«Ha manipolato i fatti». «Lo rifarei 100 mila volte». «L’ha fatto per i like». «Se la Rai mi bandisce non mi cambia la vita». «Ci aspettiamo le scuse». «Ho i mezzi per difendermi, ma quelli che devono scegliere tra la libertà di parola e dare da mangiare alle proprie famiglie?».
Continua lo scontro Rai vs Fedez sul concerto del Primo Maggio. Ieri sera il direttore di Rai 3 Franco Di Mare è intervenuto in commissione Vigilanza Rai difendendo l’operato dell’azienda, dicendo che non c’è stato alcun tentativo di censura, spiegando che la richiesta di visionare i testi prima del concerto del Primo Maggio non è giunta dalla Rai, ma dagli organizzatori dell’evento, ovvero iCompany. Insomma, che Fedez ha manipolato i fatti addossando alla Rai colpe che non ha. E rispondendo a una domanda, ha detto che si valuta una querela per diffamazione con richiesta civile di danni alla reputazione dell’azienda.
«Una menzogna che per 48 è diventata verità». Così Di Mare ha definito le accuse del cantante. «Noi veniamo crocifissi e condannati prima ancora che Fedez salga il palco. Sentenze di condanna nei confronti della Rai sono state pronunciate prima di conoscere le cose. Il danno è gigantesco. Chi pagherà per queste falsità? Temo che le scuse non arriveranno mai». Contrariamente a quel che ha detto Fedez, afferma Di Mare nella trascrizione pubblicata da Repubblica, la Rai «non ha chiesto il testo di Fedez, quello che lui dice è falso. La Rai era all’oscuro, lo ha fatto iCompany».
Il concerto del Primo Maggio è infatti organizzato da iCompany e dai sindacati. La Rai lo acquista. «Di fatto» dice Di Mare «compra il diritto di riprendere questo evento e quindi la Rai non ha responsabilità diretta su quanto avviene». Significa che le scelte editoriali e la valutazione dei contenuti non competono alla Rai, ma sono demandate alla produzione. Produzione (iCompany cioè) che ha il dovere di conoscere i contenuti dell’evento, come da contratto firmato da Fedez.
Come è noto, dopo la scoppio della polemica Fedez ha pubblicato alcuni estratti dalla telefonata con Massimo Cinque, dirigente di iCompany, Massimo Bonelli, direttore artistico del Concertone, e Ilaria Capitani, vicedirettrice di Rai 3 (la conversazione è poi uscita in versione integrale). Il cantante «ha tagliato i passaggi della telefonata in cui Capitani afferma che la Rai non ha fatto assolutamente una censura». Ovvero, «c’è stata una manipolazione per alterare il senso delle cose». Perché Fedez l’avrebbe fatto? «Non so, non sono complottista. Forse c’è stato un calcolo dell’artista per ottenere più like, visualizzazioni e consensi».
Di Mare specifica che Capitani non era presente nella prima parte della telefonata, effettuata da Bonelli e si è avvicinata in un secondo momento «quando l’artista afferma, probabilmente – e voglio dirlo ancora bonariamente – facendo confusione su chi sia l’interlocutore, “voi del servizio pubblico avete il potere di censurare chi volete”» A quel punto Capitani «fa capire che l’azienda viene chiamata in causa in modo diffamante».
Perché allora non denunciare Fedez per la manipolazione? «Credo sia sufficiente una querela per diffamazione con richiesta civile di danni considerato che esiste un danno di immagine e che la reputazione oggi è una cosa importantissima nella vita economica di un’azienda e nella vita professionale di ciascuno di noi. E questo danno c’è stato. Ma è una cosa che dovrà valutare la nostra leadership».
Fedez ha replicato nelle storie di Instagram. «Prima bugia: io perché pubblico la telefonata? Perché la Rai, appena scendo dal palco, emana un comunicato stampa in cui dice che non c’e stato alcun tentativo di intervenire sul mio discorso. Io pubblico una telefonata in cui l’oggetto è il tentativo di modificare il mio discorso facendomi omettere nomi e fatti, telefonata a cui partecipa attivamente la vicedirettrice di Rai 3».
«Il direttore di Rai 3 sostiene che al Rai col Primo Maggio non c’entri nulla perché ne acquisiscono solo i diritti. A maggior ragione sorge una domanda: a che titolo la vicedirettrice di Rai 3 partecipa a una conversazione in cui organizzatori e autori dicono di andare cauto nel fare nomi e cognomi e giudica lei stessa inopportuno il mio intervento?».
«Mi assumo al 100% la responsabilità di ciò che ho detto e ho fatto, sapevo benissimo a cosa sarei andato incontro. Potevo benissimo starmene a casa mia, ma rifarei quello che ho fatto 100 mila volte anche perché io sono un privilegiato. Se la Rai mi fa causa, ho i mezzi per potermi difendere. Se la Rai mi bandisce dalla Rai, a me non mi cambia la vita. Se al mio posto su quel palco ci fosse andato un artista che ha un po’ meno potere di me e che è meno privilegiato di me e se gli avessero chiesto di non fare i nomi e i cognomi, che cosa avrebbe fatto? Avrebbe ceduto probabilmente. E la stessa cosa si ripropone per i lavoratori della Rai. Quanti all’interno della Rai, se questo è il metodo che viene utilizzato, devono scegliere fra la libertà di parola e il dar da mangiare alle proprie famiglie? Ed è giusto questo comportamento in una tv che si definisce di Stato? Questa è la domanda».