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Merchandising 2.0, ovvero come il mondo della musica sopravvive al crollo dei CD

Mentre le vendite degli album crollano, le etichette si dedicano all'abbigliamento: giacche da $1000, shorts punk e chi più ne ha più ne metta

Tre anni fa i Fall Out Boy hanno aperto un pop-up store a New York, uno spazio che somigliava più a un club punk che a un negozio d’abbigliamento. Quando la band ha riproposto l’idea a Los Angeles, lo scorso autunno, l’atmosfera era decisamente diversa: le finestre viola dello spazio ricordavano la cover del loro ultimo album, Mania, e anche il merch a disposizione dei fan era di un altro livello, come dimostrano le giacche di jeans dipinte a mano in vendita a soli $150. «Ora è tutto più grande, compresi i guadagni», dice Chris Cornell, il direttore di Manhead, l’azienda che lavora con la band, Shania Twain e altri artisti. «Abbiamo fatto passi avanti incredibili».

Il merchandising – magliette, poster ecc. – era una fonte accessoria dei guadagni degli artisti, ma ora è un business in grande crescita. Nel 2016 le vendite ammontavano a $3.1 miliardi, un aumento del 10% rispetto all’anno precedente: Edited, una società di analisi, sostiene che il volume di mercato di oggetti legati al mondo della musica è triplicato negli ultimi 24 mesi. «Ora la musica è sempre più digitale», dice Mat Vlasic di Bravado, «e i fan vogliono qualcosa di tangibile».

Così che sono nati store online, outlet, pop-up shops e banchetti con un’offerta sempre più elaborata: dalle giacche di jeans di the Weeknd ($240) agli stivali di Kanye West ($1050), fino al bomber con collo di pelliccia di coyote di Drake ($1095).

E mentre il mercato decolla, gli artisti coinvolti sono sempre di più: Taylor Swift e Morrissey hanno aperto i loro shop in autunno, e Iggy Pop si è dedicato a lungo alle variazioni cromatiche per i suoi shorts Billabong. Poi Beyoncé e Jared Leto investono in Sidestep, un’app che permette di acquistare il merch online per poi ritirarlo poco prima del concerto. «C’è gente a cui piace stare in fila», dice Jesper Poulsen di Epic Rights. «A me invece rovina la serata».

Nonostante siano in molti gli scettici sulla veridicità delle dichiarazioni di Kanye West sui guadagni conquistati dal suo banchetto-merch durante un evento del 2016 ($1 milione in meno di 48 ore), le nuove fortune del settore sono incontestabili. Secondo Bob McLynn, il manager dei Panic! At the Disco, il 30% dei guadagni della band arriva direttamente dal merchandising. «Da quando le vendite dei dischi hanno cominciato a calare, tutti abbiamo cominciato a chiederci: “Come faremo a incassare qualche soldo?”», aggiunge Cornell.

E mentre tutti si chiedono se approfittarne o meno, un secondo mercato “pirata” è già una realtà sulla rete: c’é chi acquista più che può ai pop-up store con il solo obiettivo di rivendere tutto online, magari al doppio del prezzo. «Si guadagnano centinaia di dollari per magliettine pagate meno della metà», dice Frances Wong di Sony. «Dopo il nostro pop-up shop dedicato agli A Tribed Called Quest c’era chi vendeva shopper bag a $25. Ridicolo».

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