Il suo ultimo album s’intitola Snob ma lui snob non lo è proprio per niente. Paolo Conte, probabilmente il cantautore italiano vivente più importante e conosciuto al mondo, ha presentato ieri alla stampa la sua ultima fatica che in nessuna traccia lascia spazio alla stanchezza. Anzi. Un gioiello di ben 15 tracce dove, come al solito, si viaggia moltissimo con la fantasia.
«Grazie all’immaginazione mi si è accesa di nuovo la scintilla dell’ispirazione», ha raccontato lui, parco di parole ma non di regali per il pubblico. «Il titolo Snob? Solo perché era il titolo di una delle canzoni contenuta nell’album. Non ci sono molte spiegazioni», ha continuato lui sullo stesso tenore, «ci sono tre categorie di persone che escono dall’ordinario: l’intellettuale, lo snob e il dandy. Se devo scegliere, ho sempre preferito l’ultimo, perché mi sembra più profondo. Mentre lo snob del mio brano è soltanto un ragazzo di città che irrompe nella vita di una coppia di provincia e vi porta scompiglio».
Al cantautore, che è nato e vive ad Asti, viene chiesto se si sente un «cantore della Provincia»: «No, non in particolar modo. Mi sento cittadino del mondo, anche se poi preferisco vivere in campagna, perché son un orso e sto bene da solo, con i rebus della mia settimana enigmistica».
Durante il tour (che parte il 25 ottobre da Legnano), Conte presenterà, come di sua consuetudine, soprattutto i pezzi più vecchi del suo repertorio, dedicando ben poco spazio alle nuove canzoni. «Il pubblico ha bisogno di lasciar sedimentare i brani, quindi andrò a ripescare proprio il più indietro possibile nel passato».
Della scuola dei grandi cantautori italiani di cui Conte fece parte (De André, Bindi, Endrigo, Paoli, Lauzi, Tenco), ha raccontato di essersi sempre sentito un outsider: «Non mi sentivo a mio agio perché così mi è sempre capitato in ogni situazione ma loro erano davvero amici. Mi hanno dato affetto loro e del pubblico che li seguiva. Probabilmente mi accettarono per il mio modo di scrivere così brutale e in fondo alternativo».
E sul momento più esaltante di tutta la sua carriera: «I miei primi tre concerti al Théâtre de la Ville. Era la mia prima esperienza all’estero e fu pazzesca. Al termine di un live, quando io e Renzo Fantini (suo storico manager scomparso nel 2010, ndr) salimmo sul taxi, il conducente mi riconobbe subito e rimasi stupefatto. Poi trovammo una giovane polacca che non aveva i soldi per entrare al concerto, così venne eletta da noi la presidentessa del Paolo Conte Fan Club in Francia. Esiste ancora, è registrato!».
Sul numero di “Rolling Stone” in edicola a novembre troverete la nostra intervista a Paolo Conte.