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Per Pete Townshend gli Who non sono una band: «Sono musicisti scelti da Roger, io copro il ruolo di un tizio chiamato Frank Simes»

In una nuova intervista, il musicista parla del suo ruolo nella formazione («copio uno che mi copia»), della natura del gruppo («gli Who sono un brand e sono un’amicizia, ma non una band») e del suo futuro: «Mai dire mai»

Foto: Robb Cohen/Invision/AP/Shutterstock

Pete Townshend torna a parlare dello stato degli Who e del loro futuro in un’intervista concessa al mensile Mojo. L’articolo è incentrato sui dischi solisti, ma verso la fine della chiacchierata, l’intervistatore Mark Blake chiede al musicista come vanno i rapporti con Roger Daltrey di questi tempi.

«Meglio che mai», risponde Townshend. «Vorrei che ci fosse un rapporto più stretto, ma non è possibile perché siamo troppo diversi. Però ci stimiamo e ci rispettiamo. Non è una cosa che si può dire di molte altre band. Con gli Stones sì, con Macca no».

La cosa interessante del suo rapporto con Daltrey, aggiunge Townshend, «è che non si tratta di una band», aggiungendo una considerazione che può apparire paradossale essendo lui considerato il vero leader degli Who. «È un gruppo di musicisti scelti da Roger. Io non ho scelto nessuno dei musicisti con cui vado in tour, nemmeno Zak (Starkey, il batterista, figlio di Ringo Starr, ndr). Quando Roger mi fa salire sul palco, copro il ruolo di un tizio chiamato Frank Simes», ovvero il chitarrista e musical director delle tournée soliste di Daltrey.

Quindi, chiede l’intervistatore, Townshend copia un musicista che a sua volta lo copia? «Sì. E quando non riesco a farcela, indovina chi salta fuori e dice che lo può fare al posto mio? Mio fratello Simon (ride)». E come lo fa sentire questa situazione? «Non mi fa felice al 100%, ma è una celebrazione della mia vita e della mia musica, quindi mi va bene. Qualcuno leggendo queste parole potrebbe dire: ma smettila di lamentarti, Townshend, e metti assieme una band che vuoi usare tu. Ma questa cosa mi fa paura». Una delle ragioni è che se scegliesse musicisti bravi, «sarebbero molto meglio di me».

In quanto al futuro, non pensa che gli Who siano finiti. «Sono un brand e un’amicizia, ma non una band. Non siamo un cazzo di gruppo di musicisti jazz che lavorano duramente, complicati, in costante evoluzione. Non ci sfidiamo a vicenda per tirare fuori musica miracolosa, facciamo musica che conosciamo benissimo. Quindi mai dire mai».

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