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Nel 2025 uscirà un documentario su Paul Di’Anno: «Farà vedere quant’è stata dura la sua vita nell’ultimo decennio»

L’ex cantante degli Iron Maiden era costretto a esibirsi su una sedia a rotelle. «Vedrete quanto ha lottato per rimettersi in piedi, letteralmente, emotivamente e professionalmente». Per Steve Harris, che aveva riallacciato i contatti, «fare concerti lo aiutava ad andare avanti»

Foto: Instagram

«La notizia della scomparsa di Paul Di’Anno ci ha profondamente rattristati». Inizia così il messaggio diffuso dagli Iron Maiden dopo la morte del loro ex cantante. Di’Anno, che aveva 66 anni, non è stato il primo cantante in assoluto dei Maiden, ma è stato fondamentale nei primi dischi, cantando in Iron Maiden e Killers, per poi venire sostituito da Bruce Dickinson. La sua storia verrà raccontata in un documentario che uscirà nel 2025 e a cui il cantante ha lavorato prima di morire.

«Il contributo che ha dato agli Iron Maiden è immenso», continua il messaggio dei Maiden, «ci ha aiutati a intraprendere il cammino che stiamo facendo da quasi cinque decenni. Ricorderemo con affetto la sua presenza negli anni pionieristici come frontman e cantante, sia sul palco che nei primi due album, e come noi verrà ricordata dai fan di tutto il mondo. Siamo grati per aver avuto la possibilità di rincontrato un paio d’anni fa e passare dell’altro tempo con lui».

Nello stesso messaggio social, Steve Harris esprime la tristezza per la scomparsa. «Di recente avevamo ripreso i contatti, massaggiandoci sugli alti e bassi del West Ham», la squadra di calcio londinese. «Almeno fino a poco tempo fa andava ancora in giro a cantare, esibirsi ogni volta che poteva lo aiutava ad andare avanti».

Seri problemi di salute avevano infatti costretto Di’Anno a esibirsi da tempo sulla sedie a rotelle. Era andato in Croazia per sottoporsi a un’operazione al ginocchio che in Inghilterra sarebbe stata troppo costosa. Si era anche preso dei periodi di pausa dal tour «per la mia sanità mentale, ho avuto pensieri suicidi negli ultimi anni, è davvero troppo, non sono uno di quei tipi che se ne può stare seduto tutto il giorno».

Andare in tour non era però consigliato per la sua salute. «Mi impedisce di fare la fisioterapia o i drenaggi linfatici di cui ho bisogno», ha detto mesi fa. «A volte ci riesco, ma non sempre. È molto difficile. E ovviamente ci sono i trasferimenti, gli aeroplani, i bus. Ma suonare dal vivo fa bene all’umore».

«Passo molto tempo da solo, vivo in campagna e non viene a trovarmi molta gente. E sono stato molto male negli ultimi mesi, mi sono preso un’infezione dopo l’altra, l’anno scorso mi sono beccato una polmonite in Messico dove sono andato per fare fisioterapia dopo il tour.»

Dopo avere pubblicato una raccolta del materiale post Maiden titolata The Book of the Beast, Di’Anno aveva annunciato un tour dell’addio che si sarebbe concluso nel 2025. Erano previste quattro date in Italia a dicembre. Pochi mesi fa era stato annunciata la produzione di un documentario su di lui prodotto da Wes Orshoski, lo stesso di Lemmy, sul cantante dei Motörhead, e di The Damned: Don’t You Wish That We Were Dead.

Proprio Orshoski ha scritto dopo la morte che Di’Anno «ha lottato per rimettersi in piedi, letteralmente, emotivamente e professionalmente». Il film, che uscirà l’anno prossimo, «mostrerà quant’è stata dura la sua vita nell’ultimo decennio e quanto ha lottato per cambiare le cose. Forse ha finalmente trovato pace. Saluta Clive da parte nostra, leggenda!».

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