Cappuccio, bandana e bomber. “Uè, milane'”, come saluto alle genti. Liberato è arrivato a Milano, in Barona, per tenere la sua messa pagana di amori sbagliati, rapporti finiti, sofferenze e riferimenti geografici campani, di fronte a un pubblico rimasto a bocca aperta.
Un mese dopo il 9 maggio, data simbolica di una storia d’amore finita – quella di Liberato, m’hê scurdato -, il 9 giugno ne è iniziata un’altra – quella con Milano, sott”a luna. La luna che stava per sorgere dietro l’ufo della Barona, gigantesca struttura di aggregazione sociale, palcoscenico architettonico/sociale filologicamente corretto per Liberato, e la Luna che si materializza, hi-tech, sul maxi schermo dietro al palco.
Per la Barona, l’avvento di Liberato è atteso quanto l’arrivo del Papa alle Case Bianche di via Salomone.
Liberato si piazza al centro di un quartiere complicato ma bellissimo, duro, l’unico luogo per cui avrebbe avuto senso salire a Milano, manifestarsi in Lombardia.
Un terreno verde (spesso anche politicamente) che abbraccia un tizio sconosciuto, che canta in una lingua che fatica a capire. Ma è proprio grazie a questo tizio che è stata riscoperta la coolness della lingua napoletana, facendo cantare in dialetto anche i ragazzini di Cernusco e simpatizzare per Mertens chi fino a ieri aveva solo le squadre di San Siro come fede. E oggi guarda al San Paolo con ammirazione.
È tutta una questione di fede, ancora. Una fede ritrovata verso Napoli, iper-creativa e sfacciata, da parte di tutta Italia, anche grazie a Liberato.
E questa riscoperta, rinascita, sembra una delle piccole grazie che si chiedono a San Gennaro (Gaiola Portafortuna, pubblicata a pochi minuti dalla liquefazione del sangue, il 19 settembre), con le preghiere quotidiane, che passano dalla vincita al Lotto all’acquisto del nuovo Maradona, fino ai furti (“San Gennaro è uno a cui puoi chiedere qualunque cosa, anche di rubare, perché non ti chiede di essere perfetto, ma di essere meglio”, ha detto Saviano, parlando del suo spettacolo ateo Sanghenapule, proprio sul tema del santo).
E allora, perché Liberato non può essere una grazia? La realizzazione di una preghiera?
Con buona pace di Santa Bernardetta, che dalla sua chiesa di fine ’80 ha guardato, faccia al palco, lo spettacolo. Mescolando i suoi fedeli tra la folla.