L’anfiteatro del Vittoriale a Gardone Riviera, progettato dall’architetto Giancarlo Maroni tra il 1931 e il 1938 con la supervisione di Gabriele D’Annunzio, ispirato ai teatri classici, è un luogo pazzesco. Il posto perfetto per un concerto dei Blonde Redhead, specialmente quando si mettono in testa di prendere il loro disco più bello e suonarlo per intero con gli arrangiamenti originali, accompagnati da un quintetto di archi.
“Misery Is a Butterfly” del 2004 è il disco più importante dei Blonde Redhead (almeno per i trenta-quarantenni di oggi), il disco della svolta, il primo per la 4AD ma anche il più sfortunato dal punto di vista umano e quello con la gestazione più lunga (ne parliamo qui).
La scelta di portarlo in tour nella sua interezza 12 anni dopo, senza alcun anniversario da celebrare e senza alcuna pressione promozionale, denota solo la grande voglia che hanno i Blonde Redhead di fare quel cazzo che vogliono senza dover accontentare nessuno, qualità rara nella musica degli ultimi vent’anni. Sia chiaro, i Blonde Redhead hanno una carriera lunga e tuttora molto proficua, hanno ancora stimoli e grandi idee, non sono uno di quei gruppi che hanno bisogno dell’operazione nostalgia per monetizzare e pagarsi il mutuo – per intenderci, avrebbero potuto tranquillamente annunciare un tour normale e in ogni caso il loro pubblico sarebbe venuto. Semplicemente Amedeo, Simone e Kazu volevano togliersi questo sassolino dalla scarpa da tanto tempo e l’hanno fatto. Bene così.
I Blonde Redhead si presentano sul palco del Vittoriale per il festival Tener-a-Mente freschi e leggiadri come sempre, e con la stessa leggiadria fatta di arrangiamenti semplici ma raffinati portano in scena questo piccolo capolavoro. Sebbene siano passati 12 anni dall’uscita di “Misery Is A Butterly”, il disco non ha perso la sua carica emotiva e la sua capacità di commuovere. I Blonde Redhead non sembrano essere invecchiati di un giorno (girano dal 1993: Kurt Cobain era ancora vivo, per dire) e se la gestiscono alla stragrande, mettendo la loro innegabile perizia musicale e compositiva al servizio di melodie strepitose. Fanno tutto il disco, escono, rientrano con un bis di tre pezzi tratti da altri album e poi se ne vanno, e mentre tu stai per alzarti convinto che manchi qualcosa, SBAM, tornano sul palco e fanno “Equus”, la traccia che chiude “Misery Is A Butterfly”, con una violenza galvanizzante. Alla faccia del “Dream Pop”.
Considerato che per ammissione dello stesso Amedeo le canzoni di questo disco sono quelle su cui hanno lavorato di più in assoluto, non riesco ad immaginare un altro luogo, un altro momento o un altro modo in cui poterle ascoltare. E se non avete mai visto un concerto al Vittoriale beh, è ora di rimediare.