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La piacevole vacanza italiana di Thom Yorke

Le date di Firenze e Milano sono state come un weekend per lui, e si sa che nel weekend si dà sempre il meglio.

Fonte: Fabrique

Fonte: Fabrique

Rispondendo a un fan su Reddit, Thom Yorke ha detto che determinare se una canzone andrà ai Radiohead o a uno dei suoi progetti solisti (tipo Atoms For Peace) fa parte di una “zona grigia, che sta diventando sempre più grigia”. Come se nemmeno lui sappia cosa farne sulle prime, e in ogni caso scegliere il destinatario provoca un qualche tipo di fastidio. A Thom e i suoi non piacciono le formalità, le etichette, né tantomeno l’incensare e incensarsi.

Lo si capisce guardando i fatti, tipo il secco no alla nomina dei Radiohead nella Rock And Roll Hall Of Fame («Noi britannici non siamo molto bravi a celebrarci» aveva commentato la band. «Al nostro posto dovrebbe esserci Dr. Dre») oppure il fatto che per un annetto abbondante gli Atoms For Peace nemmeno hanno avuto un nome. Thom suona e basta, figurati lo scazzo che aveva di dare un nome alla band. Per cui i promoter dei festival dovevano improvvisare, scrivendo dei generici “Thom Yorke” o addirittura “??????” sulle line up. Tipiche yorkate, che si tratti di band o solista.



Eppure c’è qualcosa in Eraser o Tomorrow’s Modern Boxes—non sto dicendo nulla di nuovo ai fan—che nei Radiohead manca. È quella cosa che ti prende il venerdì, quell’impulso a staccare il sistema centrale dalle periferiche, lasciando attivi giusto quei nervi che servono per muoverti a tempo. Thom Yorke da solista è un Thom Yorke in pieno weekend. È il frontman di una band importantissima, una band che normalmente suona negli stadi, ma che ora è partito in vacanza con un suo amico, Nigel Godrich, e andare per club, a ballare. Un eurotrip iniziato saggiamente in Italia, prima data a Firenze e seconda ieri sera al Fabrique di Milano, e che continuerà fino a giugno passando per Berlino, Amsterdam e vari altri posti dove è facile trovare weekend che durano tutta la settimana.

Ed è sotto gli occhi di tutti l’entusiasmo che Nigel e Thom ci mettono sul palco. Ballano, anche in maniera un po’ scoordinata ma limpida. Si dimenano mentre alle loro spalle dei giganteschi proiettori generano particelle, forme e colori che già da soli meriterebbero il prezzo del biglietto. Thom come sempre (e più del solito) parla poco, limitando le interazioni col pubblico a dei timidissimi ringraziamenti a fine brano. Poco male, perché è il suo corpo a comunicare il resto.

La scaletta è molto semplice, perché con due soli dischi solisti sul groppone sei certo che nelle due orette di live difficilmente il tuo pezzo preferito rimarrà escluso. A Brain In a Bottle, Two Feet Off The Ground, Pink Section, Saturdays, Cymbal Rush. Ci si è potuti permettere anche due inni degli Atoms For Peace, cioè la Amok che dà il titolo all’ultimo disco, verso metà live, e Default verso la fine, dopo il primo bis. Chi era alla data di Firenze potrà (e dovrà) vantarsi di aver sentito per primo The Axe—pezzo del tutto inedito, bellissimo, specie per la coltre di synth detuned che sfreccia sotto la voce riverberata di Thom—ma chi era tra le fila del Fabrique ieri sera potrà dire di essersi beccato una commovente versione di Spectre dei Radiohead, come gran finale della serata.

Menzione speciale per Oliver Coates, violoncellista e compositore che funge da arma segreta dei Radiohead e all’occorrenza da act di apertura. Suona da seduto e, illuminato a malapena da un fascio di led bluastri, maneggia loop station e il violoncello plasmando incantevoli droni distorti. Un inizio piacevole di serata, come quando ascolti la radio in macchina andando al club, appena iniziato il weekend. L’unico problema è che ieri sera era venerdì, ma stamattina è mercoledì.

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