È tornato. E come sempre, quando arriva, si sente e lascia il segno. Anche se cambia, ancora, di nuovo, il nome e fa di tutto per depistare. Ma è la sua mano ad essere inconfondibile, come li trasforma lui nessuno mai.
Remix di suoni che fanno dimenticare quale era la versione originale e nello stesso tempo mettono tutti d’accordo nel dire che sì, è lui: è Matthew Herbert, anche se nel frattempo si è mascherato da Mister Vertigo, Doctor Rockit, Radio Boy, Wishmountain. Ora è semplicemente Herbert, come è scritto nero su bianco (anzi bianco su rosso) sul nuovo vinile uscito a fine giugno e adesso anche in versione digitale.
Il titolo è Part Six, la sesta parte, dove il numero sei sta ad indicare una diretta continuazione delle “Parti 1-5”, uscite nel biennio 1995-1996 per l’etichetta Phono ormai defunta. Questo disco, esce per Accidental Records l’etichetta discografica londinese, fondata da lui stesso, per “Independent Music Without Compromise” come dice lo slogan.
Con Accidental sono usciti parecchi degli ultimi lavori di Herbert, anzi non sarebbe sbagliato dire tutti, dal momento che risale al 2001 quello che potremmo definire il suo primo lavoro uscito con questa etichetta. Era The Mechanics of Destruction, anche se allora si faceva chiamare Radio Boy ed era molto più aggressivo e determinato, anche nei titoli dei pezzi che si chiamavano Mcdonalds,Rupert Murdoch senza dimenticare Marlboro and Bacardi, Henry Kissinger, Starbucks, Nike e Rwand” (era il periodo “attivista”).
Ad ogni modo, ora le tracce sono quattro, diverse e complementari come ci insegna Herbert, ma con titoli e suoni più morbidi. Il pezzo principale è One Two Three (che potete ascoltare qui sopra): parte ed è subito sound estivo, con la voce (e i cori) della cantante londinese Rahel (dalla band Hejira).
Si cambia genere con Manny: le incursioni vocali diventano solo intermezzi ossessivi che ci fanno riconoscere l’Herbert più “tradizionale”. Il lato B del vinile vira su ritmi più duri, con My DJ e Grab The Bottle con cui definitivamente si conferma il tono fortemente eclettico che segna tutta la produzione di Herbert.
Non è cambiata la sua potenza nell’assemblare, campionare come fosse un chirurgo del suono; non a caso le ultime foto diffuse lo vedono in circolazione con addosso un camice bianco da medico. Herbert opera senza pregiudizi e distinzioni tra note, strumenti e rumori, come produttore, autore, dj, musicista, artista.
L’ultima volta che si è visto in azione, a Londra, a inizio luglio, ha “suonato” su un semplice tavolo un pianoforte virtuale, con una live performance – 20 Pianos – al Londons Southbank Centre, un posto, sulle rive del Tamigi, che crede che “le arti hanno il potere di trasformare la vita”. Difficile dargli torto, soprattutto se il luogo apre le proprie sale, gratuitamente, a pubblico ed artisti per eventi culturali che spaziano tra musica, danza, arte, performance.
Per quelli che preferiscono sentire Herbert nei club, l’appuntamento a Pennington street il 22 agosto, quando a The-hydra, per far ballare i londinesi, si riuniranno in una line-up già confermata oltre a lui anche Carl Craig, Gilles Peterson e tanti altri.