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Luca Carboni: «In “Pop-up” scrivo d’amore e non me ne vergogno»

Dopo la hit "Lucalostesso" il cantautore bolognese presenta il suo nuovo album in uscita domani
Luca Carboni, foto di Stylaz

Luca Carboni, foto di Stylaz

Ci sono riflessioni sul tempo (Epico), su Dio (Dio in cosa crede), sulla sua sempre amata e «sempre magica» Bologna (Bologna è una regola) e sulla Milano tanto desiderata negli anni ’80 (Milano), nell’ultimo album di Luca Carboni che esce domani venerdì 2 ottobre: Pop-Up.

C’è l’amore, cantato senza falsi pudori in Tanto, tantissimo, in Chiedo scusa (da una poesia della Szymborska) e poi in Invincibili, dove con un verso rende tutto più esplicito: “Sì che scriviamo canzoni d’amore anche rischiando di esser banali”. E poi Carboni spiega: «Anni fa ero fiero di aver scritto delle hit che non parlavano d’amore, oggi la mia forza consiste nel riuscire a farlo invece». E poi c’è Lucalostesso: sempre quel Luca che negli anni ’80 era visto come un figo pazzesco, che infilava una hit dietro l’altra, che negli ultimi 10 anni si era un po’ ritirato dalle scene e che ora è riuscito a piazzare questo singolo in cima alle classifiche dell’airplay radiofonico: «Con questo titolo non volevo rivendicare chissà che passato ma so che poteva essere interpretato anche in questo modo».

Il cantante bolognese rivendica anche il fatto di aver scritto Pop-Up senza l’aiuto di molti musicisti, anzi, solo con Tim Pierce alle chitarre, Alex Alessandroni Jr. e Christian Rigano alle tastiere. «Non ho voluto dei duetti musicali perché avevo pubblicato solo due anni fa un album di soli duetti, Fisico-Politico. Però ho chiesto aiuto nei testi, così ho scritto Bologna è una regola insieme a Alessandro Raina (degli Amor Fou ndr) e Milano con il produttore Manuele Fusaroli». E ha affidato la produzione a Michele Iorfida Canova che, come gli viene fatto notare, rende tutti gli album piuttosto uguali. «Ora si affidano tutti a Canova è vero, come negli anni ‘90 lo facevano con Mauro Malavasi, però credo che abbia ottenuto dei risultati molto diversi con me, Jovanotti e Tiziano Ferro. Perché riesce a trovare una sintonia con qualsiasi artista e così una volta trovata la linea giusta per lui la porta avanti».

E così Pop-Up suona pop, piacevolmente pop e a volte addirittura si avvicina alla dance. Racconta Carboni a proposito del titolo: «Volevo un titolo veloce che assomigliasse a Forever (il suo secondo disco del 1985 ndr), che non svelasse niente dell’album e fosse un po’ una sorpresa». E per quanto riguarda il pop invece dichiara: «Per me il pop di oggi è il rap. Quello che ascolto non è per forza quello che faccio nei miei dischi. Sono in molti a piacermi e con i quali avrei anche collaborato. Il primo è ancora Lorenzo anche se non fa più rap. Poi J-Ax , Clementino. Non con Fibra questa volta perché abbiamo già fatto».

La cover di Pop-Up

L’hashtag dell’album è #undiscopuòdarelafelicità: è così? «Anni fa provavo gioia nell’attesa di un album nuovo per esempio della PFM. Quindi penso che possa essere ancora così, anche se oggi, in tempi di crisi, qualsiasi cosa viene sminuita. Io ho provato felicità nel farlo, spero anche di regalarla».
Di sicuro è una felicità agro-dolce e malinconica come lo sguardo di Carboni nella foto del booklet che accompagna il pezzo conclusivo, Invicibili. È abbracciato a una donna ma guarda altrove. «Lì riassumo il senso di tutto questo lavoro: l’unica cosa che posso fare per difendermi dall’odio è scrivere canzoni d’amore. Appunto».

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