Ci sono mille leggende associate alla persona di Lauryn Hill, e quasi tutte non ne parlano benissimo: la diva coi suoi eccessi, il caratteraccio (per dirla con un eufemismo), le dipendenze, i ritardi mostruosi ai concerti (anche di tre ore) e quindi un poco rispetto generale verso i fan.
In più lei è anche una persona decisamente schiva e riservata, quindi queste leggende con gli anni non solo si sono moltiplicate, indisturbate da eventuali smentite, ma si sono pure appiccicate al suo nome come fa una gomma da masticare quando la pesti con la scarpa. È naturale quindi che si respiri un’aria di diffidenza diffusa al parco della Cittadella di Parma. Appena prima dell’unico concerto europeo del tour per i vent’anni di The Miseducation Of Lauryn Hill.
Ci arrivi quasi un po’ prevenuto a un concerto del genere, così almeno se va male non ci rimani perché avevi ragione. Se invece va bene, oh, è sempre bello ricredersi. La diffidenza si fa però timore quando verso le 22 appare in consolle il DJ della Hill e comincia un set microfono e vinili con solo il best of del best of delle hit hip hop anni ’90. Da Pharoahe Monch agli House of Pain, da Notorious BIG a Snoop Dogg, con qualche incursione reggae tipo Bam Bam di Sister Nancy. La folla è impazzita, tanto che, ancora prima dell’inizio, il concerto sulle sedie numerate è già entrato in modalità ognuno a cazzi suoi e tutti in piedi sotto il palco. Per carità, una bella idea di apertura, con bombe a mano cacciate chirurgicamente da un DJ capacissimo sia negli scratch che nel fomentare la gente al microfono, ma al quindicesimo “PARMA, ITALY, ARE YOU READY? MAKE SOME NOOOOISE!” è inevitabile ritrovarsi a pensare: “OK, sono le dieci e mezza e qua di Lauryn Hill c’è solo l’immagine sui cartelloni”.
Ed è proprio nel bel mezzo di questo ragionamento che un van tutto nero si avvicina al palco, ne scende un vestito tutto bianco e pieno di pizzo, e dopo neanche 30 secondi sul palco sale lei. È una visione celestiale: cappello nero, abito candido che svolazza con il vento estivo, rossetto rosso ma trucco leggero, pelle perfettamente levigata, orecchini ad anello grandi e sottili, un sorriso capace di farti evaporare in una nube di gas ionizzato.
Mi pento subito per ciò che ho pensato nel momento in cui la vedo, e quando inizia lo spettacolo con Everything Is Everything il pentimento si è già abbondantemente fatto senso di colpa. Ma come ho potuto anche solo dubitare di lei? Come ho potuto anche solo lamentarmi per un secondo del DJ in apertura? Solo dopo me ne rendo conto: lasciando al DJ tutta la prima parte, il doppio vantaggio è che la gente si passa meglio l’attesa, si scalda per bene e poi si può godere un’oretta e mezza di live filata, intensa, senza neanche una pausa.
Fra lei e la band c’è un feeling spaventoso. Insieme suonano con la coordinazione di chi ha già fatto tante date ma anche con l’entusiasmo di chi non ne sta facendo troppe. Il batterista è una spada, il chitarrista è un po’ ingessato ma non ne sbaglia una, il bassista—fisico a metà fra un lanciatore di tronchi e un mangiatore di Tronky— è un mostro di tecnica, il trombettista un po’ chicano dà carattere al tutti, il tastierista non splende ma fa il suo lavoro, così come l’MC spalla di Lauryn. E per finire le tre coriste: ognuna di loro meriterebbe una serata dedicata a parte del Cittadella Music Festival.
Così, dopo neanche quattro pezzi di Miseducation dove dimostra che questi 20 anni non hanno scalfito nulla, né la Lauryn cantante né la rapper, arriviamo ai Fugees. How Many Mics, Fu-Gee-La, Ready Or Not, quest’ultima preceduta da un lungo solo a cappella ripetendo “Parma, are you ready?” con una voce così barbiturica e ammaliante che quando parte la base ci risvegliamo tutti dal sogno urlando di entusiasmo. Dopo le cover di Killing Me Softly With His Song, Turn Your Lights Down Low di Bob Marley e Can’t Take My Eyes Off You, Lauryn sceglie di concludere la serata con due pezzi importantissimi per lei: To Zion, dedicata al figlio avuto con Rohan Marley (figlio del profeta) e Doo Wop (That Thing).
Da ogni parte della folla, le arrivano dei “Ti Amo”, o dei maccheronici “I love you”. Lei timidamente sorride, sinceramente divertita. «Semplicemente, non aveva l’ispirazione, e poi il denaro non è una forza motrice per lei» ha risposto tempo fa Pras dei Fugees alla domanda: “Come mai in questi vent’anni Lauryn Hill non ha fatto dischi?” Motivo in più per apprezzare la più grande donna del rap e motivo per me per vergognarmi di averne dubitato, anche solo per un nanosecondo.