed Chalpin. La Jazzmaster di Hendrix era, come sempre, al banco dei pegni, e Knight gli ha prestato una Danelectro con cui ha registrato How Would You Feel, un brano che ammiccava all’ultima hit di Bob Dylan, Like a Rolling Stone.

Chalpin ha subito offerto a Hendrix un contratto: avrebbe suonato e composto per lui, in esclusiva, per i tre anni successivi, in cambio di un dollaro e dell’1% sui diritti d’autore. Hendrix, alla ricerca disperata di un’opportunità, ha firmato senza nemmeno leggere. «Avrebbe accettato qualsiasi cosa, erano sufficienti un dollaro e una matita», ha detto più avanti Faye Pridgon. A Jimi non sembrava un problema aver già firmato per Sue Records, e la mossa creerà diversi problemi nel futuro, soprattutto perché Chalpin ha pubblicato tutte le sue registrazioni dell’epoca in compilation “senza scrupoli”. Nonostante tutto, però, l’esperienza gli ha permesso di comparire per la prima volta come arrangiatore e, poco dopo, come compositore dello strumentale Hornet’s Nest.

“Suey” Jayne Mansfield (1966)

La collaborazione più bizzarra del primo Hendrix è sicuramente quella con la star dei b-movie Jayne Mansfield. La cosa più strana è che Jimi non ne ha mai parlato in nessuna intervista, e c’è ancora qualcuno che si domanda se sia davvero lui a suonare sul brano. Certo, potrebbe benissimo essere che Hendrix si sentisse imbarazzato dalla canzone, con tutte quelle frasi recitate – “It makes my liver quiver” e “It makes my back crack” – da Douglas Henderson. Chalpin sostiene che Hendrix abbia suonato la chitarra e il basso di Suey; il produttore è famoso per aver fatto cantare artisti su tracce strumentali di altri gruppi – ma mai pubblicate -, quindi è possibile che Hendrix non sapesse dell’esistenza di questo brano.

“Help Me” Ray Sharpe with the King Curtis Orchestra (1966)

King Curtis e i suoi Kingpins aprivano i concerti dei Beatles durante il tour americano dell’estate del 1965, ed è in questo periodo che la loro strada ha incrociato quella di Hendrix, che all’epoca era appena tornato a suonare con gli Isley Brothers. Hendrix ha subito fatto amicizia con il gruppo, e si ritrovavano spesso a suonare nella stessa camera d’albergo. A gennaio è stato invitato dalla band per registrare agli Atlantic Studios di New York: la prima traccia che hanno inciso era Help Me, un super blues che ricordava alcuni passaggi di Gloria dei Them. La traccia strumentale ha poi avuto una carriera tutta sua: la star proto-reggae Owen Gray l’ha usata quello stesso anno, e nel 1967 è diventata la base per Save Me di Aretha Franklin. Hendrix ha registrato altri tre brani con il gruppo, ma le registrazioni sono andate perdute in un incendio.

“(My Girl) She’s a Fox” The Icemen (1966)

Subito prima della svolta con la sua Experience, Jimi Hendrix ha registrato il meglio della sua “prima” carriera musicale con il virtuoso del sassofono Lonnie Youngblood e i suoi Squires. «Ho chiesto a Jimi e un altro paio di ragazzi di fondare un gruppo, e mi hanno detto di provarci», ha detto Youngblood. «Abbiamo iniziato a suonare con il nome di Blood Brothers. Io ero un tipo intraprendente e volevo subito registrare qualche singolo». E così è successo agli Abtone Studio di New York, con la supervisione dell’impresario locale John Brantley. Uno dei brani più interessanti di quelle session è (My Girl) She’s a Fox, un pezzo scritto dai Poindexter Brothers e pubblicato dalla band con il nome The Icemen.

“Keep the Faith, Baby” Lenny Howard (1966)

Un po’ come aveva già fatto Ed Chalpin con le session registrate con King Curtis, John Brantley aveva l’abitudine di riutilizzare vecchi strumentali per brani nuovi. Quello pubblicato con il titolo Keep the Faith, Baby e cantato da Lenny Howard, è una delle cinque versioni di uno stesso strumentale, registrato da Hendrix e gli Youngblood con il titolo di Wipe the Sweat. C’è anche una versione con il cantato, la prima registrazione della voce di Hendrix. Il brano non è uscito se non dopo l’esplosione globale del chitarrista, che già all’epoca progettava un percorso diverso dal passato. «Jimi ha cambiato modo di pensare. È cambiato proprio mentre suonava con noi, sono testimone della sua trasformazione. L’ho visto iniziare come un chitarrista R&B, blues, e amava quella musica. Ma dopo un po’ non la sentiva più sua».

Hendrix era consapevole di quello che stava succedendo. «Non riuscivo più a vedermi nelle retrovie, con quelle scarpe di pelle e il taglio di capelli coordinato», ha detto. «Nessuno suonava cose nuove, ero annoiato fino alla morte. Volevo la mia scena, la mia musica. Ho capito che potevo creare un mondo nuovo con la chitarra elettrica, aveva un suono inimitabile».

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