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Nick Cave: il nuovo album dei Bad Seeds sarà il primo a non essere «guidato da un senso di perdita»

«Penso che fare arte sia la più grande espressione di gioia e ottimismo, ed è per questo che ci serve. La musica, e l'arte, ci ricordano che siamo capaci di creare cose straordinarie dalle cose storte e brutte della vita». Le dichiarazioni in un'intervista al 'Guardian'

Foto: Sergio Albert

«Le cose sono cambiate dopo la morte del mio primo figlio. Io sono cambiato. Nel bene e nel male, la rabbia di cui parli ha perso ogni fascino ai miei occhi e sì, forse sono diventato un hippie da cartolina. L’odio non m’è più sembrato tanto interessante. Mi sono liberato di quei vecchi sentimenti come uno strato di pelle di cui disfarsi. Erano a loro modo vomitevoli».

Così scriveva sul blog Red Hand Files, nel 2023, Nick Cave, rispondendo a una fan che lo accusava di non essere più quello di una volta, di aver perso la rabbia contro il mondo che aveva contribuito a renderlo “Nick Cave” (lo ricordiamo, Cave ha perso due figli, Arthur e Jethro, entrambi in giovane età, da qui il “cambiamento”).

Ora, in un’intervista al Guardian, l’artista è tornato a parlare del suo percorso artistico e personale, e lo ha fatto nell’anno in cui dovremmo vedere la pubblicazione del suo nuovo album insieme ai Bad Seeds, il cui arrivo è previsto per il 30 agosto e che Cave descrive come «Davvero buono. Molto forte. Brani bellissimi». Il disco, di cui non sappiamo ancora il titolo, sarà anche il primo che, dalla morte di Arthur (avvenuta nel 2015), riesce ad assumere uno sguardo diverso su di sé e sulla musica. Non sarà infatti, dice Cave, «guidato da un senso di perdita».

Il musicista non ha mai fatto mistero, in questi anni, di essere riuscito a rielaborare il dolore e il lutto della perdita anche grazie alla sua arte (che, al momento dell’intervista al Guardian, si manifesta anche nella forma di statuette di ceramica). Oggi, però, è pronto a dichiarare che «penso che fare arte sia la più grande espressione di gioia e ottimismo, ed è per questo che ci serve. La musica, e l’arte, ci ricordano che siamo capaci di creare cose straordinarie dalle cose storte e brutte della vita. […] È un modo gioioso di passare il tempo, a prescindere da tutto. Anche quando canto una strofa molto triste, non significa che dentro sia triste».

Parole che non stupiscono, venendo da chi sente che «è nella mia natura rimettere costantemente in discussione l’equilibrio delle mie idee sulle cose. Anche mia madre era così, sempre pronta a guardare l’altro lato della medaglia. Era incredibilmente frustrante».

Il che ci riporta alla citazione iniziale, e al cambiamento più grande che Cave ha vissuto durante gli ultimi dieci anni. «Se ci limitiamo a vivere essendo sempre, patologicamente, incazzati con il mondo, che realtà creiamo per quelli che non ci sono più? Che cosa dice questo atteggiamento, l’essere in uno stato di continua tristezza e furia, e depressione, e cinismo, a quelli che ci hanno lasciato? Quale eredità potranno lasciare se questo è il modo in cui manifestiamo il fatto che non ci siano più?». Parlando di ribaltamento di prospettiva.

Concludendo, poi, nella direzione del nuovo album, e della gioia: «”Gioia” è qualcosa che esplode improvvisamente, e con shock, dalla comprensione della perdita e della sofferenza. Così è come la pensiamo io e Susie [la moglie, ndr]. Non significa che non ne siamo toccati, o che le abbiamo superate, o che siamo riusciti ad accettarle e a lasciarcele alle spalle. “Chiudere” è stupido, impossibile. Anche “accettare” lo è, è come dire, “aspetta giusto qualche anno, e vedrai che tutto tornerà come prima”. Non è così che funziona. Ti ritrovi cambiato completamente, la chimica di chi sei è cambiata. Sei riassemblato, e diventi una persona diversa. Il mondo sembra molto più pregno di significato».

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