«Ho 56 anni ma ho voglia di ballare come se ne avessi 26! », urla Flavor Flav al pubblico del Magnolia di Milano. E infatti i Public Enemy, nella loro unica data italiana, non deludono la folla che li aspetta nel tanto denigrato caldo-umido tropico-milanese di questi giorni.
Folla di gente che non se li perderebbe mai, che si è fatta tutti i concerti e snocciola date: «Io li ho visti nel 89 con i Run DMC». «Io, nel 92». «Io nel 99 al Leoncavallo e non si sentiva niente». Già nel ‘99 il suono non era per niente chiaro, come pure nel 2011 quando i Public Enemy erano paradossalmente i supporter dei Cypress Hill all’Arena di Milano.
Oppure gente (molto più giovane) che non conosce realmente il peso che la band di Chuck D e Flavor Fla ha avuto nella storia della musica hip hop e soprattutto dei suoi messaggi politici. Ma tante è, meglio così. Meglio andare a un concerto anche se non si sa niente ma ci sente in dovere di doverlo fare perché fa figo. Perché figo lo è davvero.
Anche se, certo, la carica del messaggio può suonare un po’ naïf al giorno d’oggi. ma la capacità di intrattenere di Chuck D e Flavor Flav, con i loro giochi di simboli, c’è tutta. All’inizio, però, Flavor non indossa il suo classico orologio sul petto, per recuperarlo solo verso metà concerto. Ma, soprattutto, il suono si sente piuttosto bene e la situazione è quella giusta.
I cavalli di battaglia, con il chitarrista Khari Wynn alla chitarra e Davy DMX al basso, li suonano tutti o quasi. Il primo è Mi Uzi Weighs a Ton, poi 911 is a Joke del 1990. Rebel Without a Pause, Welcome to the Terrordome e Fight The Power naturalmente, He Got Game (colonna sonora del film di Spike Lee), Don’t believe the Hype. Poi, preceduto da un classico attacco alla PE, «Odiamo i governi, degli Stati Uniti e di tutto il mondo ma amiamo le persone», il pezzo dedicato a J. Edgar Hoover, ex direttore dell’FBI per quasi cinquant’anni, Hoover Music del 2013.
Nel mentre c’è spazio anche per i nuovi pezzi del nuovissimo album Man Plans, God Laughs. E soprattutto con la title track si ha la sensazione di essere di fronte a un suono indubbiamente più contemporaneo.
È poi il momento di Dj Lord che, rimasto solo in scena con la maglietta del Milan indosso, dà lezioni di scratch a due piatti e parte da Seven Nation Army dei White Stripes per arrivare a tenere Smell like Teen Spirit dei Nirvana come base.
Il pubblico esulta. Torna il resto dei PE sul palco e lascia spazio prima a un breaker e poi al regista italo-marocchino Reda Zine, che presenta The Long Road to the Hall of Fame, il film dedicato ai Public Enemy. Sì perché i Public Enemy, loro precisano, sono gli unici artisti hip hop a essere presenti nella Long Island Music Hall of Fame e il film, comunque, ha bisogno di un’attività di crowfunding.
La conclusione è affidata a un altro discorso classico. «Odiamo il razzismo e qualsiasi forma di separazione. Alle fine quando le persone tornano a casa la sera sono solo e soltanto esseri umani. Peace».
Sono Shut ‘em down e Harder than you think i pezzi che chiudono davvero il live. Ma Flavor Fla non se ne vuole andare. Gli altri si sono già allontanati dal palco da un pezzo e lui continua a incitare il pubblico, il suo pubblico, incita a urlare “Fuck racism”, regala alle prime fila la sua canotta bianca bella inzuppata di sudore e per farlo scendere gli devono proprio staccare il microfono. Peace.