Quando ho detto ai Joe Victor che il loro disco mi sembrava una di quelle compilation che si mettono a fine serata, per fare felici gli ubriachi, mi aspettavo quantomeno le solite parole di circostanza che i musicisti usano per dare spessore ai loro lavori più caciaroni. Niente a che vedere con il «Boom! Pazzesco zì» di Gabriele, che mi ha raccontato la genesi di Night Mistakes.
«Volevamo scrivere il disco perfetto per tirare su le feste che durano troppo. È dedicato a chi veniva ai nostri primi concerti, dove suonavamo fino all’alba», mi racconta, «sarebbe bello fare ancora concerti così, magari in segreto». Per chi ha vissuto fuori dal G.R.A.: i Joe Victor nascono come resident band di alcuni locali romani, dove suonavano a orari assurdi; dopo qualche anno pubblicano il primo disco e partono in tour, fino al palco dello Sziget.
Night Mistakes è un drunk album dalla faccia pulita, con una scrittura schizofrenica che va dagli Chic a Una giornata uggiosa. Basta ascoltare Disco Folk Genial, un manifesto di assurdità in inglese e francese. I testi sono un museo di freak e stramberie, un autoritratto scanzonato di chi ha fatto di quelle serate una routine. «I colleghi romani parlano della nostra generazione in senso sociale», mi dice Gabriele, «io mi sono concentrato sul fatto che siamo tutti alcolizzati»