“Non suoneremo davanti ai carri armati, il rock resta contro la guerra”. Vladimir Kotliarov, frontman del gruppo punk Pornofilmy, la dice come una verità ovvia, senza enfasi, e fa esplodere i preparativi a Nashestvie, il più grande festival rock russo, con altre tre band – Yorsh, Poshlaya Molly e Elisium – che annunciano di ritirarsi dalla line up per protesta contro la partnership dell’evento con il ministero della Difesa.
Nell’immenso campo di Zavidovo, nella regione di Tver, a metà strada tra Mosca e Pietroburgo, ci saranno esposizioni di mezzi militari, esibizioni di pattuglie acrobatiche e tendoni per il reclutamento, nel caso i giovani venuti a vivere tre giorni di musica decidano di arruolarsi nei parà o nei carristi. “Un mutante mostruoso”, come chiama Kotliarov questo strano connubio tra la musica ribelle per definizione e la retorica nazionalista e militarista a due passi dal palco principale. Gli organizzatori rispondono che i blindati aiutano ad attirare il pubblico: “Visitate il festival e vedrete che la zona dei mezzi militari sarà tra le più frequentate dagli spettatori”, risponde il direttore generale di Nashestvie Evghenia Kiseliova.
Nashestvie, che si terrà il 3-5 agosto, è la Glastonbury russa, con 100 mila persone che per tre giorni ascoltano su due palchi i principali big e i nuovi nomi del rock che parla russo (e, negli anni passati, anche ucraino), “la più grande avventura dell’estate”, come recita il suo motto. Non è solo un evento, è la celebrazione di un mondo, quello di Nashe Radio, la “nostra” radio, l’unica emittente che fa solo rock nazionale, “la più grande collezione di canzoni disperate”, annuncia un suo storico jingle. I due nemici storici, i rocker e i militari, avevano già lavorato insieme: dal 2013 il ministero della Difesa esponeva a Nashestvie carri e razzi, organizzava spettacoli di sbarchi di parà e capi giochi dove gli spettatori potevano cimentarsi in sessioni di addestramento militare. Robusti colonnelli partecipavano alle conferenze stampa insieme ai promoter e ai rocker, decantando le opportunità offerte agli aspiranti soldati dal punto di reclutamento.
Il primo ad accorgersene era stato Boris Grebenshikov, il Bob Dylan (e non solo) russo, una leggenda vivente, che, splendidamente ironico, nel 2014 dal palco disse al pubblico: “Vedo che Nashestvie è patrocinato dal ministero della Difesa. Che cosa meravigliosa. Abbiate cura di voi”, per poi sparire per sempre dalle scalette del festival. Nel 2015 a disertare era stato Andrey Makarevich, una leggenda dello stesso calibro, il padre del rock russo, il primo a riuscire, ancora ai tempi del comunismo, a fare una breccia nel muro della censura con la sua band Mashina Vremeni (macchina del tempo). “Ho vissuto tutta la mia vita con lo slogan Make love not war, non posso ribaltare la mia visione del mondo”, ha spiegato il cantautore. Ma il leitmotiv dell’epoca era ormai “You’re in the army now”, e Makarevich è presto diventato oggetto di una violentissima campagna persecutoria – al punto che alcuni suoi colleghi hanno chiesto a Vladimir Putin in persona di intervenire in sua difesa – per aver condannato l’annessione russa della Crimea e l’intervento militare in Ucraina.
Ora la rivolta parte invece da gruppi di una generazione molto più giovane, nata in un mondo dove la musica di denuncia sembrava fuori moda. I Pornofilmy e gli Elisium avevano per anni rifiutato gli inviti a Nashestvie, senza farne troppo clamore – “per noi pacifismo e antimilitarismo non sono solo parole”, dice il leader degli Elisium, Dmitry Kuznetsov – ma nel 2018 gli organizzatori avevano promesso di eliminare l’imbarazzante presenza dei militari. Che invece, da quel che dicono nell’ambiente, hanno fatto a Nashestvie una proposta che non si poteva rifiutare.
“E se domani il ministero della Difesa proporrà di portare al festival una sfilata di prigionieri di guerra ucraini, o organizzare il tiro a segno sulle foto dei cantanti dissidenti?”, si chiede Mikhail Kozyrev, storico fondatore di Nashe Radio e Nashestvie, ora dissidente anche lui, con un programma sulla tv d’opposizione Rain. Il suo ex collega e successore, Dmitry Groisman, gli risponde “non è più tempo degli hippie”: il patriottismo strombazzante e militarista è la nota dominante della politica, il presidente dedica metà del suo appello annuale al parlamento a illustrare le nuove armi in arrivo negli arsenali dell’ex Armata Rossa, il paese conduce due guerre più o meno dichiarate, in Ucraina e in Siria, il pubblico dei festival precedenti faceva a gomitate per scattare un selfie sul carro armato, e a stare dietro a rocker in età da pensione che protestavano ancora contro l’invasione di Praga e dell’Afghanistan, e pur di non finire in caserma si fingevano matti, è finita.
Contro o con il potere, l’eterno dilemma dei creativi russi, per il rock non era mai esistito: all’epoca sovietica era fuori legge, una musica totalmente politica e ribelle, ruvida e con testi carichi di significati espliciti e nascosti. Alle manifestazioni di Alexei Navalny i diciottenni intonano ancora Peremen, cambiamenti, l’inno di Viktor Zoy al suono del quale il rock russo uscì dalla clandestinità degli scantinati, delle cucine e delle caldaie all’epoca di Gorbaciov. La Crimea ha cambiato di nuovo tutto, e si è trattato di scegliere: o andare in piazza Rossa a suonare per la campagna elettorale di Putin, o tornare nell’underground. Le band che hanno osato criticare l’annessione, o hanno continuato ad andare in tournee in Ucraina, sono sparite dalle lineup dei festival e dalle scalette di molte radio.
Una cantautrice come Svetlana Surganova, tra i nomi più celebri, si è vista negare una dopo l’altra le sale per il suo tour nella provincia russa, sempre per “cause improvvise” (la sua ex socia Diana Arbenina non ha preso posizione e continua a esibirsi a Nashestvie). Il guru Yuri Shevchuk dei DDT, uno che ha cantato nientemeno con Bono (Knockin’ on the Heaven’s Doors), si è visto cancellare diversi concerti ancora prima della crisi ucraina, dopo che a un incontro con i musicisti trasmesso in tv ha detto a Putin che stava creando “un Paese cupo, corrotto e totalitario” (con i colleghi che cercavano di fermarlo con calci sotto il tavolo), ma nonostante questo continua a raccogliere platee che si entusiasmano quando attacca la mitica “Putin gira per la Russia” (con il ritornello “e noi siamo sempre nella m…”I.
Anche i Pornofilmy sono pronti a pagare la loro protesta contro il “tank rock” di Nashestvie con l’eliminazione dalla rotation di Nashe Radio: “Siamo nati sui social, continueremo ad abitare lì”. Gli altri 150 artisti promessi dal festival, big e non, restano però nel programma: “Suonare il punk davanti a un carro armato e cantare quello che pensi in faccia al militarismo è molto più divertente che rimanere a casa offeso”, ha scritto sui social Denis Khromykh dei Plan Lomonosova: “Se smettiamo di suonare sarà il silenzio, e il silenzio è morte”.