Il Primavera entra nel vivo tra grandi rivelazioni e delusioni scottanti.
E mentre tutti impazzivano per gli Alt-J, noi…
Tony Allen
Sua maestà l’afrobeat. Il batterista di Fela Kuti, l’idolo (e sodale) di Damon Albarn, ha fatto ballare tutto il pubblico sulle poltroncine dell’Auditorii. Una vera e propria festa funk.
L’ideale per iniziare il weekend.
La frase da dire agli amici che se lo sono perso: «Aveva una camicia bellissima!»
Tobias Jesso Jr.
Sale sul palco al tramonto, da solo, con un pianoforte a coda, mentre dai palchi vicini non cessano di arrivare le note di New Pornographers e White Hills.
Tobias ce la mette tutta, ma proprio non riesce a portare a casa il concerto: il pianoforte è inaudibile, lui ha problemi persino con le spie ma la prende con filosofia ed empatia, penalizzato com’è da una collocazione infame.
La frase da dire agli amici che se lo sono perso: «Non si sentiva un cazzo».
The Julie Ruin
Se avete visto anche un solo minuto del documentario “The Punk Singer” non potete non provare empatia per Katlheen Hanna. The Julie Ruin è il suo nuovo progetto, anche se in pratica si tratta delle Bikini Kill con gli anabolizzanti. Il concerto è divertentissimo: un po’ punk, un po’ festa ballereccia, con lei irresistibile anche quando si mette a scherzare con il pubblico. Puro amore.
La frase da dire agli amici che se le sono perse: «Kathleen Hanna è talmente figa che poteva fidanzarsi solo con uno come AD Rock».
Sleater-Kinney
Ammetto, con un po’ di snobismo e un certo rammarico, di avere lisciato il concerto di Patti Smith. E così mentre tutti s’impegnano a raccontarmi quanto sia stato bellissimo e quanto fosse in forma lei (come se non la vedessimo abbastanza in Italia), io decido di andare a prendere posto sotto il palco delle Sleater-Kinney.
Per ora, senza dubbio alcuno, il concerto del festival e la migliore reunion degli ultimi anni. Meno male che esistono Carrie Brownstein, Corinne Tucker e Janet Weiss.
La frase da dire agli amici che se le sono perse: «La batterista si veste come mia zia di sessant’anni, quella che fa la commercialista, e picchia come Bonzo Bonham!»
Ride
Il concerto dei Ride è impeccabile, ben suonato e ben cantato, ma evidenzia un problema: se ti aspetti di vedere sul palco una band shoegaze e ti ritrovi un’ottima rock band, con pezzi molto belli, ma suoni secchi e attitudine alla «vabbè, dai, facciamo questa cosa, su, via il dente e via il dolore», finisci che poi ci resti un po’ male.
Io ci sono restato un po’ male. Ma non troppo.
La frase da dire agli amici che se li sono persi: «Guardiamo il lato positivo: almeno è stato liberato Andy Bell».
Death From Above 1979
Un altro di quei concerti che se lo vedevi da sotto il palco ti sembrava il live della vita, mentre da lontano, insomma, anche due palle.
Purtroppo io ero lontanissimo.
La frase da dire agli amici che se li sono persi: «Non è una chitarra, è un basso!»
Earth
Nostri signori del Doom. Che dio li abbiamo in gloria sempre. Anche quando l’impianto smette di suonare, loro non fanno una piega e poi riprendono come se debbano invadere la Polonia da lì a poco tempo.
La frase da dire agli amici che se li sono persi: «No, guarda, non puoi proprio capire».
Jon Hopkins
Ormai Jon suona in Italia più degli Afterhours, eppure riesce a essere ogni volta diversa dalla precedente. Sembra una frase fatta, ma per un live di elettronica vuol dire tantissimo.
Suona poco, giusto cinquantacinque minuti, ma si fa volere benissimo. Come sempre.
La frase da dire agli amici che se lo sono perso: «Ho visto gli unicorni rosa volare!»