«Quando avevo 11 o 12 anni, ascoltavo A Tribe Called Quest, i Mobb Deep, tantissimo hip hop». E forse non lo diresti di Jordan Rakei, 25 anni, nato in Nuova Zelanda e ora fisso a Londra (via Australia), che arriva a settembre con il suo secondo disco Wallflower.
Il primo su Ninja Tune («Un sogno, hanno pubblicato praticamente tutti i miei album preferiti degli ultimi cinque anni»). «Con questo disco ho cercato di avvicinarmi il più possibile alle persone, per farle connettere facilmente. C’è sempre molta intimità, nella mia musica».
Jordan Rakei è uno tra i tanti portabandiera di una “new wave UK”, come la definisce lui, che prende in prestito i cantanti del passato attingendo dal mondo soul, «e io sono solo contento, perché l’ho sempre fatto». Però, in mezzo a tanti buoni sentimenti, c’è spazio anche per la politica, dalla Brexit in poi.
«Molti giovani ne parlano, lo vedi ovunque sui social. Se sei un artista, non puoi fare a meno di parlare di certe cose. Pensa che io l’ho sempre fatto, già nei dischi passati affrontavo temi connessi con il potere e la politica, anche se ero molto giovane. Adesso sembra essere diventato un tema mainstream».