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Liam Gallagher è (di nuovo) senza voce, un ritorno sopravvalutato?

Dopo l'ultimo concerto interrotto per problemi alla voce durante il Lollapalooza, l'ex Oasis ha nuovamente sollevato i dubbi sulle sue reali capacità. Ma è una storia che parte da lontano, con un concerto a Imola nel 2005.

Liam Gallagher durante il concerto a Milano, il 26 febbraio 2018. Foto di Rodolfo Sassano/Alamy Live News

“Sorry no voice!”, una frase appena accennata al microfono ma diventata all’istante quasi ‘iconica’ per ogni fan italiano degli Oasis. Anno 2005, Heineken Jammin Festival a Imola, un’edizione che sarebbe stata l’ennesima celebrazione di Vasco davanti a 120 mila paganti, con il grande ritorno sui palchi di Billy Idol o il set di 2 ore con cui i Green Day oscurarono i R.E.M. a fare da contorno.

Tuttavia, togliendo ovviamente gli adoratori del Blasco – per cui non c’è altro dio al di fuori della provincia di Zocca –, la maggior parte del pubblico di quell’edizione del festival era accorso per gli Oasis. Dopo due album all’epoca ritenuti mezzi, se non totali, passi falsi, come Be Here Now o Standing on the Shoulder of Giants, la band guidata dai due Gallagher stava tornando a guadagnarsi la pole position nella scena rock di quegli anni, prima con il ‘fiasco’ commerciale di Heathen Chemistry (messo online tre mesi prima dall’uscita ufficiale) poi con Don’t Believe the Truth, uscito proprio nel 2005. Da Mucky Fingers a Part of the Queue, dall’accoppiata firmata da Liam The Meaning of Soul o Guess God Thinks I’m Abel passando per i singoli spacca classifica Lyla e The Importance of Being Idle, l’album fu accolto dalla critica come il migliore della band dai tempi dell’epocale (What’s the Story) Morning Glory?.

Giustificata, quindi, la presenza di quasi 55.000 persone accorse appositamente all’Autodromo di Imola per godersi il rientro in grande stile di Noel e Liam, finalmente di nuovo in sintonia con quel suono ‘hooligan’ che li aveva portati a riempire gli stadi di tutto il mondo. Aspettative, tuttavia, infrante dopo poche decine di minuti. Liam aveva qualche problema, era nervoso, si intuiva fin dall’inizio della performance finché, proprio nel mezzo di Champagne Supernova, Our Kid lancia il cembalo in terra, alza i tacchi e va nel backstage, subito dopo aver accennato quella frase, “Sorry no voice!“. Il pubblico inizialmente non capisce, ma basta guardare lo sguardo sprezzante di Noel rivolto al fratello per intuire ciò che sarebbe accaduto, con The Chef che suonò insieme al resto della band una manciata di brani per poi chiudere anzitempo il concerto. Little By Little, Wonderwall, Don’t Look Back In Anger e tutti a casa, in un oceano di fischi rivolti al palco.



Seppur quello di Imola sia il “no voice” più vivido nella memoria dei fan italiani, non è di certo l’unica volta in cui Liam ha dato evidenti segni di cedimento, anche se quell’abbandono in corsa rimane forse il più drastico nella storia degli Oasis. Ironico, tuttavia, che il fattaccio si sia ripresentato proprio nell’anno in cui lo stesso Liam si era detto “più in forma che mai”, con pubblico e stampa pronti ad acclamare le performance ‘dal vivo’ realizzate per il lancio di As You Were: For What It’s Worth, Greedy Soul e Come Back To Me, tutte accompagnate da un video live. La stessa prestazione vocale sfoggiata per il debutto solista si era dimostrata molto più che convincente, con il risultato di aver pubblicato un gran bell’album – più apprezzato, e venduto, di Who Built The Moon? del fratellone – condito, infatti, da un cantato che riportava dritti nel 1998, se non addirittura migliorando la voce ‘cafona’ di Supersonic o Stand By Me, con una ‘pienezza’ che i 45 anni sembravano aver donato all’ex ragazzo terribile di Manchester.

Eppure i più attenti avevano già espresso qualche dubbio, d’altronde il lavoro in studio d’incisione fa miracoli, con quel compressore tirato al limite sulla voce di Liam a dargli quell’incisività e quella pulizia non sempre confermate quando si trattava di cantare davanti al pubblico. Infatti, al contrario delle prestazioni da brivido sfoggiate quando si tratta di cantare i grandi classici degli Oasis – ormai rodati dopo vent’anni di “Mayebeeeee…” – Liam si è dimostrato spesso meno a suo agio difronte alle canzoni di As You Were, quasi tutte totalmente – e ovviamente – incentrate sulla parte cantata. E qui veniamo a noi, con il doppio disastro del Lollapalooza, lo scorso agosto nell’edizione 2017 di Chicago e il weekend appena trascorso durante l’appuntamento cileno del festival a Santiago.



A Chicago era stato un’ecatombe senza precedenti, probabilmente in grado di rivalutare all’istante la tragedia di Imola nel 2005. Appena 19 minuti di esibizione: partenza sontuosa con Rock ‘n’ Roll Star e Morning Glory, crollo totale sui nuovi pezzi Wall Of Glass e Greedy Soul, uno dei brani più incisivi e vocalmente impegnativi del nuovo repertorio di Gallagher. La reazione del pubblico americano sembrava la replica perfetta di quanto andato in scena all’Heineken Jammin Festival, con fischi, ululati e cori, tra “Fuck Liam” e chi, invece, invocava il nome del fratello Noel. Stesso copione a Santiago: «La mia voce è totalmente distrutta. Non me ne starò qui tutta la notte a urlare davanti a tutti», ha detto all’improvviso Our Kid, aggiungendo che la voce “Suona fottutamente orribile”.

Tuttavia, stando a quanto riportato dal team del cantante sul suo ormai ‘leggendario’ profilo Twitter, questa volta la prestazione sarebbe stata inficiata da un problema di salute, e anche non da poco se nella vita fai il cantante. “Un’infezione alle vie respiratorie”, “una grave forma di sinusite” che dal naso si è estesa alle orecchie, “per poi estendersi e tramutarsi in bronchite”. Liam, continua il comunicato, “ha cercato di proseguire nei concerti ma oggi faceva fatica a respirare sul palco e non è stato in grado di proseguire lo spettacolo. È molto deluso e arrabbiato per non essere riuscito a terminare il concerto e vuole scusarsi con quanti siano venuti a vederlo questa sera per quanto successo: la promessa è quella di recuperare quanto prima la data a Santiago”.


D’accordo Liam, almeno per questa volta sei giustificato, cantare con la sinusite è decisamente un’impresa eroica. A onor di cronaca bisogna però aggiungere che, pur essendo dotato di un talento straordinario che lo rese la voce ufficiale della nuova golden age del rock britannico negli anni ’90 – e una delle voci probabilmente più riconoscibili della storia del rock –, Liam per preservare questo dono non ha mai fatto nulla, anzi, si è spesso vantato del contrario. Celebre, in quest’ottica, la sua intervista del 2011 all’Independent quando l’allora cantante degli Oasis ricordava l’aneddoto in cui il frontman degli Who gli suggerì di fare riscaldamento vocale prima delle esibizioni: «Riscaldamento vocale? Sei fuori di testa!», rispose Gallagher a Daltrey. La voce, per Liam, doveva rimanere cruda e rauca, aggressiva, altrimenti il rischio era “di suonare come Chris Martin”, all’epoca più volte paragonato da Gallagher a “un insegnante di geografia”.

Insomma, che Liam sia il George Best del rock & roll moderno, su questo non ci piove. Grandissime doti ma una condotta decisamente poco esemplare l’hanno portato a momenti di luce inarrivabili così come a dilettanteschi scivoloni con tanto di una ‘minacciata’ partecipazione a The Voice nel 2013 per dimostrare ai detrattori le sue capacità vocali. Il concerto di Milano è stato grandioso, ma che il ritorno agli albori sfoggiato per As You Were sia da considerarsi quantomeno ‘ottimista’ è probabile, tuttavia siamo sicuri che gli Oasis sarebbero stati la stessa cosa senza la voce di Liam, coltivata tra Cigarettes & Alcohol? Probabilmente no.

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