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“October” degli U2 è in edicola: la recensione storica di Rolling Stone

Un cofanetto raccoglie tutti i dischi della band di Bono e soci, e oggi con TV Sorrisi e Canzoni è possibile acquistare il secondo album in studio degli U2, uscito nel 1981
Un dettaglio della copertina di October, il secondo album degli U2

Un dettaglio della copertina di October, il secondo album degli U2

Arriva in edicola l’intera opera degli U2 all’interno di un cofanetto che comprende tutti gli album in studio, un cd live e 4 dvd live, in edizione digipack, ripubblicata da Tv Sorrisi e Canzoni, in collaborazione di Corriere della Sera e della Gazzetta dello Sport. Oggi esce in edicola il secondo disco in studio della band di Bono, October, e questa è la recensione apparsa su Rolling Stone US nel 1982.

È impossibile prendere così tanto seriamente gli U2 come fanno loro di se stessi. Quando il frontman Bono si abbandona a frasi del tipo “Nessuno è più cieco di chi non vedrà” o “Apri la porta, apri la porta”, vorrei prenderlo da parte e augurargli un’immediata guarigione all’adolescenza. Naturalmente, lui prende seriamente ogni parola. Certamente, si sente come in mezzo a un naufragio esistenziale. Ma finché Bono continua a sentire il bisogno di reinventare da zero ogni cliché (“Era mio fratello!”, “C’è un fuoco dentro di me!”) e di doverlo urlare al mondo, il modo di godersi gli U2 è pensare la voce come un effetto sonoro e concentrarsi, così come fa il resto della band, sul suono della chitarra.

Il contributo degli U2 al progresso del rock sta nel fatto di aver allontanato il proprio stile dall’idea dell’abbagliante guitar hero. Nonostante adorino totalmente il pesante riverbero della Stratocaster di The Edge – il lato b di October si apre con lui che mette le cose a posto – il chitarrista è anche un mago della tecnica alla stregua di Neil Young. È una sorpresa quando una canzone degli U2 contiene più di due accordi – di cui uno è il Mi minore, l’accordo più abusato che ci sia. Ciò nonostante il suono che The Edge riesce a tirar fuori, supportato dal lavoro del producer Steve Lillywhite, è tanto potente tanto quanto sciocchi sono i testi. I suoi power chords creano uno spaventoso abisso sonoro in cui Bono può tuffarsi, e i suoi semplici riff da una nota, intrisi di eco e gloria, mostrano una via d’uscita.

Al contrario di Boy, album di debutto degli U2, October generalmente tiene la chitarra sullo sfondo, senza mai sfociare negli xilofoni dall’eco senza fine di Boy. Gli U2 provano un po’ di funk in I Threw a Brick through a Window, a usare la tromba (With a Shout) e i timbales (Is That All?) come fossero la band neofunk britannica A Certain Ratio. October segnala la sua profondità usando un piano acustico come accompagnamento. Tramite esperimenti del genere gli U2 stanno ovviamente provando a variare il loro sound, ma nessuna di queste strategie funziona bene come le loro dinamiche da puro power-trio.

Inoltre, a differenza di Boy, October possiede una sua coerenza. Boy era un intrigante documento di un momento che capita una volta sola – la storia vista in prima persona del passaggio dall’infanzia all’età adulta – e le sue composizioni erano accese dalla tensione fra la chitarra capace di spaccare il mondo di The Edge e l’orgoglio pieno di paura di Bono. Grazie a Dio gli U2 non sono ancora così navigati da ripetere in October le stesse idee. Sfortunatamente, quando provano a battere su altre esperienze primordiali (“Sto cadendo!”), suonano talmente sensibili da ferire. Tuttavia, un’assoluta grandezza sonora può aiutare questi ragazzi a superare October. E per il loro prossimo gli U2 potrebbero aver capito che cosa fare della loro angoscia.

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