«Sento il dovere di scrivere queste righe aver assistito al Select Committee for Music Streaming del 24 novembre 2020». Inizia così il post con cui Jimmy Page dei Led Zeppelin prende posizione nel dibattito in corso in Gran Bretagna sullo streaming. «Spero venga presto il momento in cui le società di streaming remunereranno in modo equo i musicisti che ascoltiamo e vediamo su internet».
Page si riferisce a una seduta del comitato parlamentare Digital, Culture, Media and Sport che nel Regno Unito sta esaminando l’impatto economico dello streaming sui musicisti e in particolare il funzionamento del business model di piattaforme come Spotify e Apple Music. Nel 2019 sono state ascoltate 114 miliardi di canzoni in streaming nel Regno Unito, ma solo il 13% dei ricavi sono finiti nelle tasche dei musicisti.
I numeri diffusi negli Stati Uniti indiacno che lo streaming funziona solo per l’1% degli artisti, quelli cioè in grado di fare grandi numeri. Le piattaforme non hanno colmato il gap che separava grandi e piccole produzioni, lo hanno allargato.
Nel dibattito è intervenuto Guy Garvey degli Elbow che si è detto preoccupato del fatto che i musicisti non riescono a pagare l’affitto. Secondo Nadine Shah i musicisti hanno paura ad esprimersi per non inimicarsi le piattaforme, per Tom Gray dei Gomez il pericolo è essere estromessi dalle playlist. Uno dei problemi secondo Ed O’Brien dei Radiohead è che i musicisti farebbero gratis il loro lavoro, un fatto da cui il sistema trae vantaggio.
Il comitato sta esaminando anche il modo in cui le playlist influenzano le abitudini di ascolto, le ricadute dello streaming su case discografiche e negozi di dischi, l’impatto della pirateria, l’esistenza di modelli di business alternativi.