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Nel 2024 cambieranno le regole delle classifiche musicali

La FIMI ha annunciato che verranno conteggiati anche gli streaming gratuiti e le visualizzazioni di YouTube e Vevo. Nella charts dei vinili verranno presi in considerazione anche CD e musicassette. Ecco le possibili conseguenze

Foto: Florencia Viadana/Unsplash

Le classifiche italiane si evolvono – di nuovo. Nel 2017 c’era stata una piccola rivoluzione (il conteggio dello streaming audio nella graduatoria degli album, che oggi ci sembra del tutto normale, e l’esclusione degli ascolti free). Oggi nell’ambito della Milano Music Week, FIMI (Federazione Industrie Musicali Italiane) in rappresentanza delle case discografiche insieme a GFK che dal 2010 cura la classifica Top Of The Music hanno annunciato la prossima. Partirà dall’1 gennaio 2024 e potrebbe cambiare diverse cose per artisti, manager ed etichette – ma anche per i fans, che tengono in modo particolare a vedere se i loro pupilli sono riusciti a portare a casa il sospirato n.1.

Tanto per cominciare, rientra nel computo lo streaming gratuito – o meglio, sostenuto dalle interruzioni pubblicitarie. Ma soprattutto, fanno per la prima volta la loro comparsa nei calcoli per le charts le piattaforme video, che in soldoni equivale a dire Vevo e YouTube: quest’ultima, come confermato da un panel dell’IFPI tenutosi poche ore dopo sempre nell’ambito della Milano Music Week, si conferma lo strumento principale per l’ascolto di musica in Italia (e non solo).

Evidentemente la guerra tra la discografia e il canale di Google è finita. D’altra parte, ovunque ma in particolar modo in Italia, le case discografiche puntano molto forte sui video: come ha spiegato Chiara Bonarrigo di Vevo, «l’Italia è al primo posto in Europa per il consumo di video musicali». Per essere conteggiati i video dovranno però essere ufficiali, certificati dalle case discografiche, cosa che sembra far intravvedere un certo impegno da parte delle piattaforme nel disincentivare i video non autorizzati. Certo, il consistente peso del consumo di video comporta in primo luogo alcuni cambiamenti nel metodo. In base all’Economic Weighting Model, lo stesso brano avrà più valore ai fini della classifica in base al guadagno che porta a chi lo ha pubblicato, con un valore maggiore attribuito agli ascolti degli abbonati rispetto a quelli degli utenti che usano le piattaforme senza pagare, pur accettando le inserzioni degli sponsor. Un brano ascoltato in abbonamento sarà pari a 7 ascoltati in modalità ad-supported. Cambia anche il conversion rate nei confronti dei download (qualcuno li usa ancora!): un brano scaricato a pagamento varrà 180 (e non più 130) ascolti premium.

Ma naturalmente, tra qualche tempo potrebbero esserci ulteriori novità. «In Italia ci sono 5,8 milioni di abbonati a piattaforme di streaming», ha fatto presente Enzo Mazza, presidente della FIMI. Quello italiano è un mercato che sta crescendo, ma non è ancora nella fase della maturità: in questo 2023 la crescita si sta attestando sul 15% rispetto all’anno scorso. È lecito prevedere un’ulteriore espansione e ulteriori cambiamenti nei consumi. Alcuni di questi cambiamenti sono già concretamente in corso: il 40% dei teenager scopre nuova musica su TikTok (dati IFPI) e Mazza fa capire che si sta già pensando a possibili modalità per includere nelle nostre classifiche anche il gigante cinese.

Un’altra novità in arrivo tra qualche settimana sarà comunque l’allargamento merceologico nella classifica dei vinili, che ora rappresenteranno tutto quanto è “fisico”, ovvero CD e musicassette. Tutti assieme poi, contribuiranno anche alla classifica principale, come già accade ora. Nessun cambiamento invece per quanto riguarda le soglie di vendita necessarie per dischi d’oro o platino, così come le regole per bundle, omaggi, eventi dal vivo, firmacopie e repack, nonché la definizione di album: una raccolta di almeno 7 tracce. E come sempre, un brano verrà conteggiato se ascoltato per più di 30 secondi.

Vedremo stravolgimenti nelle classifiche? Secondo le simulazioni di GFK, non molto: il catalogo (leggi: album e canzoni non nuove) si riprenderà un pochino della quota persa nel 2017, ma in termini contenuti (4,2%): il peso delle le novità dovrebbero occupare in media il 68% della top 100. La musica ascoltata dai giovanissimi aumenterà la propria presenza in classifica di un ulteriore 1,6%, cosa che porterà a un significativo 50% il contributo dei minorenni nel plasmare le charts italiane. Del resto, come informa David Price, Director of Insight and Analysis dell’unione discografica mondiale, l’IFPI, «Gli abbonati a Spotify, Amazon e Apple sono soprattutto adulti, ma una volta che hanno pagato, i loro figli usano gli account molto più di quanto facciano loro, e a muovere i numeri delle piattaforme generando guadagni per gli artisti sono soprattutto gli under 24». Secondo Eleonora Rubini di Warner Music Italy, col nuovo sistema è preventivabile una maggiore rappresentanza di generi musicali nelle top 100 italiane, con maggiori riscontri per esempio per artisti che fanno musica latina o afrobeats, «ma anche un certo impatto da parte di artisti local provenienti da regioni in cui l’utenza a pagamento è minore, penso per esempio a certe regioni del Sud».

Un’altra cosa sulla quale ci sentiamo cautamente di sbilanciarci potrebbe essere una certa crescita del pop rispetto al rap italiano, e una maggiore presenza di artiste di sesso femminile, negli anni scorsi più apprezzate dal pubblico di YouTube che da quello di Spotify. Non scommetteremmo su cambiamenti nel nazionalismo quasi ossessivo dei nostri ascolti: sia nel 2021 che nel 2022 le top 10 annuali di album e singoli erano patriotticamente occupate da artisti tricolori, e quest’anno non sembrerebbe promettere risultati differenti (ah, questi stranieri, impareranno mai a fare musica?).

È lecito però attendersi altri cambiamenti dopo i primi mesi di rodaggio, cioè una volta che gli artisti e i loro entourage (specie quelli che tengono in modo particolare alla visibilità mediatica data da una posizione di classifica prestigiosa) avranno capito come massimizzare le loro performance nelle charts. In un mondo di numeri e hype, è legittimo.

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