C’era una volta la musica di protesta, quella con un messaggio sociale e politico. C’era, appunto, perché oggi il rock parla d’amore e di disagio, il rap di soldi e di se stesso e il pop tendenzialmente non parla. Purtroppo, aggiunge Paloma Faith: «Fin dagli anni ‘60 è sempre stato normale trattare temi importanti nelle canzoni, anche in quelle più leggere. Oggi però non accade quasi più, ed è molto triste». Ragion per cui ha deciso di tenere alta bandiera della musica impegnata, nonostante sulla carta potrebbe sembrare lontanissima da quei territori.
Classe 1981, è una delle ultime grandi dive inglesi: voce importante e sofisticata, arrangiamenti orchestrali che strizzano l’occhio al soul di una volta, look che mescola con disinvoltura piume, strass, fiocchi e colori fluo. In patria è famosa soprattutto per i suoi clamorosi risultati in classifica – doppio disco di platino per gli ultimi tre album, solo Adele ha fatto lo stesso – e per il suo ruolo di giudice a The Voice UK ma, di certo, non per le sue battaglie sociali.
Tutto è cambiato, però, quando nel 2016 ha dato alla luce il/la suo/a primo/a figlio/a, di cui per questioni di privacy non ha mai svelato né il sesso né il nome. «Quando diventi genitore, anziché guardare dentro di te, cominci a guardarti attorno», racconta. «Pensi al mondo in cui crescerà il tuo bambino, a quello che vorresti insegnargli, e ti fai delle domande. È un periodo pieno di ispirazione». Il frutto di questa ispirazione è The Architect, il suo nuovo album, disponibile dal 17 novembre. «L’architetto del titolo è Madre Natura, o Dio, a seconda di ciò in cui credi: l’entità che ha creato il mondo, insomma. Ultimamente ho la sensazione che siamo noi ad aver guastato un pianeta altrimenti perfetto. L’umanità è la causa dei propri mali».
Quando diventi genitore, pensi al mondo in cui crescerà il tuo bambino. E ti fai delle domande
Tra questi mali ci sono anche questioni politiche e sociali come la Brexit, l’elezione di Trump e la crisi dei rifugiati. Viene da pensare che Paloma sia stata profetica, considerando che ha iniziato a scrivere i testi ben prima che queste cose accadessero. «Era facile immaginare come sarebbe andata a finire: l’atmosfera stava cambiando, e non in meglio», sospira. «Ma penso che, in quanto personaggi pubblici, abbiamo il dovere di usare la nostra voce per fare la differenza. Come diceva Nina Simone, se sei un artista e non cerchi di impedire che certe cose succedano, devi essere pazzo».
Forse anche per questo, molti altri artisti hanno accettato di collaborare al progetto: da John Legend, che duetta con lei in I’ll Be Gentle, a Samuel L. Jackson, passando per songwriter come Sia o Tobias Jesso Jr.: «Dentro di me sapevo quali erano le persone con cui avrei voluto lavorare per questo nuovo lavoro, ma sono rimasta molto stupita che abbiano detto tutte di sì», ride. «Sai com’è, in questo ambiente spesso capita che ti rispondano brutalmente di no, oppure che facciano finta di non avere mai ricevuto la tua mail…». Ma per cambiare il mondo, questo e altro.