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La trap ipnotica di Ketama126

Ultimo dell'ondata dei nuovi rapper romani, Ketama126 lancia messaggi di riscatto. Mettendo insieme pugni contro il vetro e inseguimenti sulla Prenestina

La trap ipnotica di Ketama126

Pietro Baldini (1992) in arte Ketama126. Ha pubblicato 'Oh Madonna', il suo secondo album, il 6 giugno scorso

Quando ci incontriamo arriva con un libro su Ozzy Osbourne e una fila di punti che parte dal gomito e finisce tutt’attorno alla mano. «Il libro me l’ha regalato mio padre, ci siamo visti per pranzo. Per il resto, ho dato un pugno a un vetro, roba de pischelle», dice. «Per questo ho chiesto di fare l’intervista presto, devo andare dal medico, ma forse era meglio se ti dicevo che avevo un impegno discografico importante, no?», e si mette a ridere. Lui è Ketama126, e il numero è quello della gang che conoscete, quella di Carl Brave e Franco126, di Ugo Borghetti, di ASP e di Pretty Solero.

Sono quelli che hanno portato nel rap romano tanta aria fresca, e che a breve si prenderanno tutta l’Italia. Da poco è uscito il suo secondo album Oh Madonna, 13 canzoni che lo confermano come uno dei nomi da seguire. Il suono è migliorato rispetto ai dischi precedenti: «Ora sono più esperto, e poi per fare trap non servono grandi mezzi, è un genere nato nelle camerette con computer scarsissimi e programmi craccati».

Pietro Baldini (1992) in arte Ketama126. Ha pubblicato ‘Oh Madonna’, il suo secondo album, il 6 giugno scorso

La sua musica è lenta, ipnotica, e ben si sposa con il lungo elenco di droghe – perlopiù oppiacei – citate nei testi. «La cosa bella della trap è che può farti ballare o può essere una musica di sottofondo. Se non mi fossi mai drogato avrei fatto un altro genere, è chiaro, ma adesso ho smesso. Voglio essere in forma perché dal vivo devo dare il massimo».

Mi racconta della sua famiglia: da piccolo ascoltava metal in una casa dove girava quasi solamente jazz. Il padre era un musicista, ma quando lui è nato è stato costretto a trovarsi qualcosa di più concreto; adesso suona il sax in tour con Carl Brave e Franco126. «Devo ringraziare i miei genitori per l’educazione che mi hanno dato, è merito loro se adesso faccio musica. A mio padre Oh Madonna è piaciuto, ci ha messo un po’ a metabolizzare i testi, ma non si è così scandalizzato. Non c’era bisogno di ascoltare i miei dischi per capire che vita facessi. Meglio dei tuoi genitori non ti conosce nessuno, no?».

I testi sono un intreccio di storie di strada e immagini poetiche: «Mi piacciono i contrasti, mi interessa stupirti con la frase super intelligente e, subito dopo, metterci quella dove sembro un ritardato. Posso sembrare un pensatore o il peggiore dei coatti».

Manca la cultura della trap: in America è la musica dei rinnegati e dei tossici. In Italia è “de plastica”, un compitino

Tra le righe c’è il preciso intento di raccontare un certo tipo di disagio, e la trap è il miglior modo per farlo perché, secondo lui, può ancora assumere un ruolo controculturale per ribadire che «la società fa schifo al cazzo».

E sulla scena italiana ha le idee chiare: «C’è talento, soprattutto tra i produttori. Quello che manca è la cultura della trap: in America è la musica dei rinnegati e dei tossici, in Italia il messaggio è più edulcorato, de plastica, un compitino. Un genitore americano, anche il più liberale, non sarà mai contento che suo figlio ascolti Gucci Mane. Invece Ghali lo ascoltano sia le mamme che i figli».

Non gli interessa fare polemica. Per lui, chi oggi ha successo con la trap se lo merita tutto, ma i suoi punti di riferimento sono altri, per esempio Fabri Fibra: «Lo capisci che è un sociopatico, uno che odia il mondo, solo chi si sente così può davvero trasmetterti qualcosa». E poi c’è il mito di Pantani, a cui ha dedicato un pezzo: «Ora lo considerano una leggenda ma, prima che morisse, era mega underrated. L’hanno accusato di tutto, non gli hanno riconosciuto le vittorie. Per me è una grande fonte di ispirazione».

Ketama126

Un personaggio ricorrente nei suoi pezzi è Nina, la sua ragazza. Mi racconta un aneddoto: «Era il suo compleanno e stavamo andando da un amico. Lei passa con il rosso e, pam, bocciamo la macchina di uno. Era un regazzino con l’auto aziendale del padre, voleva chiamare i carabinieri. Scappiamo, ci facciamo tutta la Prenestina a tavoletta. Scatta l’inseguimento, cinque volanti e, dopo un po’, ci fermano. Alla fine le hanno ritirato solo la patente, ma ha pianto lo stesso per una settimana (ride)».

Ce la farà Ketama a diventare ricco con la trap? «Speriamo di sì, cazzo».

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