Domenica. L’Alcatraz apre le braccia per Asaf Avidan. Lui subito alza una birra al cielo alchemico di Milano e brinda col pubblico, invitandoci all’amore vero e forte, quello che “Ci pugnalerà tutti alle spalle, nella sua naturale evoluzione”… Cin, Milano! Poi la musica si riprende la scena.
Ascolto Asaf e i Gold Shadow per la prima volta dal vivo. La voce dell’Israeliano è acuta come un grido e modulata. Lui, il suo primo gruppo, i Mojo – vuol dire “magico”, “incantesimo” – lo ha lasciato troppo presto, o troppo tardi: cazzo, Avidan non ha bisogno di nessuno, è evidente. Il ragazzo ebreo assomiglia a un Angelo Caduto, magro, la voce affilata.
Asaf è di origine polacca, vive a Tel Aviv e, mi raccontano due fan accaniti, ha appena comprato una casa nelle Marche con la fidanzata: la corista e percussionista Michal Bashin, che per prima l’aveva scoperto e spinto alla musica pop. Stanno insieme da sei anni.
Dalle sue prime malinconie nasce One Day. La versione remixata da Wankelmut gira ancora spesso, ma ora Asaf si è ripreso tutti i meriti e i successi. Il pubblico dell’Alcatraz aspetta trepidante questo pezzo, One day/reckoning song, che arriva nell’ultima parte del concerto.
Quando il concerto di Asaf termina e l’Alcatraz si svuota mi infilo nel backstage e incontro Maeva, la tour manager. Mi dice che stare a tu per tu con il pubblico aiuta Asaf a mettersi a nudo, a creare «quell’intimità preziosa che la gente percepisce immediatamente, mentre quando ha attorno altri musicisti questa nota di personale confidenzialità è irrimediabilmente violata».
Entro in un camerino e c’è Asaf che si sta mettendo una canottiera: gli stringo la mano. Mi dice che ha avuto delle incomprensioni con la stampa, che preferisce fare due chiacchiere da “amici”. Da vicino noto i due tatuaggi che porta, grossi e molto scuri, sulle spalle, e vedo che uno di questi è un corvo, come il mio sulla pancia. Si inizia a parlare di tatuaggi, soprattutto dei due grossi e molto scuri che ha sulle spalle, poi del concerto e di Milano. Lui rilancia con un invito nelle Marche. Saluta chi è nel camerino e ci abbracciamo forte. Un abbraccio forte, amichevole, semplice, e schietto.