La Lovegang è l’unica crew italiana di trap ad aver ragione d’esistere. E questo perché ha superato il concetto di trap. Ketama126, Pretty Solero, Carl Brave, Franco126, Drone126, ASP126, Ugo Borghetti. Segnatevi i nomi, cercateli su YouTube e sui vari store digitali. Annegateci.
Perché Lovegang è la trap, proiettata nel futuro, rimasticata in altri linguaggi.
Se Young Signorino era andato casualmente oltre il valore del significato negli slanci fonetici dada di Mmh Ha Ha Ha, Ketama126, nel suo ultimo lavoro Rehab, supera sessant’anni di integralismo cantautorale portando il significato del testo ad una dimensione esplicitamente ed ironicamente vacua, ‘parlo sempre di droga perché non facciamo altro / non ho contenuti perché sono vuoto dentro’. Qui Ketama fa il giro. È futuro. Dichiara l’assoluta futilità della parola liberandoci da decenni di asfissia pseudopoetica.
La dichiarazione è fortissima: il contenuto è superfluo. È una provocazione futurista, una gigantesca presa di coscienza che si sposa con una gigantesca presa per il culo. È esplicitazione della contemporaneità, ritratto fantastico dell’oggi. Sono nulla, quindi non chiedermi di parlare di qualcosa di serio. ‘Non ho contenuti perché sono vuoto dentro’ è una frase che nuota nel contenuto. Un po’ come trollare un pentastellato su Facebook.
Dall’altra parte la coppia Carl Brave x Franco126 ha rivoluzionato il linguaggio indie-rap con un vocabolario romanaccio street/middle class fatto di Enjoy, Mastercard, mezzi biglietti dell’ATAC: un clash tra lo stornello romano e Class di Francesco Pacifico. Un uragano che ha permesso l’esplosione di artisti come Frah Quintale e Coez che fino a quel momento faticavano a raggiungere un grande pubblico, sposando la melodia pop della nuova scena indie, al linguaggio tipicamente rap.
E poi Pretty Solero che, nel suo disco Romanzo Rosa, ribalta tutta la concezione del trapper cattivissimo e violentissimo a favore di una morbida estetica di frasi di zucchero, sentimentalismi e grande voglia d’amore: in una parola, LOVEgang.
Ciò che contraddistingue umanamente la Lovegang è questo senso di appartenenza d’ispirazione ASAP Mob. Un legame che nasce nelle strade di Roma e si localizza nella scalinata dei 126 gradini che separa Trastevere da Monteverde, manifestandosi continuatramente tra featuring e supporto reale e social (seguite le stories dei singoli artisti per capire cosa si intende). È palese: la Lovegang è l’unica vera gang italiana contemporanea.
L’unica in grado di capire il valore della radici cittadine, del supporto amicale reciproco, aiutandosi e stimolandosi in una costante crescita (l’evoluzione di Ketama126 da Oh Madonna a Rehab o quella linguistica di Franco126 da Polaroid ai suoi ultimi feat nei dischi di Ketama126 e Pretty Solero). In un certo modo ricordano i tempi d’oro di Dogo Gang, la crew milanese che ruotava intorno ai Club Dogo e che a metà Duemila ha favorito l’esplosione di Marracash. Lovegang è trap, indie-rap, post-rap, post-trap. Ha così tante sfaccettature sonore da portarti a saltare da un disco all’altro (perché, tra l’altro, sono iperprolifici) senza sosta, in un Inception musicale continuo.
Ok, lo sappiamo e lo abbiamo capito, ogni anno è l’ultimo anno della trap. Lo ripetono addetti ai lavori, musicisti di altri ambienti, haters. Eppure questa morte viene continuamente rimandata. La Lovegang è, comunque, il next step. Per parlare in linguaggio trap, Lovegang è l’iPhone X quando tu hai ancora il 6S. E puoi anche dire che dell’iPhone X non ti frega cazzi, ma rosichi un botto con il 6S che fa foto di merda e ti rovina il futuro da instagrammer.
Il primo futuro della trap è in mano ad un gruppo di amici di Trastevere che si sbronzano assieme nel giardinetto di casa per poi chiudersi in studio a sfornare dischi. E questo futuro punk, ampiamente autoprodotto, è fottutamente fresh. Long Live Lovegang!