“‘Molte mani di giovani donne sarebbero incapaci di fare ciò che ho visto là’ disse il principe indicando gli acquerelli iniziati da Madame de Villeparisis. E le chiese se aveva visto il quadro di fiori di Fantin-Latour esposto alla recente mostra”. Chi scrive è Marcel Proust ne Le Coté de Guermantes, terzo capitolo del suo celebre romanzo di inizio Novecento À la recherche du temps perdu.
I New Order quindi non sono i primi artisti a citare in un’opera A Basket of Roses, la tela impressionista di Fantin-Latour del 1890 che, più o meno un secolo dopo, il 2 maggio 1983, riprende vita nella copertina di Power, Corruption and Lies. Da parte loro però—e qui nemmeno un genio come Proust può farci nulla—gli ex Joy Division riescono con una mossa semplicissima a ridefinire i concetti di post-modernismo e arte politicizzata. E manco a dirlo, a dare alla musica una delle cover più belle di sempre. Bella ancora oggi, 35 anni dopo.
È Peter Saville il creative designer dietro a quasi tutte le copertine di Factory Records, l’etichetta indipendente di Manchester che all’epoca raccoglie le band più interessanti della fervente scena della città. Per molti anni dalla fondazione, la label ha quasi una dimensione amatoriale, tanto che somiglia più a un gruppo di amici che vuole distinguersi dalla massa proponendo gruppi sopra le righe e copertine eccentriche. Ma con la fine tragica dei Joy Division nel 1980 (oggi è anche l’anniversario dell’ultimo live della band, alla Birmingham University), Factory diventa in poco tempo un nome di punta dell’underground nel Regno Unito. E se si ha fama di essere originali e anticonformisti, ogni volta è sempre più difficile trovare nuove idee.
E infatti, quella che viene ricordata come la sua copertina più famosa (se escludiamo Unknown Pleasures, chiaro) non è frutto di un’idea di Peter Saville. «Il titolo sembrava machiavellico. Così sono andato alla National Gallery a cercare un ritratto rinascimentale di un principe oscuro» ha raccontato Saville al Guardian. Pensa a Il Principe di Machiavelli, per quanto le parole “potere, corruzione, menzogne” siano il frutto di una sbandata del frontman Sumner per Gerhard Richter, un artista tedesco che le scrive a bomboletta fuori da una mostra a Colonia nel 1981 come atto di vandalismo. «Alla fine però mi sembrava troppo banale, così ci ho rinunciato e ho comprato delle cartoline al negozio di souvenir».
Tornato a casa, la fidanzata sorprende Saville fissare una delle cartoline comprate alla Galleria. È un dipinto di fiori di Fantin-Latour. «Non starai mica pensando di metterla in copertina?» chiede la ragazza. «Era un’idea meravigliosa. I fiori suggerivano come potere, corruzione e menzogne si infiltrano nelle nostre vite. Sono seducenti» ha confidato il graphic designer.
Parallelamente alla critica ai vizi striscianti della società Saville decide di aggiungerne un’altra, molto cara a Factory Records: la mercificazione dell’arte, la produzione standardizzata che viene spacciata per opera fine a sé stessa ma che in realtà è destinata alle masse. Più in generale, il capitalismo. Qui Saville si inventa una specie di codice a barre, senza barre e cifre, che si può decifrare grazie a una ruota cromatica messa sul retro della copertina. Una volta risolto, il codice cromatico restituisce la scritta “FACT 75”, cioè la 75esima release di Factory Records.
È tutto pronto, il disco è registrato e la copertina è decisa. C’è solo un unico grande ostacolo ancora da superare: il direttore della galleria non vuole concedere il permesso di utilizzo dell’immagine. Ma né Saville, né la band né tantomeno Tony Wilson, il boss di Factory, hanno la minima intenzione di arrendersi. Così un bel giorno Wilson chiama il direttore. Saville è presente nella stanza e si ricorda di quel giorno come fosse ieri: «Nel bel mezzo della conversazione, [Wilson] ha chiesto: “Sir, di chi è il quadro?” E la risposta è stata: “Appartiene agli inglesi” e Tony: “Io credo che le persone lo vogliano” e il direttore: “Beh, se la mette così, Mr. Wilson, sono sicuro che per questa volta faremo un’eccezione”».