Michael le ha insegnato a cucinare, soprattutto cibo del Sud: «Il suo pollo fritto era il migliore del mondo, era un gran cuoco. Mi ha insegnato a fare lo sformato di patate». Ne sta preparando quattro da portare a nonna Katherine.
Ma suo padre le ha anche insegnato tutto sulla musica: «Mi ha fatto conoscere Van Halen, perché ci ha lavorato, ha lavorato con Slash e mi ha fatto conoscere i Guns’n’Roses, e poi Debussy, Tchaikovsky, Earth, Wind and Fire, Temptations, Tupac, Run DMC».
Ma soprattutto le ha insegnato a essere tollerante e aperta: «Quando avevo 8 anni, mi sono innamorata di una ragazza che avevo visto sulla copertina di una rivista. Invece di gridarmi addosso come avrebbe fatto qualunque padre omofobico, lui ci scherzava sopra, mi prendeva in giro: “Oh hai trovato una fidanzata”. La cosa a cui teneva di più era che studiassimo. Conosceva la Storia, non era uno che diceva: “Il grande Colombo ha scoperto l’America”, ma piuttosto: “Il fottuto Colombo ha sterminato gli indigeni”».
Usava davvero questi termini? «Poteva essere volgare come uno scaricatore di porto, ma era anche molto timido», risponde Paris. Paris e Prince sanno che molti dubitano che Michael sia veramente loro padre (il fratello minore, Blanket, ha la pelle più scura e quindi su di lui sono state fatte meno speculazioni).
La madre è Debbie Rowe, infermiera del dermatologo di Michael, Arnold Klein. Sono stati sposati per tre anni, ma, secondo quanto ha raccontato Debbie, non hanno mai vissuto insieme. Un matrimonio atipico durante il quale, secondo Michael, Debbie Rowe ha espresso il desiderio di avere dei figli da lui, «per fargli un regalo» (e Paris si chiama così in omaggio alla città in cui è stata concepita).
Arnold Klein però ha sostenuto più volte di essere il padre biologico di Paris (non è il solo, anche Mark Lester, l’ex attore bambino del film Oliver del 1968). Mentre mangiamo sushi, Paris accetta di affrontare l’argomento: «Per la prima e ultima volta», precisa. Potrebbe scegliere una risposta facile e dire che non ha alcuna importanza, perché è stata cresciuta da Michael Jackson. È quello che dice suo fratello, che si definisce «più obiettivo» di lei: «Ogni volta che qualcuno mi fa questa domanda, rispondo: “Che differenza fa?”. Saperlo ti cambia la vita? A me no».
Paris invece non ha dubbi: Michael Jackson è suo padre. Lo dice con una sicurezza toccante, e un tono molto convincente: «È mio padre e lo sarà sempre», dice fissandomi negli occhi: «Le persone che lo hanno conosciuto bene dicono che lo rivedono in me in modo quasi spaventoso».
Poi aggiunge: «Mi considero nera. Mio padre mi guardava negli occhi, mi indicava e diceva: “Sei nera. Sii fiera delle tue radici”. E io pensavo: “È mio padre, perché non dovrebbe dirmi la verità?”. Gli ho creduto, non mi ha mai mentito su nulla. Anche se so di avere la pelle chiara, in più, da quando mi sono fatta bionda, sembro una che è nata in Finlandia o su di lì». Mi fa anche notare che non è raro che figli nati da coppie miste abbiano caratteristiche simili alle sue, per esempio Wentworth Miller, che ha il padre nero e la madre bianca.
Da bambina non ha praticamente mai avuto rapporti con Debbie Rowe: «Mia madre non esisteva», poi, quando a 10 anni ha realizzato che «un uomo non può mettere al mondo dei figli da solo», ha chiesto a Prince: «Abbiamo una madre, giusto? Come si chiama? Prince ha risposto semplicemente: “Debbie” e io: “Ok, almeno so il suo nome”».
Dopo la morte di Michael, ha iniziato a cercarla e a 13 anni si sono incontrate per la prima volta. Anche quando ha finito la sua terapia è andata a cercarla: «Aveva bisogno di una figura materna», dice Prince, che non vuole rilasciare dichiarazioni sui suoi rapporti con Debbie (contattata in proposito, anche Debbie Rowe non ha voluto rispondere, ndr).
Un padre deve dare ai figli la migliore infanzia possibile, ma deve anche prepararli ad affrontare il mondo di merda in cui viviamo
«Ci sono state diverse figure materne nella mia vita», dice Paris citando le nonne e le varie tate che l’hanno cresciuta, «ma con mia madre ho una relazione adulta». Si rivede molto in lei: «Siamo molto testarde». Paris non è sicura dei sentimenti di Michael Jackson nei confronti di Debbie, ma sa che lei «era innamorata di lui». È anche sicura dell’amore di Michael per Lisa Marie Presley, da cui ha divorziato due anni prima che lei nascesse: «Lo leggo nei suoi occhi, quando la guarda nel videoclip di You Are Not Alone», dice ridendo.
A 9 anni Paris ha cominciato a rendersi conto che il resto del mondo non vedeva suo padre come lo vedeva lei: «Veniva da me piangendo ogni notte». Era cominciato l’incubo delle accuse di pedofilia, e Paris si commuove mentre racconta: «Immagina cosa vuol dire vedere tuo padre che piange perché il mondo lo odia per qualcosa che non ha fatto. Vedere l’unica cosa importante della mia vita distrutta dal dolore mi ha fatto scattare una reazione di odio verso il mondo.
Come si può essere così cattivi? Scusami, mi sto facendo prendere dall’emozione», dice. Paris e Prince non hanno dubbi sull’innocenza di Michael Jackson: se potessero, andrebbero in giro per il mondo a raccontarlo a ogni singola persona: «Nessuno conosce nostro padre meglio di noi. Nessuno lo ha visto mentre ci leggeva le favole prima di addormentarci. Se ne avessero avuto la possibilità, cambierebbero idea su di lui per sempre», dice Paris.
Suggerisco che quando ha condiviso con lei le sue preoccupazioni, forse le ha messo troppa pressione addosso. In fondo era solo una bambina: «Non voleva prenderci in giro e nasconderci la realtà», risponde, «un padre deve dare ai figli la migliore infanzia possibile, ma deve anche prepararli ad affrontare il mondo di merda in cui viviamo».
Nel 2005 il processo si è chiuso con un’assoluzione, ma la vicenda ha distrutto la reputazione di Michael Jackson e ha cambiato il corso della sua vita e quella della sua famiglia. Dopo la sentenza, Michael lascia per sempre Neverland e passa quattro anni viaggiando, trascorrendo lunghi periodi nella campagna irlandese, in Bahrein, a Las Vegas. A Paris non importa: lo trova divertente, e per lei casa è dove c’è suo padre.
Nel 2009 Michael decide di fare un ambizioso ritorno alla O2 Arena di Londra: «Ci ha detto: “Andremo a vivere a Londra per un anno”. Noi eravamo felicissimi. Avevamo una casa dove stare». Paris ricorda però che durante le lunghe prove dello show This Is It era sempre molto stanco: «Gli dicevo: “Riposa, dormi qualche ora”. Era esausto. Mentre studiavamo nel salone al piano di sotto, sentivamo un rumore di passi e di salti e vedevamo la polvere cadere dal soffitto. Era lui che provava le coreografie nella stanza al piano di sopra».
Paris non riesce a nascondere il suo disprezzo verso AEG Live, l’agenzia di promoter che ha organizzato l’evento. La famiglia Jackson ha anche perso una causa contro la società: la giuria ha accolto la tesi della AEG secondo cui Michael Jackson è stato l’unico responsabile della propria morte: «AEG Live non tratta correttamente i propri artisti», insiste Paris, «li prosciuga e li fa lavorare fino alla morte» (i rappresentanti della AEG Live non hanno voluto commentare, ndr).
La colpa della dipendenza dall’anestetico Propofol che lo ha ucciso è del suo medico, Conrad Murray, già condannato per omicidio colposo. Paris lo chiama «il dottore», con tono ironico. Ha anche altri sospetti, molto più gravi: «Ogni tanto mio padre diceva che qualcuno lo aveva preso di mira. “Mi uccideranno un giorno”, ripeteva». Anche Lisa Marie Presley ha raccontato in un’intervista con Oprah Winfrey che Michael era spaventato, perché qualcuno voleva la sua metà del catalogo Sony/ATV, del valore di centinaia di milioni di dollari.
Insomma, Paris Jackson è convinta che suo padre sia stato assassinato. «Assolutamente. È ovvio, tutto tende verso questa spiegazione. Può sembrare una teoria complottista o una stronzata, ma noi della famiglia e i veri fan sappiamo che è così. La storia ufficiale della sua morte è tutta una montatura».
Ma chi voleva vederlo morto? Paris fa una lunga pausa, forse pensando a una risposta specifica, poi dice solamente: «Tante persone». Vuole vendetta, o almeno giustizia: «È una partita a scacchi e io cerco di giocarla nel modo giusto. Questa è l’unica cosa che posso dire al momento».
Quando era piccola, suo padre la nascondeva al mondo, facendole indossare in pubblico una mascherina sul viso, una cosa che lei considerava «stupida», ma che poi ha iniziato a capire. Anche per questo è stata una sorpresa per tutti vederla prendere il microfono durante la cerimonia funebre di Michael il 7 luglio 2009: «Fin dal mio primo giorno di vita mio padre è stato il miglior padre che si possa immaginare. Voglio solo dire che lo amo».
Aveva 11 anni, ed era già molto sicura di sé: «Sapevo che da quel momento sarebbero partite le speculazioni, i pettegolezzi e le cattiverie su di lui e sul modo in cui ci ha cresciuto. È stata la prima volta che l’ho difeso pubblicamente, e non sarà certo l’ultima». Prince dice che in quel momento suo sorella ha dimostrato di «essere la più forte tra di noi».
Il giorno dopo la visita al Museum of Death, Paris, il suo fidanzato Michael Snoddy e il suo manager Tom Hamilton (32 anni e bello come un modello) passeggiano sul lungomare di Venice Beach. Snoddy ricorda i tempi in cui, appena arrivato a Los Angeles, suonava le percussioni sulla spiaggia per guadagnarsi da vivere: «Non era male, facevo anche 100 dollari al giorno».
Paris ha i capelli raccolti in una coda, occhiali da sole con le lenti tonde, indossa una camicia verde a quadri sopra i leggings e ha uno zaino con i colori Rasta sulle spalle. Oggi è di cattivo umore, non parla molto e sta attaccata a Snoddy, che indossa una maglietta di Willie Nelson con le maniche tagliate. Si rasserena guardando una coppia di anatre che nuotano insieme come due innamorati, perfettamente allineati. Stringe la mano di Snoddy: «Obiettivi», dice, «hashtag: obiettivi».
Paris e Snoddy si siedono su un muretto per godersi il tramonto. È un momento di pace assoluta. Poi una donna di mezza età in tuta da jogging fluo si avvicina, preme un tasto su una specie di stereo e rovina tutto con un vecchio pezzo di fastidiosa musica trance. Paris scoppia a ridere, si gira verso il suo fidanzato e, mentre il sole sparisce dentro l’oceano, iniziano a ballare.