A quattro anni di distanza da Niente di nuovo sul fronte occidentale, ultimo album di inediti, è uscito Mani come rami, ai piedi radici dei Modena City Ramblers.
All’interno, tra le altre tracce, c’è anche un’inedita collaborazione sull’asse Emilia Romagna – Arizona con i Calexico. Il brano è My Ghost Town e si può scaricare in esclusiva sul sito di Rolling Stone, cliccando qui, soltanto per le prossime 24 ore.
Con l’occasione abbiamo contattato l’una e l’altra band, per farci spiegare come è nata e come si è realizzata questa collaborazione.
Com’è nata questa collaborazione?
Modena City Ramblers: I Calexico sono sicuramente tra le band che stimiamo di più nel panorama musicale internazionale. Hanno un sound inconfondibile e spesso, anche in passato, abbiamo ammirato il loro songwriting e la loro disciplina negli arrangiamenti. Prima d’ora però non avevamo mai avuto occasione di conoscerli, pur avendoli ammirati più volte dal vivo.
Come siete entrati in contatto tra voi?
Calexico: Abbiamo conosciuto i Modena City Ramblers l’anno scorso quando eravamo in tour in Italia. Ci avevano scritto prima del nostro concerto e così ci siamo dati appuntamento per incontrarci dopo lo show. Sono delle brave persone e, ascoltata la canzone, a me piacque subito moltissimo; ecco perché decidemmo di collaborare. Inoltre, amiamo particolarmente l’Italia e siamo sempre impazienti ed entusiasti di poter collaborare con musicisti che provengono da uno dei nostri Paesi preferiti.
Come avete lavorato alla canzone?
Modena City Ramblers:La canzone era nata inizialmente per una collaborazione con la Fanfara Tirana, la band albanese con cui abbiamo suonato lo scorso Primo Maggio a Roma, e proprio ispirandoci all’universo sonoro dei Calexico. Del progetto con la Fanfara non se ne è fatto nulla, al che abbiamo pensato «Perché non proviamo a proporla proprio ai Calexico?». Del resto sognare non costa! Abbiamo quindi rifinito il testo e lavorato sugli arrangiamenti per cercare un ideale ‘punto di incontro’. Il caso ha voluto che in quel periodo i Calexico avessero un concerto a Bologna e, grazie alla preziosa “intercessione” di Antonio Gramentieri dei Sacri Cuori, grande musicista e amico dei Calexico, siamo riusciti ad avvicinarli e dar loro il demo del pezzo. Senza nemmeno doverci di nuovo incontrare, loro hanno iniziato a lavorare sul brano in America. Il bello è che lo hanno fatto “in silenzio”, gli avevamo mandato alcune e-mail per sapere se il pezzo gli era piaciuto, se erano interessati alla collaborazione, ma non avevamo ancora avuto risposta, quando, mentre ormai pensavamo, «Dai, chissà quanti impegni hanno, peccato, però sono stati gentili…», ci hanno inviato le loro registrazioni!
Cos’è My Ghost Town? È un luogo particolare?
Modena City Ramblers: Intanto dobbiamo sottolineare quanto siamo stati onorati e felici per il fatto che Joey abbia cantato questo testo! My Ghost Town è un luogo dell’anima. Credo che ognuno di noi porti dentro un proprio paesaggio, fatto di volti, orizzonti e storie. Che vivono e cambiano col tempo e le esperienze. L’amore è una delle forze vitali che scandiscono questa irreversibile evoluzione. Nei momenti bui, tra i petali appassiti, come in quelli più densi di luce, dove la nostra rosa cresce forte e rigogliosa.
Quale sarebbe la vostra “ghost town”?
Calexico: Per quanto mi riguarda ci sono diverse città negli Stai Uniti che sono colpite e risentono di leggi ed economie politiche o di atteggiamenti verso l’immigrazione, ad esempio. In Arizona ci sono interi quartieri e zone di Phoenix che si sono svuotati e sono diventate dei quartieri fantasma a causa del trattamento inflitto a famiglie di immigranti. Lo Stato dell’Arizona sta subendo un brusco calo delle entrate perché la gente se ne sta andando. E’ una situazione che si può osservare a diversi livelli ed è davvero triste, spero davvero che qualcosa possa cambiare nell’atteggiamento verso gli immigranti nei Paesi occidentali.
Avete detto che vi siete ispirati all’universo dei Calexico. Come ha influito sulla creazione della canzone?
Modena City Ramblers: Tantissimo, come dicevamo prima, la canzone è nata proprio pensando a quel mondo sonoro. Anche dal punto di vista “visivo”, la frontiera ci ha ispirato le prime immagini del testo. La parte strumentale centrale è poi decisamente figlia degli spaghetti western e di quelle colonne sonore. Nel momento in cui abbiamo ultimato la canzone si è lavorato sulla componente strumentale cercando di inserirvi elementi tzigani e della nostra tradizione melodica, combinando i diversi elementi anche nell’impostazione ritmica, con l’uso di percussioni africane e orientali e un giro di basso quasi dub, su cui poi John ha lavorato in modo meraviglioso.
Che cosa hanno in comune musicalmente Tucson e l’Emilia Romagna?
Calexico: La primissima cosa che mi viene in mente è che abbiamo in comune lo stesso approccio nello stile di scrittura. Per me è più una questione delle tematiche e dei testi della canzoni, che dei suoni della musica.
Avremo mai la possibilità di sentire questo pezzo live?
Calexico: Tutto è possibile. Ci piacerebbe tantissimo poter tornare in Italia e suonare insieme a loro. Al momento stiamo lavorando al nuovo album che uscirà nel 2018, quindi… chissà!