Se mai doveste andare a trovare Kid Rock nella sua casa fuori Nashville, potreste trovarvi ad accogliervi un signore alto, ben vestito ed estremamente educato che si fa chiamare Zio Tom, il nome dispregiativo che veniva dato un tempo ai neri eccessivamente ossequiosi se non asserviti ai bianchi. È quello che è successo a David Peisner quando è andato a intervistare il rocker per Rolling Stone US.
Attivo nel cavalcare le cause della destra americana, Kid Rock ha aspramente criticato Anheuser-Busch, la azienda che produce la birra Budweiser, per aver scelto come testimonial l’influencer transgender Dylan Mulvaney. Per esprimere il suo disappunto ha pubblicato un video in cui spara alle lattine di Bud Light. «Ora abbiamo obiettivi più grossi», dice nell’intervista riferendosi a Planet Fitness e Ben & Jerry’s attualmente nel mirino della destra per le politiche trans-inclusive e progressiste. «Non voglio che la gente perda il lavoro, soprattutto quando non c’entra niente con la politica, ma ci sono un sacco di aziende verso cui dovremmo rivolgere la nostra attenzione».
Il rocker che sul palco di Woodstock ’99 disse al pubblico che «Monica Lewinsky è una cazzo di puttana e Bill Clinton un maledetto pappone» fa ora parte del MAGA Cinematic Universe. Al giornalista di Rolling Stone mostra lo schermo del telefono mentre chiama Donald Trump, l’uomo che definisce «uno dei miei migliori amici» (l’ex presidente non risponde).
«Non capisco da dove provengano tutte queste critiche. Ho sempre pensato che la musica debba ispirare le persone, non dividerle. In molti mi chiedono: che ti succede? Boh, che ne so». Kid Rock difende la bandiera confederata («La uso perché adoro i Lynyrd Skynyrd, non l’ho mai sventolata con l’odio nel cuore… amo i neri») e dice di apprezzare Trump proprio perché non è un bravo ragazzo: «A quel figlio di puttana piace vincere. Gli piace imbrogliare giocando a golf. Voglio quel ragazzo nella mia squadra. Voglio il ragazzo che dice: combatterò con te».
In quanto alle politiche migratorie di Trump, Kid Rock dice che «non puoi fermare il male, ma non devi nemmeno lasciarlo entrare così facilmente. Vogliamo immigrati bravi, gente che vuole venire qui per avere una vita migliore, per lavorare. Sono cristiani, se parli del Messico».
Oltre a usare più volte la n-word, Kid Rock concorda con Trump anche quando chiama dice che gli immigrati non sono umani. «Sono assassini! Sono stupratori! Hanno appena violentato una ragazza qui! Hanno appena violentato una ragazza a Nashville!». All’obiezione del giornalista che gli spiega che si tratta di casi singoli e gli cita le statistiche sui crimini, il cantante ribatte che «ne bastano dieci, guarda l’11 settembre!».
A un certo punto dell’incontro, dopo essersi scolato vino bianco e tre o quattro whisky & coca di fila, Kid Rock tira fuori una pistola. «Mi urla contro qualcosa», racconta il giornalista, «allunga una mano e tira fuori una pistola nera per rafforzare il concetto. “Ho una cazzo di pistola proprio qui, nel caso ne abbia bisogno! Ne ho ovunque!”».
Dopo aver chiamato il giornalista «college snowflake», il termine dispregiativo usato dalla destra per chi ha idee di sinistra e una sensibilità per le battaglie civili, Kid Rock si lamenta del fatto che le sue tasse vengono usate per «sostenere donne nere che fanno figli che non possono permettersi». Si fa anche minaccioso, anche se con ironia. «Mi sta addosso con un sorrisetto sornione sulla faccia», scrive Peisner che ha l’impressione che voglia «uno sparring partner» con cui fare a botte.
«Vuoi farmi un favore?», conclude Kid Rock prima di lasciare il giornalista. «Scrivi il peggior articolo che puoi su di me. Fallo. Mi aiuta». Le ultime parole: «Dirai a tutti che sono stato un po’ figo?». Quando Peisner risponde che in fondo è un tipo a posto, è che sono in disaccordo su tante cose, Kid Rock replica: «È perché sei gay».